Roma, 9 luglio 2024 – “È vero che le tecniche di fecondazione in vitro, grazie anche all’utilizzazione della diagnosi genetica preimpianto, sono state in grado di aumentare i tassi di successo delle tecniche di PMA, ma da uno studio che abbiamo presentato ad Amsterdam al 40° Congresso della Società europea di Medicina della riproduzione ed embriologia (ESHRE) emerge che la possibilità di gravidanza e di impianto cambia se gli embrioni se pur sani geneticamente sono di una donna dopo i quarant’anni rispetto a quelli di una donna giovane. Ciò fa ritenere che oltre alla genetica ci siano tutta un’altra serie di fattori a partire dalla macchina metabolica fino all’espressione genetica embrionaria a determinare la nascita di un bambino”.
È quanto ha affermato Ermanno Greco, Presidente della Società Italiana della Riproduzione (S.I.d.R.) e responsabile del gruppo di Medicina della Riproduzione ICSI ROMA Villa Mafalda, in merito allo studio presentato ad Amsterdam, al 40° Congresso della Società europea di Medicina della riproduzione ed embriologia (ESHRE), dalla dottoressa Ilaria Listorti del gruppo ICSI Roma Villa Mafalda.
Nuove tecniche selezione spermatozoi
Dallo studio, ha spiegato Greco, è emerso inoltre che “nuove tecniche di selezione degli spermatozoi nei programmi PMA possono aumentarne la percentuale di successo. Spesso si dimentica che l’infertilità maschile costituisce almeno il 50% delle infertilità che approcciano un programma PMA. Un maschio infertile non presenta solo spermatozoi quantitativamente anormali, ma soprattutto qualitativamente. In questo caso, le nuove tecniche di selezione attraverso i microfluidi possono costituire un mezzo valido per assicurare maggiore sicurezza e successo nei programmi di PMA”.
Ringiovanimento ovarico
“A disposizione della donna infertile – ha poi osservato Greco – vi è una nuova tecnica di ringiovanimento ovarico. Il sangue autologo arricchito di Piastrine (PRP) si è infatti dimostrato in grado, se iniettato all’interno delle ovaie, di aumentare la riserva ovarica e ottimizzare le tecniche di PMA anche in quelle donne che hanno una diminuzione, senza dover per forza ricorrere a programmi di ovodonazione” ha concluso.