Napoli, 6 dicembre 2021 – “La regione Campania avrà a disposizione circa 8 milioni di euro per avviare lo screening gratuito sull’epatite C. È un’occasione importantissima. Per il primo anno, per il 2021, i fondi sono circa 2,7 milioni, poi il resto saranno nella seconda annualità. Nel 2017 la Campania è stata la prima regione a decretare per l’attività eradicante dell’epatite C. La Regione ha 27 centri prescrittori, un eccellente registro epidemiologico con la piattaforma ‘Sinfonia’ ed ha recepito il decreto Milleproroghe istituendo due tavoli tecnici, uno operativo e uno scientifico. Ora, senza indugi, bisogna selezionare ed acquistare i test rapidi necessari per far partire lo screening. Dopodiché si andrà a scoprire il sommerso e ad implementare il linkage to care. Da protocollo, se ci riusciamo, si partirà dal 1 gennaio e le coorti da indagare sono 1969-1989, più utenti Ser.D. e detenuti. Un totale di circa 1 milione e 600mila campani da screenare, oltre a circa 8.500 detenuti e ad un numero pari di utenti Ser.D.”.
Lo ha spiegato il dott. Antonio Solano, Dirigente Medico, UOC Medicina Interna PO Ospedale “Dei Pellegrini”, ASL Napoli 1 Centro, intervenuto in occasione del corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C, organizzato dal provider Letscom E3.
Il corso, dal titolo “La rete territorio-ospedale per la gestione del paziente con disturbi da dipendenza – Micro-eliminazione dell’HCV nella ASL Napoli 1 Centro”, rientra nell’ambito di “HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery”, il progetto di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD) che dal 2019 coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse città italiane.
Al corso ha preso parte anche il dott. Gennaro Pastore, Direttore del Dipartimento Dipendenze, ASL Napoli 1 Centro, che si è soffermato sui test rapidi, definendoli la “carta vincente per far emergere il sommerso”.
Pastore ha spiegato che “il sommerso è il vero problema nella diffusione dell’HCV. Si stima che oltre 300mila persone convivano con il virus senza che ne siano a conoscenza. Quindi, intercettare questa parte di popolazione diventa la strategia principale. Da questo punto di vista, la stessa Asl Napoli 1 ha creato un Network epatologico che mette in collegamento gli specialisti epatologi con gli altri servizi specialistici, e noi come Dipartimento dipendenze siamo in prima linea, perché parte della popolazione si riconosce nei tossicodipendenti, afferenti ai servizi delle dipendenze, e nei detenuti. Noi, anche all’interno delle carceri abbiamo servizi molto attivi nel fare questa intercettazione. Il test rapido diventa quindi un momento strategico fondamentale, per lavorare sia sull’identificazione del sommerso, accompagnamento ai servizi ma, cosa ancora più importante, per attivare poi quella adesione alle cure che è un altro pezzo molto importante del lavoro perché, una volta screenati e intercettati, i soggetti vanno poi accompagnati all’ingresso nelle terapie che oggi sono determinati nella eradicazione del virus”.
Il dott. Pastore si è poi soffermato sul numero dei pazienti che afferiscono al sistema dei servizi per le dipendenze di Napoli, spiegando che “l’intera struttura è composta da 15 articolazioni compresa l’unità operativa che lavora all’interno del carcere, e che nell’arco dell’anno sono seguiti circa 5mila pazienti. A tutti questi viene offerta la possibilità di fare uno screening, ma naturalmente l’accettazione non è sempre automatica e scontata. Alcuni numeri, per esempio: su 5.500 persone nel 2020 ne abbiamo screenate circa 1.700, nel secondo semestre del 2021 quasi 1.000, considerando tutte le difficoltà legate anche all’organizzazione, dovuta all’emergenza pandemica. Nei testati del 2020 abbiamo individuato 700 positivi all’HCV, di questi ne abbiamo avviato ai trattamenti più di 200 e 160 si sono negativizzati. Rimane una grossa fetta di pazienti che, anche se screenati, non aderiscono alle terapie. Tra l’altro c’è anche un piccolo dato, un connotato socio-territoriale; alcune persone, in virtù della patologia da HCV, percepiscono una pensione e spesso l’eradicazione del virus potrebbe comportare la perdita del riconoscimento economico. Quindi, bisogna lavorare molto sulla motivazione e sull’accompagnamento all’adesione alle terapie”.
Parlando di farmaci, il dott. Solano ha fatto il punto sulla situazione in Campania, in particolare a Napoli, per quanto riguarda il trattamento dell’epatite C. Il dott. Solano ha informato che “con il 9% di casi di HCV del paese, di cui circa 50mila sommersi, la nostra Regione ha un ruolo essenziale in Italia, nel senso che per il Piano di eradicazione nazionale è fondamentale che la Campania ci sia e che funzioni bene. Da questo punto di vista le cose vanno abbastanza bene; la Campania ha già somministrato 29mila trattamenti ed è al primo posto nel rapporto tra casi trattati e popolazione residente. Napoli in particolare, con 4.000 trattamenti, è stata all’avanguardia anche durante il lockdown, perché non è mai cessato l’arruolamento dei pazienti. Ovviamente ha subito qualche limite ma non si è mai interrotto. E questo grazie ad una serie di centri prescrittori: anzitutto il Cotugno, che è al primo posto per casi trattati, e a seguire l’ospedale dei Pellegrini”.
“La pandemia ovviamente è una crisi, una crisi planetaria grave e seria – ha infine tenuto a precisare il dott. Solano – però è anche un’occasione in cui abbiamo ingenti risorse concentrate negli hub vaccinali, che potrebbero essere sede di doppio screening. Ci sono state varie esperienze in tal senso, cioè l’utente accede per vaccinarsi contro il SARS-CoV-2, magari ne approfitta e fa anche il test dell’HCV o dovunque si stia facendo una vaccinazione contro l’influenza”, ha concluso.