Roma, 29 luglio 2021 – Nascosto nel caos dei primi istanti di un’eruzione vulcanica c’è un anello effimero di fumo e cenere che può fornire agli scienziati importanti indizi su quanto possa essere pericolosa un’eruzione. Un nuovo studio “cattura” questi vortici toroidali, in inglese ‘vortex rings’, di origine vulcanica e il loro suono su video ad alta velocità, suggerendo un nuovo modo per monitorare le eruzioni usando solamente il suono.
I vortex rings vulcanici sono vortici ad anello che si formano intorno alla cima di una nube eruttiva durante i primi secondi dell’evento, come i mulinelli che si formano dietro un remo spinto nell’acqua. La dimensione, la velocità e le caratteristiche di questi vortici riflettono fattori utili per valutare quanto sia pericolosa l’eruzione, come la sua intensità o la profondità della bocca eruttiva da cui ha avuto inizio.
Tuttavia gli anelli sono apprezzabili solamente per brevi periodi e possono essere difficili da misurare in eruzioni piccole. Eruzioni più grandi possono invece formare dei vortici più visibili, ma gli scienziati non sempre sono in grado di avvicinarsi abbastanza per fare le dovute osservazioni. Inoltre, se l’eruzione avviene di notte o con l’edificio vulcanico avvolto dalla cenere o dalle nubi, gli anelli potrebbero non essere visibili.
Un nuovo studio condotto da un team di vulcanologi e fisici specializzati nella fluidodinamica, dal titolo “Volcanic Vortex Rings: Axial Dynamics, Acoustic Features, and their Link to Vent Diameter and Supersonic Jet Flow”, ha permesso di combinare video ad alta velocità con registrazioni audio incentrati sui primi secondi delle eruzioni dello Stromboli per ‘ascoltare’ i vortex rings vulcanici.
Lo studio, unico nel suo approccio audiovisivo e il primo che ha isolato il suono degli anelli, è stato pubblicato sulla rivista ‘AGU Geophysical Research Letters’, che pubblica studi ad alto impatto e di breve formato con implicazioni immediate che abbracciano tutte le Scienze della Terra e dello Spazio.
“C’è un suono caratteristico prodotto dal vortice vulcanico, che è un suono basso e costante. La bellezza dei vortex rings è che sono stabili, ciò significa che emettono un suono costante che si propaga nel tempo”, spiega Jacopo Taddeucci, vulcanologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e primo autore dello studio.
Con queste nuove conoscenze su come la “melodia” di un vulcano è collegata alla sua eruzione, i vulcanologi possono espandere le nostre conoscenze su diversi processi e suoni vulcanici per migliorare il monitoraggio nei casi in cui non siano utilizzabili tecniche visive o di altro tipo.
“Anche se non vediamo l’eruzione perché, ad esempio, il cielo è nuvoloso o non disponiamo di una telecamera fissa sul vulcano, con questa nuova tecnica siamo in grado di sapere cosa sta succedendo analizzando solamente il suono – prosegue Taddeucci – La mia speranza è che, conoscendo meglio il suono delle eruzioni, saremo presto in grado di monitorare solo attraverso il rumore i cambiamenti di un’eruzione in corso. Questo è uno degli obiettivi futuri della nostra ricerca”.
Suoni caratteristici
Per individuare il suono dei vortici vulcanici, Taddeucci e i suoi collaboratori hanno installato telecamere ad alta velocità e microfoni professionali a diverse centinaia di metri dalle bocche eruttive dello Stromboli. Hanno, inoltre, utilizzato un drone per filmare il vulcano mentre era in corso l’emissione di getti eruttivi, vale a dire colonne di gas caldi, cenere e fumo, che sul vulcano eoliano raggiungono i 100-300 metri di altezza. Ciò ha consentito al team di ricercatori di misurare parametri come la dimensione della bocca eruttiva.
Sebbene gli scienziati non potessero vedere a occhio nudo gli anelli che stavano cercando di catturare, questi sono apparsi analizzando i video ad alta velocità. Dopo aver misurato le dimensioni e la velocità degli anelli e sincronizzato con precisione il video con l’audio, i ricercatori sono riusciti a isolare il rombo basso e costante proveniente dai vortici.
Poiché i suoni dei vortici erano distintivi e costanti, il team ha potuto correlare la loro frequenza con altre loro caratteristiche. In particolare, è stato evidenziato un chiaro legame tra il movimento del vortice, il suo suono e le dimensioni della bocca eruttiva. Altri cambiamenti nella “melodia” di un vulcano, incluso il suo getto eruttivo, possono essere correlati alla struttura interna della bocca.
“I vortex rings sono piuttosto sensibili ai parametri con cui vengono generati – spiega Juan José Pena Fernández, ricercatore di meccanica dei fluidi e co-autore dello studio – Se registriamo l’acustica generata da un vortex ring possiamo conoscere abbastanza precisamente le condizioni che l’hanno creato. Se, quindi, ci fosse un cambiamento nel comportamento del vulcano potremmo essere in grado di rilevarlo”.
La combinazione di audio con immagini ad alta velocità “Ha perfettamente senso”, afferma Amanda Clarke, vulcanologa dell’Università dell’Arizona, non coinvolta nello studio. “Ho ritenuto che fosse molto creativo e intelligente. Non è facile effettuare contemporaneamente questo tipo di misurazioni sul campo – prosegue Clark – Nel caso delle eruzioni esplosive, i vortici vulcanici possono davvero ‘parlare’ delle condizioni della sorgente, quindi del vulcano stesso. Non è però facile estrapolare queste informazioni da misurazioni che non sono facilmente osservabili”.