Milano, 20 ottobre – Dall’inizio di agosto 2017, i casi di peste polmonare si stanno moltiplicando nell’isola del Madagascar, uno dei 3 Paesi al mondo in cui la peste è endemica. Circa 400 casi vengono segnalati ogni anno nelle aree rurali durante la stagione calda e umida (da settembre ad aprile), ma quest’anno un’insolita peste polmonare ha colpito le aree urbane di Antananarivo e Toamasina e in due mesi e mezzo sono stati dichiarati 849 casi sospetti – il doppio dello standard annuale – e 67 decessi.
“La peste è endemica in Madagascar e riaffiora ogni anno, ma in genere si tratta di peste bubbonica, non trasmissibile da un essere umano ad un altro, e solitamente si sviluppa nelle zone rurali. L’unicità di questa epidemia è che oggi siamo di fronte ad una peste polmonare, altamente trasmissibile, che affligge le aree urbane: ci sono tutte le condizioni per il propagarsi di un’epidemia”, dice Olivier Le Guillou, direttore Paese di Azione contro la Fame in Madagascar.
“Dal 2011, i nostri team lottano contro la denutrizione nei quartieri poveri di Antananarivo e nel Sud del Paese. Approfittando del nostro forte riconoscimento in questi quartieri, stiamo implementando un approccio basato sulla comunità per rafforzarela risposta della popolazione. Operiamo anche in due ospedali della capitale per aiutare i team di medici ad affrontare l’emergenza sanitaria,” aggiunge Le Guillou.
Prevenire la diffusione dell’epidemia
Trasmissibile da un individuo ad un altro semplicemente per inalazione, la peste polmonare ha un alto potenziale di contaminazione, in particolare nelle aree urbane più povere di Antananarivo e Toamasina a causa dell’alta densità di popolazione.
Per combattere contro la diffusione della malattia, devono essere poste rapidamente in essere misure di prevenzione. Il governo del Madagascar ha già vietato i raduni pubblicie il personale sanitario – il più esposto alla contaminazione – riceve cure mediche preventive.
“I sintomi della peste polmonare sono molto simili a una condizione di influenza. Il periodo di incubazione dura da uno a tre giorni. La gente soffre di febbre alta, mal di testa, debolezza generalizzata e dolore toracico che avanza fino alla polmonite grave. In 48 ore, senza un trattamento adeguato, il risultato è mortale”, dice Caroline Anthony, referente sanitaria di Azione contro la Fame.
L’individuazione delle persone infette è una delle principali sfide per il controllo dell’epidemia. È essenziale essere in grado di tracciare il percorso della malattia e iniziare al trattamento antibiotico tutti coloro che hanno avuto contatti con le persone infette al fine di ridurre la trasmissione.
I nostri team lavorano con le autorità sanitarie e gli attori internazionali per sviluppare protocolli di protezione e controllo delle infezioni, in particolare nelle strutture sanitarie.
Formare gli operatori sanitari, creare postazioni per il lavaggio delle mani, disinfestare i locali, gestire correttamente i rifiuti contaminati e le acque di scarico sono tutte misure che riducono i rischi.
Sensibilizzare e mobilitare le comunità per prevenire l’aggravarsi della situazione
“L’epidemia è davanti a noi – dice Olivier Le Guillou – Non abbiamo ancora raggiunto il picco. La diffusione è stata fulminea e per prenderne consapevolezza ci è voluto un certo tempo, ma ci sono misure di miglioramento. Da una settimana a questa parte abbiamo cominciato a vedere gli autisti delle ambulanze indossare maschere di protezione, cosa che non succedeva fino a qualche giorno prima”.
Al di là delle cure mediche, la sfida futura sarà quella di mobilitare le comunità nella lotta contro la diffusione dell’epidemia, e di fornire anche sostegno psicologico alle persone infette e coloro che le circondano.
“In seguito all’epidemia di Ebola in Africa occidentale, così come con la gestione di epidemie di colera in molti dei Paesi dove siamo operativi, abbiamo sviluppato una vera e propria esperienza nell’assistenza alle famiglie, che sarà utilissima nelle prossime settimane. Essere di fronte ad un’epidemia spesso provoca forti reazioni emotive e destabilizza i legami sociali e familiari: sono risposte normali a una situazione insolita che si manifestano sotto forma di stress, paura, rabbia, lutto e stigma associato con la malattia”, conclude Olivier Le Guillou.
(foto: Simone Garroni)