Roma, 7 novembre 2017 – Dopo che l’ISTAT ha certificato l’aumento della speranza di vita registrato nel nostro Paese, il Governo ha deciso che questa buona notizia, dietro la quale si nascondono rilevanti differenze regionali per cui al Sud si registrano valori inferiori di 4 anni rispetto al Centro-Nord, porterà al posticipo (di 5 mesi) della uscita dal lavoro, sia pure a partire dal 2019, per gli effetti di un automatismo che considera l’aumento dell’attesa di vita corrispondente all’incremento di qualità della stessa.
Il Governo intende, però, mitigare tale decisione erga omnes con una serie di deroghe per alcune categorie di lavorazioni usuranti, senza però chiarire i criteri oggettivi di analisi dell’usura lavorativa, al di là della tradizionale distinzione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale.
Tra le attività usuranti sono, giustamente, comprese quelle degli infermieri impegnati nei turni o nelle sale operatorie ma, con un salto illogico, ne sono esclusi i Medici, impegnati negli stessi turni e frequentatori abituali delle stesse sale operatorie.
Eppure il loro lavoro è obbligato ad essere performante, perché con la salute delle persone, che non è una merce, non si può scherzare, e la responsabilità di decisioni vitali da assumere in frazioni di secondo costa ‘fatica’, malgrado il progresso della tecnica e delle conoscenze, o forse anche a causa sua.
I medici – sottolinea l’Anaao Assomed – non sono secondi a nessuno per l’impegno in turni, guardie, reperibilità, lavoro notturno e festivo, esposizioni a rischi, stress psicofisico. E, a differenza degli infermieri, il cui orario di lavoro settimanale è pari a 36 ore, hanno un debito orario di 38 ore settimanali, in molti ospedali superato per quasi un mese all’anno con ferie non godute che si misurano cumulativamente in anni. Non a caso la comunità europea ha richiamato l’Italia al rispetto dell’orario massimo di lavoro per i medici italiani.
Non può essere accettata una ennesima ed immotivata discriminazione, che non tiene conto nemmeno della sicurezza delle cure rese ai cittadini, per pregiudizio ideologico e sistematica avversione ai Medici italiani che già hanno la più alta età media al mondo e che, unici in tutto il pubblico impiego, sono costretti al lavoro notturno fino quasi a 70 anni.
Ad onta di evidenze scientifiche che hanno più volte segnalato il disagio lavorativo dei medici, sempre silenziato quando si parla di benefici previdenziali, e del fatto che l’età anagrafica dei curanti non è una variabile estranea o “indipendente alla efficacia e alla sicurezza delle cure.
La verità è che i Medici pubblici sono davvero stanchi, non solo sul piano fisico ma soprattutto su quello della tenuta dell’assetto psichico ed emotivo, necessari a prendersi cura degli altri. E stanchi di essere considerati dalla Politica l’ultima ruota del carro rispetto non solo al rinnovo del CCNL, avviato per tutti ma non per loro, ma anche ad una età di quiescenza che disconosce la gravosità e la rischiosità del loro lavoro.
Il Governo rifletta bene. Non riconoscere il lavoro usurante dei Medici porta all’usura l’intero SSN.