Roma, 18 ottobre 2018 – Su tempi di attesa, gestione delle cronicità, accesso ai farmaci innovativi, coperture vaccinali e screening oncologici si registrano disuguaglianze sempre più nette fra le varie aree del Paese. E non sempre al Nord va meglio che al Sud.
Ad esempio se le regioni meridionali arrancano sull’adesione agli screening oncologici, sulle coperture vaccinali sono soprattutto quelle del Centro-Sud ad aver raggiunto la soglia del 95%. Se al Nord si investe di più e meglio per l’ammodernamento delle strutture e dei macchinari, sulle liste di attesa si registrano picchi negativi anche nelle aree settentrionali; ad esempio, per un intervento di protesi d’anca si attende di più in Veneto che in Calabria e per una coronarografia più in Piemonte che in Abruzzo. Questo il quadro che emerge dal VI Rapporto dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità, presentato oggi da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato.
“Si stanno liquidando di fatto i principi di solidarietà, equità e unitarietà del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Le proposte di autonomia differenziata, attualmente in discussione, finiranno per differenziare ancora di più l’esigibilità dei diritti dei pazienti. Ad essere fortemente compresse saranno le funzioni del livello centrale, di indirizzo, coordinamento e controllo delle politiche sanitarie e dell’erogazione dei servizi. L’unica vera forma di controllo che continuerà ad essere nelle mani del livello centrale sarà quella sui conti delle Regioni”.
Queste le dichiarazioni di Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva che continua: “Per questo esprimiamo tutta la nostra preoccupazione e chiediamo al Ministro della Salute l’immediata costituzione di un tavolo di confronto sulle proposte di autonomia differenziata, prima che il Consiglio dei Ministri le approvi, aperto alle Associazioni di cittadini-pazienti e alle organizzazioni rappresentative dei professionisti della salute. Il tavolo dovrebbe valutare la sostenibilità dal punto di vista dei cittadini della proposta, valutarne gli effetti rispetto ai principi fondanti del SSN e al diritto alla salute delle persone, definire i requisiti che le Regioni devono soddisfare per poter avanzare una proposta di autonomia, individuare i giusti contrappesi in termini di controllo e intervento da parte dello Stato centrale. Servono azioni per contrastare e non per aumentare le disuguaglianze in sanità. Chiediamo che sia approvata la nostra proposta di riforma costituzionale che intende ridurre le disuguaglianze in sanità restituendo centralità alla tutela del diritto alla salute nel rispetto del diritto dell’individuo, la revisione dei criteri di riparto del Fondo Sanitario Nazionale, la riforma del sistema di monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza per garantire veramente un controllo sui servizi e che sia prevista la partecipazione delle Organizzazioni dei cittadini all’interno del Comitato LEA.
Urgente è l’approvazione degli standard dell’assistenza sanitaria territoriale come annunciato dal Ministero della salute e l’attuazione uniforme in tutte le Regioni del Piano nazionale cronicità oltre che un piano straordinario sugli screening oncologici organizzati. E sulla prossima Legge di Bilancio servono maggiori risorse per il SSN, oltre al miliardo di aumento già previsto, al fine di garantire l’effettiva attuazione dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza e l’abrogazione del superticket. Tutti impegni assunti dal Governo”.
Spesa sanitaria pubblica, garanzia dei servizi e spesa privata: le Regioni a confronto
Passano da 5 a 2 le Regioni che il Ministero della Salute valuta inadempienti rispetto all’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza: restano indietro la Calabria, che perde 3 punti rispetto all’anno precedente, e la Campania che si attesta sul punteggio più basso. È il Veneto la Regione con il punteggio LEA più elevato pari a 209. Tra la prima e l’ultima Regione ci sono 85 punti di scarto.
La spesa sanitaria pubblica procapite varia da un minimo di 1.770 euro della Campania, ad un massimo di 2.430 euro della PA di Bolzano e 2.120 dell’Emilia Romagna. Profonde anche le differenze sulla spesa sanitaria annuale a carico delle famiglie: si va dai 159 euro in media della Lombardia, ai 64 euro della Campania. Stesse differenze per la quota di ticket pro capite sostenuta dai cittadini: nel 2017 si passa dai 95 euro in Valle d’Aosta ai 32,8 della Sardegna.
È tutto merito del superticket, ovvero i 10 euro aggiuntivi su ricetta, se gli introiti per lo Stato derivanti dai ticket sono in costante riduzione: si passa da oltre 1,548 MLD di euro del 2012 a poco più di 1,336 MLD del 2017, cioè 212 milioni di euro in meno l’anno.
Sette Regioni, ossia Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata, si sono avvalse della possibilità di ricorrere a misure alternative ai 10 euro. Recentemente, inoltre, hanno adottato iniziative volte ad eliminare o ridurre il peso del Superticket le Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Abruzzo.
Sul fronte degli investimenti in sanità per ammodernare le strutture e i macchinari del SSN, a fronte di Regioni come Veneto, Emilia Romagna, Toscana che hanno sottoscritto il 100% delle risorse destinate, ve ne sono altre che hanno investito molto meno come Campania (31,1%), Molise (21,5%), Abruzzo (36,5%), Calabria (57,5%).
Liste d’attesa non solo al Sud
Sono più di 11 milioni i cittadini che addebitano a tempi di attesa troppo lunghi la loro rinuncia o il ritardo nell’effettuazione di una prestazione. È vero soprattutto nelle regioni del Centro Italia e soprattutto per gli anziani sopra i 65 anni. Sono 6,2 milioni i cittadini che dichiarano di aver rinunciato a una prestazione per motivi economici soprattutto nelle regioni insulari e per le fasce di reddito più basse.
In ambito oncologico, per un intervento per tumore al polmone si attendono circa 13 giorni in Basilicata e Valle d’Aosta, oltre 43 in Veneto e addirittura 61 giorni in Calabria. Per un intervento di tumore alla mammella i tempi migliori si registrano in P.A Bolzano (16 giorni) mentre i tempi più lunghi sono in Valle d’Aosta (52). Per il tumore all’utero i tempi d’attesa variano tra gli 11 giorni nella P.A di Bolzano e i 34 del Lazio. Per le protesi d’anca la variabilità è ancora più marcata: si passa dai 28 giorni della Calabria ai 107 del Veneto. Per l’accesso alle chemioterapie si registrano tempi piuttosto contenuti in tutte le regioni ma con punte significative di attese nel caso dell’Umbria dove si attendono anche 20 giorni. Nella P.A di Trento al contrario si registrano i tempi più bassi 4,5 giorni di attesa.
Per un intervento di ernia inguinale i tempi più lunghi si registrano in Valle d’Aosta con 156 giorni d’attesa a fronte dei 31 della Sicilia e della P.A di Bolzano. Per l’accesso alla coronarografia i tempi più lunghi li troviamo in P.A di Bolzano (44 giorni) e Piemonte (39 giorni) a fronte dei 9 giorni in Abruzzo e 10 in Puglia.
I tempi d’accesso tra pubblico e intramoenia sono davvero distanti: in Campania per una visita oculistica nel pubblico si attendono oltre i 100 giorni quando nel canale intramurario la stessa prestazione è erogata entro 5 giorni; per una colonscopia nel Lazio si attendono 175 giorni mentre in intramoenia soltanto 6 giorni; e ancora in Lombardia occorrono 98 giorni per un ecodoppler venoso nel pubblico e 4 giorni in intramoenia; in Veneto per un ecocardiografia l’attesa nel pubblico è di 95 giorni mentre in intramoenia ci vuole appena una settimana.
Piano nazionale della cronicità
A circa due anni all’approvazione del Piano Nazionale Cronicità, sono 6 le regioni che lo hanno recepito con proprio atto: Umbria, Puglia, Lazio, Emilia Romagna Marche e Veneto. Il Piemonte ha un iter approvativo attualmente in corso, allo stesso modo la PA di Bolzano e il Molise. La Lombardia ha il suo piano regionale della cronicità e fragilità.
Coperture vaccinali e screening oncologici
Nel 2017 sono stati spesi 487,6 milioni di euro (ben oltre i 100 milioni del fondo stanziato dalla Legge di Bilancio 2016). Si tratta del 2,2% della spesa del SSN, che ha visto un incremento del 36,6% tra il 2016 ed il 2017 (gli aumenti più rilevanti sono per l’acquisto di vaccini meningococcici e pneumococcici). Ad eccezione della Toscana, tutte le Regioni hanno presentato un incremento di spesa tra il 2016 ed il 2017.
Le Regioni che negli ultimi dieci anni (2007-2017) hanno realizzato le anagrafi vaccinali completamente informatizzate sono passate da 9 (2007) a 15 (2011) a 18 nel 2017; Calabria e Campania hanno anagrafi parzialmente informatizzate; la Sardegna ha attivato un accordo con il Veneto per acquisire il software adottato dalle Regioni. Tuttavia solo 11 Regioni, tra quelle completamente informatizzate, hanno lo stesso software in tutte le ASL presenti sul territorio.
Dall’introduzione dell’obbligo vaccinale, le coperture per le nuove vaccinazioni obbligatorie sono aumentate. Le Regioni che hanno raggiunto l’immunità di gregge, con una percentuale di adesione superiore al 95% per le vaccinazioni anti-polio, anti-difterica, anti-tetanica, anti-pertosse, anti-epatite B e anti haemofilus influenza B sono: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Sardegna, Umbria, Toscana. Per le vaccinazioni Morbillo, Parotite, Rosolia (MPR) solo il Lazio nel 2017 ha raggiunto la copertura superiore al 95%. Sono molto vicini al 95% Piemonte e Umbria. La copertura più bassa su MPR nel 2017, al di sotto del 90%, si registra nella PA Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sicilia. Le coperture più alte per la varicella, superiori all’80%, sono assicurate nelle Regioni Veneto, Toscana, Puglia, Basilicata, Sicilia, Sardegna.
Sul fronte delle vaccinazioni antinfluenzali siamo ben lontani dal conseguimento dell’obiettivo del 75% previsto; la media italiana dell’ultima stagione è stata il 52,7%, circa una persona su due tra quelle che avrebbero potuto beneficiarne. Vaccinano oltre il 60% degli over 65 solo 3 regioni: Umbria, Calabria, Molise. Sfiora il 60% la Puglia.
Stando agli ultimi dati disponibili, sono 6 le Regioni che non raggiungono il punteggio ritenuto accettabile (9) sugli screening oncologici nel 2016: Calabria e Puglia (2), Campania e Sicilia (3), Sardegna (5), Lazio (7). Nel 2016 l’80% delle donne di età 50-69 ha ricevuto l’invito ad eseguire l’esame mammografico gratuito (oltre 3.141.894 inviti) ed ha aderito il 56%. L’invito ha raggiunto più di 97 donne su 100 al Nord, poco meno di 93 su 100 al Centro e quasi 51 su 100 al Sud.
Nel 2016 sono stati invitati quasi 6 milioni di cittadini a eseguire il test di screening colorettale. Al Nord gli inviti raggiungono oltre il 95% della popolazione target, al Centro oltre il 90%, al Sud si arriva a poco più del 45%.
Variazioni territoriali anche per la percentuale di donne che effettua lo screening cervicale: nel periodo 2015-2016 è più alta al Nord (50,9%, con incremento rispetto al biennio precedente), scende al Centro (37,8%, in diminuzione rispetto al biennio precedente), si riduce ulteriormente al Sud (28%, ma con incremento rispetto al biennio precedente).
Farmaci: tra fondi per innovativi inutilizzati e disuguaglianze nell’accesso ai farmaci equivalenti
Si consumano più farmaci equivalenti nella Provincia Autonoma di Trento, in Lombardia e nella Provincia Autonoma di Bolzano (la spesa sul totale di quella farmaceutica è rispettivamente pari al 39,7%, 37,2% e 32,9%); al contrario la Calabria (15,8%), la Basilicata (16,6% ) e la Campania (17%) hanno mostrato le percentuali di spesa più basse nel 2017.
La maggior spesa e consumo per i farmaci innovativi nell’anno 2017 si registra in Lombardia (285,8 milioni di euro), Campania (201,8 milioni di euro) e Lazio (141,3 milioni di euro). Spendono meno Molise con 6,8 milioni di euro, Basilicata con 15 milioni di euro e Umbria con 23,4 milioni di euro. Aggregando i dati, il Nord d’Italia risulta l’area che spende di più (937 milioni di euro), Centro (448 milioni di euro), Sud (841 milioni di euro).
Dai dati del Monitoraggio AIFA sulla spesa farmaceutica nazionale e regionale relativo al periodo gennaio-dicembre 2017, i Fondi per l’acquisto dei farmaci innovativi (oncologici e non oncologici) non sono stati interamente utilizzati. In particolare per i medicinali innovativi non oncologici non sono stati spesi nel 2017 circa 357 milioni, più della metà del Fondo stanziato di 500 milioni; per i farmaci innovativi oncologici, non sono stati spesi circa 91 milioni dei 500 stanziati.
Nel periodo gennaio-aprile 2018, la spesa per i farmaci innovativi non oncologici risulta in lieve diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2017, passando da 302 milioni a 283 milioni di euro. In particolare, scende in Lombardia, Campania, Puglia e Piemonte. Cresce invece in Veneto e Emilia Romagna.
Cresce invece la spesa per i farmaci innovativi oncologici che passa da 110 milioni di euro a 177 milioni. Cresce in particolare in Lombardia, Campania, Lazio, Emilia Romagna e Piemonte.
Diabete
In 12 regioni/province autonome su 15 (analizzate attraverso l’indagine di Cittadinanzattiva), esiste un PDTA regionale sul diabete (Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Molise, Piemonte, Toscana, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto), ma a fornire un dato sulla percentuale di pazienti inseriti nel percorso sono sei regioni: Friuli Venezia Giulia, Lazio, Piemonte, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto.