Intervista al prof. Carlo Efisio Marras, Responsabile U.O.C di Neurochirurgia Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma
L’epilessia è una malattia in cui l’attività patologica delle cellule nervose può causare convulsioni, comportamenti insoliti e alterazione dello stato di coscienza. Le crisi sono improvvise e posso presentarsi con frequenza variabile, quotidiana o mensile. Si può manifestare già in età pediatrica e può essere controllata dai farmaci.
Prof. Marras, quando è indicata la chirurgia?
La chirurgia è indicata nelle forme di epilessia farmaco-resistente, quando cioè la terapia farmacologica non è efficace e quando è possibile definire l’area precisa del cervello interessata dal disturbo (epilessia focale).
L’avvento di strumenti come la risonanza magnetica di potenza più elevata (3 e 7 tesla) hanno premesso in fase diagnostica di vedere lesioni prima invisibili. Lo studio di RM insieme allo studio elettroencefalografico, alla conoscenza dei sintomi che caraterizzano l’epilessia e alla valutazione neuropsicologica, permette nella cosiddetta valutazione prechirurgica di individuare il candidato all’intervento. La tecnologia rappresenta quindi un importante supporto per una migliore cura del paziente.
Che impatto ha avuto l’evoluzione tecnologica nella chirurgia per l’epilessia?
I nuovi strumenti neuroimaging permettono di documentare il network epilettogeno e quindi identificare i sistemi neurali coinvolti nelle manifestazioni epilettiche. Questo aiuta notevolmente a definire l’approccio migliore di intervento sul singolo paziente.
L’epilessia infatti può determinare un particolare sviluppo ed organizzazione delle funzioni cerebrali. Per esempio, normalmente la zona del linguaggio, nella maggior parte delle persone destrimani, è localizzata sull’emisfero sinistro. Può però accadere che in questi casi, l’area del linguaggio possa essere localizzata a destra.
Lo sviluppo delle moderne tecnologie permette di trattare anche casi complessi, garantendo risultati clinici e rischio chirurgico analoghi a quelli raccolti nei casi più semplici (rispettivamente 60-80% e 3%).
In cosa consiste l’intervento neurochirurgico per l’epilessia?
Il fine dell’intervento chirurgico è il completo controllo delle crisi. Più l’area del disturbo è circoscritta (focalizzata) maggiore è la probabilità di successo. Ci sono due modalità di intervento chiamate rispettivamente di resezione che prevede l’asportazione del tessuto patologico e di disconnessione in cui il tessuto patologico viene lasciato in sede ma inattivato funzionalmente. Esistono casi di epilessia farmacoresiste generata da un coinvolgimento cerebrale diffuso o multifocale in cui l’obiettivo consiste nella riduzione di intensità e frequenza delle crisi.
L’epilessia si manifesta già nei bambini. C’è un’età in cui l’intervento è più indicato?
Prima si interviene meglio è per lo sviluppo neuro-cognitivo, soprattutto nelle forme più gravi. L’intervento in età pediatrica permette di controllare le crisi e di creare le condizioni normali per un migliore sviluppo neuro-cognitivo. Se in un paziente epilettico da 40 anni, l’intervento per la cura di epilessia farmacoresistente potrebbe non essere indicato, in un bambino lo è assolutamente .
Puntando sulla plasticità del cervello, non c’è il rischio che intervenendo nei bambini piccoli, si ripresenti il disturbo?
Quando le crisi si manifestano con troppa frequenza, anche più volte al giorno, il cervello può andare incontro a una sofferenza nota come encefalopatia epilettica, che interferisce negativamente con la qualità della vita. I bambini operati entro i 10 anni, possono facilmente compensare il deficit rispetto a un adulto. È possibile che un intervento in una zona che controlla il linguaggio, in età prescolare, permetta il recupero della funzione.
Anche nel caso di lesioni su aree motorie, il cervello può riorganizzasi e sviluppare un controllo bilaterale, coinvolgendo l’altro emisfero. È possibile che comunque ci sia qualche problema, ma il recupero funzionale è maggiore rispetto all’adulto. Dopo i dieci anni di vita, comunque la possibilità di ottenere un recupero funzionale è più bassa.
Quanto è diffusa la tecnica chirurgica?
In Italia ci sono 500.000 pazienti con epilessia. Il 10% (50.000) è candidabile all’approccio chirurgico, ma ogni anno si eseguono circa trecento interventi all’anno. I dati epidemiologici internazionali mostrano che questo tipo di interventi interessa lo 0,1% dei pazienti candidabili.
Ci sono ancora molte resistenze culturali, anche per la scarsa conoscenza di come si sono evolute le competenze epilettologiche, le tecnologie e le tecniche chirurgiche. Purtroppo, negli ultimi vent’anni si continuano ad operare lo stesso numero di pazienti, nonostante siano aumentate le forme complesse e migliorati i risultati dopo l’intervento.