Roma, 28 novembre 2023 – Qual è il futuro dello screening per l’epatite C nel 2024? Ci sarà un allargamento della forbice? L’agenzia Dire lo ha chiesto al direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT), Massimo Andreoni. “Lo screening dell’epatite C nel 2024 dovrebbe potenzialmente concludersi, poiché il Fondo che è stato stanziato dovrebbe finire il proprio stanziamento al 2023. Al ministero della Salute, che si è dimostrato molto sensibile su questo tema, abbiamo chiesto di estendere ulteriormente al 2024 e al 2025 e abbiamo anche richiesto che sia allargata la platea delle persone che possono partecipare allo screening, ovvero la classe di età delle persone nate tra il 1948 e il 1968”.
“Da parte del ministro – ha proseguito – abbiamo trovato grande disponibilità e siamo quindi molto confidenti che tutto questo possa essere realizzato e che anche nel 2024 e nel 2025 potremo fare lo screening alla popolazione interessata, che oltre a quella per classe di età comprende anche i tossicodipendenti e I soggetti detenuti”.
Interpellato su un eventuale ampliamento della somma stanziata per il Fondo, Massimo Andreoni ha risposto che “per lo svolgimento di questo screening in realtà abbiamo calcolato che sono sufficienti 71,5 milioni, che sono stati già stanziati e che quindi sono già allocati ai fini dello screening per l’epatite C. Certo, il desiderio è quello che lo screening possa diventare, un domani, uno screening universale, uno screening strutturale che possa interessare tutta la popolazione”.
“E per fare questo – ha sottolineato il direttore scientifico della SIMIT – sarà evidentemente necessario disporre di ulteriori finanziamenti che permetteranno di fare tutto ciò”.
“Devo però dire – ha concluso Massimo Andreoni – che le 250mila persone già curate oggi e lo screening che ha già dimostrato più di 10mila nuove infezioni stanno già facendo risparmiare la sanità pubblica, perché si sono ridotte le ospedalizzazioni per epatite cronica, si sono ridotti gli epatocarcinomi e si sono ridotti i trapianti di fegato. È stato quindi un investimento redditizio e lo continuerà ad essere”.
(fonte: agenzia Dire)