Minore mortalità postoperatoria dopo complicanze gravi correlata al numero degli interventi per cancro del fegato nei Centri ospedalieri italiani che ne effettuano di più. È quanto emerge dal primo studio multicentrico italiano sugli interventi di resezione epatica per epatocarcinoma e mortalità post-operatoria dopo complicanze gravi, coordinato dagli specialisti della Chirurgia epatobiliare del Gemelli – Università Cattolica pubblicato su “Annals of Surgery”. Il Gemelli al primo posto per questo tipo di interventi nel Lazio
Roma, 10 dicembre 2020 – L’epatocarcinoma è il tumore più frequente del fegato e l’intervento di resezione epatica è uno dei trattamenti che possono portare a guarigione. La resezione epatica è un intervento chirurgico delicato che può essere associato a complicanze postoperatorie molto importanti.
Uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista Annals of Surgery coordinato dal gruppo del prof. Felice Giuliante, Ordinario di Chirurgia Generale all’Università Cattolica, campus di Roma e Direttore dell’Unità di Chirurgia Epatobiliare della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, dimostra che i pazienti sottoposti a intervento chirurgico di resezione per epatocarcinoma hanno un minor rischio di complicanze gravi e di mortalità post-operatoria, se scelgono un ospedale ad alto volume di interventi.
Il Gemelli è il primo centro nel Lazio per numero di interventi e uno dei primi quattro nel ranking nazionale (fonte PNE – AGENAS).
La gestione perioperatoria (cioè prima, nel corso e dopo l’intervento chirurgico) dei pazienti con cirrosi epatica ed epatocarcinoma è molto delicata e la capacità di riconoscere e trattare tempestivamente eventuali complicanze è cruciale per ridurre il rischio di mortalità dopo l’intervento.
Lo studio ha raccolto i dati di 1.935 pazienti operati per epatocarcinoma tra il 2008 e il 2018, presso 18 Centri italiani, tra i quali quello del Gemelli, e inseriti nel registro nazionale He.Rc.O.Le.S. (Hepatocarcinoma Recurrence on the Liver Study Group).
Gli autori, tra i quali il Professore Francesco Ardito, Associato di Chirurgia Generale all’Università Cattolica e responsabile dell’Unità di Chirurgia Mininvasiva Epatobiliare del Gemelli, hanno valutato la comparsa di complicanze maggiori (Clavien ≥ 3), la mortalità a 90 giorni e la cosiddetta Failure To Rescue (FTR), ovvero la probabilità di mortalità post-operatoria nei pazienti con complicanze gravi, a seconda del volume di interventi dei diversi centri di chirurgia.
In questo studio sono stati definiti Centri a “basso volume” i Centri che facevano meno di 50 interventi di resezione epatica l’anno; fino a 100 quelli “intermedi”; sopra 100 quelli ad “alto volume”. Globalmente, tra tutti i pazienti, il tasso di complicanze gravi è risultato pari al 9,4% (8,6% nei centri a basso volume, 12,3% in quelli a volumi intermedi, 7% in quelli ad alto volume di interventi).
La mortalità a 90 giorni complessiva è stata del 2,6%, ma nei Centri ad alto volume è risultata pari allo 0,9%, significativamente più bassa di quella nei Centri a volume basso (3,7%) e intermedio (4,2%). Il rischio di mortalità post-operatoria dovuto a gravi complicanze (cosiddetto Failure to Rescue) è risultato significativamente maggiore nei centri a volume di interventi basso e intermedio (28,6% e 26,5%) rispetto ai centri ad alto volume (6,1%).
“Il parametro della Failure to rescue – spiega il prof. Giuliante – esprime la capacità del Centro di far fronte alla comparsa di complicanze gravi dopo l’intervento e di evitare la possibilità che queste portino a una mortalità postoperatoria. Un valore di Failure to Rescue del 6.1% riportato nei Centri ad “alto volume” come il nostro, significa in altre parole che in un Centro ad alto volume nel 94% dei pazienti con una complicanza grave postoperatoria si riesce a trattare efficacemente la complicanza e a risolverla. Si tratta di un parametro molto importante che è stato introdotto recentemente nella letteratura scientifica internazionale tra i fattori che valutano con molta accuratezza l’affidabilità di un Centro chirurgico e in generale di un ospedale”.
Nello studio, il rischio di complicanze gravi e di mortalità a 90 giorni dopo un intervento di resezione epatica è risultato correlato alla presenza di altre patologie concomitanti, alla gravità della cirrosi e alla complessità dell’intervento chirurgico. Ma l’unico fattore risultato in grado di predire in modo indipendente il rischio mortalità post-operatoria e di complicanze gravi è risultato il volume di interventi eseguiti dal singolo centro.
È questo il primo studio italiano ad aver dimostrato una correlazione tra i volumi operatori di un Centro con la probabilità di mortalità post-operatoria nei pazienti con complicanze gravi (Failure to Rescue), dopo resezione epatica per epatocarcinoma.