I risultati di una ricerca frutto di una collaborazione tra l’Università Cattolica del Sacro Cuore-Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù mostrano l’utilità anche sui bambini di una tecnica non invasiva per accertare la presenza di fibrosi epatica evitando le biopsie
Roma, 27 gennaio 2017 – Novità diagnostiche per una malattia sempre più frequente nell’infanzia, il fegato grasso: una tecnica del tutto non invasiva consente di vedere se il fegato del bambino abbia iniziato a perdere funzionalità divenendo meno elastico e sviluppando fibrosi epatica. La novità consiste proprio nella possibilità di misurare l’elasticità dell’organo, che è direttamente correlata alla presenza o meno di fibrosi. L’esame, basato su una nuova metodica elastografica, somiglia a una semplice ecografia ed è totalmente non invasivo, quindi si può ripetere nel tempo. L’utilizzo di questo esame permette dunque di evitare metodiche più invasive come la biopsia, particolarmente ‘pesanti’ specie su pazienti pediatrici.
L’uso dell’elastografia sui piccoli pazienti è stato promosso da una ricerca condotta tramite una partnership tra Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, coordinata dal prof. Valerio Nobili, Direttore Malattie Epato-Metaboliche del nosocomio pediatrico e dal prof. Antonio Gasbarrini, Direttore dell’Area Gastroenterologia del Gemelli con il supporto tecnico della dott.ssa Lidia Monti del dipartimento immagini del Bambino Gesù. Lo studio è stato pubblicato di recente sulla rivista americana “Radiology” e vede come primo autore il dott. Matteo Garcovich (UOC Medicina Interna Gastroenterologia e Malattie del Fegato del Policlinico A. Gemelli).
La malattia
Nei bambini dei paesi occidentali la steatosi epatica e la steatoepatite (fegato grasso) può colpire fino al 20-40% dei bambini obesi, come segnalato dalle ultime linee guida americane per lo studio del fegato grasso in ambito pediatrico. Il 25-40% di questi bambini va incontro a una progressione di malattia nel corso di pochi anni, con un rischio aumentato di sviluppo di diabete mellito e delle complicanze legate all’epatopatia.
Rispetto alla fine degli anni ’80 la prevalenza del fegato grasso è aumentata di quasi 3 volte nella popolazione pediatrica, per cui è lecito aspettarsi per il futuro prossimo una vera e propria ‘epidemia’ secondaria allo sviluppo precoce di tutte le malattie metaboliche (diabete, cirrosi epatica, complicanze cardiovascolari etc.).
Una delle conseguenze più subdole e pericolose del fegato grasso nel breve-medio periodo è la formazione di fibrosi epatica, ovvero di un tessuto cicatriziale nell’organo, che compromette la sua funzionalità.
Nei bambini, essendo la malattia del fegato presente solo da alcuni anni, è raro trovare sintomi legati a una ridotta funzione epatica. Nella maggior parte dei casi si rilevano segni di sofferenza epatica tramite le analisi del sangue che evidenzino un aumento delle transaminasi (enzimi epatici). Nella pratica clinica è importante escludere che ci sia fibrosi epatica in tutti i bambini che presentino valori alterati persistenti (per oltre 6 mesi) delle transaminasi e degli altri indici di “citonecrosi epatica” come le gamma-GT.
Accertare la presenza o meno di fibrosi epatica è molto importante perché la prognosi delle malattie del fegato è strettamente legata alla presenza della fibrosi. La fibrosi epatica nel corso degli anni può andare incontro a evoluzione fino alla cirrosi epatica e agli scompensi da insufficienza epatica.
Fino a pochi anni fa l’unico modo per attestare la presenza di fibrosi epatica era l’utilizzo della biopsia epatica che presenta ovvi limiti legati all’invasività della procedura e quindi alla impossibilità di ripetere l’esame nel tempo. Le metodiche elastografiche permettono di valutare la presenza della fibrosi epatica in maniera non-invasiva e, soprattutto, di ripetere l’esame più volte nel corso del tempo per monitorare la progressione di malattia o l’efficacia delle terapie.
Lo studio
Nello studio sono stati arruolati solo bambini (età media 12.6 anni; range 8-17 anni) con diagnosi di steatoepatite accertata tramite biopsia epatica. Si tratta di bambini quasi sempre sovrappeso o obesi. Per verificare la presenza di fibrosi gli esperti del Policlinico A. Gemelli hanno utilizzato l’elastografia, una tecnica in grado di valutare la perdita di elasticità del fegato, basandosi sul presupposto che lo sviluppo della fibrosi alteri l’elasticità complessiva dell’organo. I valori di ‘rigidità’ definiscono il grado di fibrosi epatica.
In particolare gli esperti dell’Università Cattolica hanno utilizzato l’Elastografia real-time 2D-Shear Wave, tecnica di recente introduzione integrata in apparecchiature ecografiche tradizionali, che offre il vantaggio di visualizzare contemporaneamente l’immagine anatomica ecografica del fegato per la corretta selezione della zona da valutare. L’esame – della durata di non più di 5 minuti – si fa dunque con una speciale apparecchiatura ecografica implementata con software e programmi di ultima generazione.
Finora la validità della tecnica è stata dimostrata ampiamente su pazienti adulti, mentre mancavano studi sulla popolazione pediatrica.
La ricerca dei gastroenterologi del Gemelli e del Bambino Gesù promuove la tecnica anche per i bambini. La tecnica si è dimostrata precisa e altamente riproducibile anche quando utilizzata da due diversi operatori. Lo studio ha dimostrato l’efficacia e la riproducibilità della metodica nella diagnosi non-invasiva della fibrosi epatica di grado lieve e di grado moderato in un’ampia coorte di bambini e adolescenti affetti da fegato grasso. L’utilizzo di queste metodiche non invasive potrà in futuro ridurre drasticamente l’utilizzo della biopsia epatica per la diagnosi e il follow-up di questa importante causa di epatopatia in ambito pediatrico.
fonte: ufficio stampa