Roma, 13 febbraio 2023 – Si celebra oggi 13 febbraio la Giornata Internazionale dell’epilessia, una delle più diffuse condizioni neurologiche croniche che può comparire a tutte le età, anche se ha picchi di comparsa in età infantile e negli anziani.
La Società Italiana di Neurologia sottolinea come nei Paesi più industrializzati ne sia affetta l’1% circa della popolazione, mentre nei Paesi a basso reddito l’epilessia sembra ancora più diffusa. Nel mondo si stima che vivano circa 50 milioni di persone affette da epilessia e in Italia un numero compreso tra 500.000 e 600.000.
La maggior parte delle forme di epilessia è gestibile con successo grazie alla terapia farmacologica che oggi si avvale di molti farmaci (circa trenta) che curano le crisi epilettiche con diversi meccanismi di azione che in genere hanno un buon profilo di efficacia e tollerabilità, soprattutto quelli più recenti.
Purtroppo, circa un terzo delle persone con epilessia continua a presentare crisi epilettiche nonostante le terapie farmacologiche: in questo caso si parla di farmacoresistenza i cui meccanismi biologico-molecolari non sono a tutt’oggi ancora perfettamente noti.
“L’epilessia, soprattutto quando è farmacoresistente, costituisce un vero e proprio imperativo di salute pubblica – afferma il dott. Giancarlo Di Gennaro, Direttore UO Centro per la Chirurgia dell’Epilessia IRCCS NEUROMED, Pozzilli (IS) e Coordinatore Gruppo di Studio Epilessia SIN – Basti pensare che è considerata una malattia sociale fin dal 1965. L’impatto negativo sulla qualità della vita è dato non solo dal fatto che le crisi si presentano improvvisamente e imprevedibilmente, comportando molto spesso perdita di coscienza con conseguente grande vulnerabilità in termini fisici e psicologici, ma anche perché possono associarsi ad altre condizioni mediche, disturbi cognitivi e disagio psicologico e ciò la porta ad essere considerata una sorta di “malattia sistemica”.
Quando l’epilessia farmacoresistente è di tipo focale, ossia causata da un processo epilettogeno che interessa non tutta la corteccia cerebrale, ma solo una regione limitata di essa che non è sede di funzioni importanti, è imperativo valutare l’opportunità di un trattamento chirurgico.
La chirurgia dell’epilessia viene consigliata dopo un’accurata valutazione e consiste nella rimozione dell’area di corteccia cerebrale responsabile delle crisi. Tale opzione terapeutica , da utilizzare in casi ben selezionati, è sostanzialmente sicura e molto efficace. Nei casi non operabili è anche possibile proporre trattamenti di neuromodulazione (es. stimolazione vagale o cerebrale profonda) che pur non risolvendo le crisi possono ridurne intensità e frequenza in maniera significativa.
Proprio a causa della “pervasività” dell’epilessia in svariati ambiti della vita, nonché a seguito dello stigma e del pregiudizio che ancora circondano questa condizione per la quale, soprattutto nei Paesi a basso reddito, non esiste un accesso omogeneo alle cure, l’OMS ha attivato l’Intersectoral Global Action Plan (IGAP) on Epilepsy and Other Neurological Disorders 2022–2031.
Si tratta di un piano decennale dove l’epilessia riceve specifica attenzione e che si si pone precisi obiettivi strategici: rendere la gestione di questa patologia prioritaria nelle politiche sanitarie nazionali, fornire diagnosi tempestive e terapie efficaci, attuare strategie di prevenzione, favorire la ricerca e innovazione e rafforzare un approccio di salute pubblica.
“È necessario – commenta il prof. Alfredo Berardelli, Presidente Società Italiana di Neurologia – che le politiche sanitarie operino per garantire un omogeneo accesso alle cure con modelli assistenziali uniformi in tutto il territorio nazionale e combattano lo stigma e la discriminazione delle persone affette da epilessia attuando percorsi di formazione per operatori sanitari e didattico-informativi per familiari/caregivers e altre figure presenti nella vita di chi è affetto da epilessia, come per esempio in ambiente scolastico e lavorativo”.