Il progetto dell’Unità di Epatologia servirà ad effettuare uno screening per l’infezione da virus dell’epatite C (HCV) nei pazienti che si ricoverano per qualsiasi patologia. Se necessario, i pazienti così individuati saranno sottoposti ad un trattamento antivirale. Lo scopo è raggiungere l’obiettivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di eliminare l’epatite C entro il 2030
San Giovanni Rotondo, 31 gennaio 2020 – L’Unità di Epatologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza ha varato un progetto per l’eliminazione dell’epatite C (HCV) nella popolazione generale. L’obiettivo è informare, sottoporre a screening, ed eventualmente prendere in carico per il trattamento i pazienti che vengono ricoverati nel corso del 2020.
I pazienti ospedalizzati possono essere portatori non noti dell’infezione da virus dell’epatite C. È stato infatti dimostrato che la percentuale di soggetti consapevoli di essere infetti risulta in alcuni contesti socio-economici non superiore al 20%. Strategie rapide e costo-efficaci possono favorire sia la diagnosi che l’accesso al trattamento dei pazienti elegibili. All’ammissione al ricovero per qualsiasi altra patologia, i soggetti provenienti dalla popolazione generale potranno essere sottoposti a screening.
“Il nostro progetto si colloca nella prospettiva di raggiungere a livello del territorio pugliese gli obiettivi prefissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità entro in 2030 – sottolinea Alessandra Mangia, medico responsabile dell’Unità di Epatologia e coordinatrice dell’iniziativa – Miriamo ad identificare l’infezione nel 90% dei soggetti infetti e a trattarla nell’80% dei soggetti con diagnosi di positività”.
In Italia, l’infezione colpisce soggetti di età più avanzata rispetto ad altri paesi europei per cui è più facile che durante un ricovero, per motivi non strettamente correlati ad una patologia del fegato, si scopra, quando deliberatamente cercata, un’infezione che nella maggior parte dei casi decorre asintomatica per svelarsi solo in presenza dei sintomi di una malattia ormai avanzata.
Nel nostro Paese lo screening dell’infezione è stato finora dedicato a categorie a rischio e in particolare a soggetti esposti a trasfusione di sangue o plasma-derivati prima degli anni ’90. Tuttavia, per raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’OMS, è necessario incrementare l’individuazione dei nuovi casi nella popolazione generale.
“Il progetto – ha spiegato il direttore sanitario Giovanni Battista Bochicchio – si articolerà in 4 fasi: fase preliminare di tipo educazionale, informativa, successivi test di laboratorio e infine, se necessario, la presa in carico del paziente. Il test per l’anticorpo antiHCV e la valutazione di laboratorio verranno effettuati dall’Unità di Medicina Trasfusionale e Laboratorio Analisi Cliniche diretta da Lazzaro di Mauro. Con un quotidiano confronto pianificato, in collaborazione con il team del Laboratorio Analisi, quello dell’Unità di Epatologia identificherà i soggetti che presenteranno un’infezione attiva. Lavorando in stretta collaborazione con i reparti di tutto l’ospedale, l’Epatologia prenderà anche in carico, con carattere non urgente, quei pazienti che non abbiano un’infezione attiva ma risultino solo positivi per l’anticorpo antiHCV”.