Prof. Oriano Mecarelli, Dipartimento di Neuroscienze Umane presso La Sapienza di Roma e Presidente LICE: “La difficoltà di accesso ai farmaci e la necessità di incrementare la terapia, sono state le altre due problematiche principali incontrate dai pazienti durante il lockdown”
Roma, 19 maggio 2020 – Peggioramento delle crisi epilettiche in circa il 20% dei casi, disturbi del sonno nel 46,9% e sintomi depressivi nel 19%. Alla luce della fase 2 sono questi gli effetti del lockdown sulle persone con epilessia che la Fondazione Lega Italiana Contro l’Epilessia ha fotografato attraverso un’indagine condotta su un campione di quasi 1.000 persone (50% con epilessia, 50% non affette da epilessia). Obiettivo della ricerca quello di verificare lo stato di salute e benessere dei pazienti durante la pandemia di Covid-19.
Durante il periodo di lockdown, e a causa del forzato periodo di isolamento, circa il 40% delle persone affette da epilessia ha manifestato sintomi, mentre in 2 pazienti su 10 si è verificato un aumento del numero delle crisi. Un problema, quest’ultimo, maggiormente riscontrato nelle persone in poli-farmacoterapia e con scarsa qualità del sonno.
“In questo periodo di difficoltà – spiega il prof. Oriano Mecarelli, Dipartimento di Neuroscienze Umane presso La Sapienza di Roma e Presidente LICE – la consueta assistenza ai pazienti è stata fortemente ridotta a causa dell’avanzare della crisi sanitaria che ha investito il Paese. Abbiamo voluto verificare, quindi, attraverso un questionario, lo stato di salute fisica e psicologica delle persone affette da epilessia in questo periodo. I risultati emersi obbligano a una presa di coscienza da parte dei neurologi che, oggi più di ieri, sono chiamati a valutare, oltre all’evoluzione della malattia e al successo di una terapia, anche aspetti altrimenti sottovalutati, come ad esempio la scarsa qualità del sonno. Da questi dati, infatti, emerge come i disturbi del sonno, da lievi a moderati, rappresentino un fattore di rischio per il peggioramento dei sintomi, soprattutto nelle forme gravi di epilessia”.
Nonostante la quasi totalità dei pazienti (il 93%) abbia continuato regolarmente le terapie anche durante il lockdown, ben il 37% del campione ha riferito problemi nella gestione della propria malattia e difficoltà nel follow-up e nell’assistenza medico-sanitaria.
Dall’indagine, infatti, emerge che il 38% delle persone affette da epilessia ha riferito di avere in programma un controllo neurologico che cadeva nel periodo di lockdown, ma che nella maggioranza dei casi (96%) non è stato possibile ricevere. La difficoltà di accesso ai farmaci e la necessità di incrementare la terapia sono state le altre due problematiche principali incontrate dai pazienti durante il lockdown.
“Il sondaggio ha confermato la presenza di diverse criticità. Per questo motivo – aggiunge il dott. Giovanni Assenza, Consigliere MacroArea LICE Lazio-Abruzzo e Coordinatore del Centro per la Diagnosi e Cura dell’Epilessia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico – si rende necessaria la messa a punto di servizi di telemedicina per garantire un adeguato follow-up dei pazienti, in particolare in questo momento di pandemia. Durante il periodo di lockdown, però, la tecnologia è andata in soccorso ai pazienti. Tra le persone che necessitavano di contattare il neurologo curante, il 71% ha avuto successo: il 43% attraverso sms o WhatsApp, il 25% tramite e-mail e il 31% via telefono. Da questi dati, quindi, si intuisce come lo sviluppo e il potenziamento della telemedicina sia assolutamente necessario. Grazie agli strumenti tecnologici oggi disponibili, infatti, sarebbe possibile assistere a 360° le persone con epilessia, anche in momenti difficili per il Sistema Sanitario come questo”.