Medici Senza Frontiere: “Servono più risorse e coordinamento fra attori”
Roma, 23 giugno 2017 – Nel Niger sud-orientale, l’epidemia di epatite E scoppiata due mesi fa colpisce in particolare le donne incinte. Delle 186 donne ricoverate nel principale centro di salute materno-infantile nella città di Diffa, 34 sono morte in seguito a gravi complicazioni causate dalla malattia. Fra gli 876 casi di epatite E registrati l’11 giugno, la maggior parte delle persone colpite sono rifugiati e profughi. Secondo le autorità il loro numero ammonta a 247.900.
Dal momento che la malattia si diffonde principalmente attraverso l’acqua contaminata, l’attuale epidemia è prova delle pessime condizioni igieniche e d’accesso all’acqua e della mancanza di servizi igienico-sanitari adeguati in una regione già segnata dalle violenze incessanti fra Boko Haram e gli eserciti locali.
A Diffa, dove l’accesso alle strutture sanitarie è ostacolato principalmente dall’insicurezza della regione, la mancanza di servizi igienico-sanitari e lo scarso accesso all’acqua hanno peggiorato ulteriormente le condizioni di salute della popolazione. Molte aree all’interno dei campi e delle comunità di sfollati non hanno un’adeguata fornitura di acqua potabile, fra i bisogni primari delle popolazioni più vulnerabili. Mancano anche le latrine e le condizioni di quelle esistenti sono pessime.
In base a quanto è stato osservato per altre epidemie di epatite E in Africa, quella di Diffa potrebbe durare ancora per molti mesi. Il numero di casi sospetti potrebbe aumentare ulteriormente con l’arrivo della stagione delle piogge, che di solito va da giugno a settembre.
“Data la scarsità d’acqua a disposizione delle popolazioni più vulnerabili, c’è il rischio che vengano utilizzate altre fonti pericolose per la diffusione dell’epidemia, come i ruscelli e punti d’accumulo di acqua piovana – spiega Audace Ntezukobagira, coordinatore dell’emergenza per MSF a Diffa – Queste fonti di approvvigionamento sono considerate come potenziali vettori della malattia. È anche importante tenere a mente che queste persone non hanno i mezzi finanziari per fare scorte di legna o gas e non possono quindi bollire l’acqua per renderla potabile”.
Una fra le priorità nella risposta all’epidemia dovrebbe essere il miglioramento dell’accesso ad acqua pulita e servizi igienici. L’attuale risposta a questa emergenza non è però ancora sufficiente a causa della mancanza di risorse e di coordinazione fra gli attori umanitari coinvolti.
“In certi siti, per esempio, le taniche non adatte al trasporto dell’acqua non sempre vengono ritirate nel momento in cui sono rimpiazzate con altre più adeguate – spiega Sabiou Mansour, coordinatore logistico dell’équipe di MSF a Diffa – Questo aumenta il rischio di diffusione della malattia e crea confusione perché le nuove taniche potrebbero essere distribuite più volte nello stesso posto. È molto grave, considerando gli sforzi fatti e l’enormità dei bisogni che vessano le popolazioni di questa regione”.
A partire da aprile, MSF ha rafforzato la sua capacità di dislocamento di misure igienico-sanitarie d’emergenza in undici siti. Le équipe che stanno lavorando a oltre 130 punti d’acqua, hanno garantito la clorazione di oltre 6.300 metri cubici d’acqua, il lavaggio di 127.300 taniche e la sostituzione di altrettante 3.400, la distribuzione di kit igienici contenenti oltre 36.800 barre di sapone.
Per Sani Toubomrabo, capo comunità nigerino di Garin Wazam, “l’acqua clorata che portiamo a casa è utile per evitare di ammalarsi ed è per questo che collaboriamo con gli operatori sanitari che lavorano ai punti d’acqua”.
La risposta all’epidemia comprende anche l’assistenza gratuita ai malati in strutture sanitarie a livello comunitario e il trasferimento in ospedale dei pazienti che sviluppano delle complicazioni. Per questo le équipe di MSF sostengono le autorità sanitarie locali con risorse umane e materiali.
Oltre alle cure mediche, i pazienti di epatite E ricevono anche supporto psicologico. MSF fornisce supporto tecnico al personale sanitario nelle strutture in cui opera in modo da assicurare cure gratuite e di alta qualità ai pazienti. Una riduzione della mortalità è stata registrata fra le donne affette da complicazioni serie, ricoverate nel principale centro di maternità e pediatria di Diffa.