Roma, 28 novembre 2018
Epatite C: parte “l’ultimo miglio”
Si è tenuto ieri, martedì 27 novembre, presso l’Auditorium del Ministero della Salute in Lungotevere Ripa 1, l’incontro “Epatite C: clinici, pazienti e istituzioni alleati per «l’ultimo miglio»”, promosso da AISF, SIMIT ed EpaC Onlus e organizzato da MA Provider.
A 3 anni dal varo del “Piano Nazionale per la Prevenzione delle Epatiti virali da virus B e C”, ad un anno e mezzo dall’allargamento dei criteri di reclutamento e dopo lo stanziamento triennale di 500 milioni per alimentare il fondo per i farmaci innovativi (Legge Bilancio 2017), istituzioni, società scientifiche e pazienti si riuniscono per fare il punto della situazione.
L’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato – AISF, la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – SIMIT, e l’Associazione pazienti EpaC Onlus evidenziano la necessità di mantenere e incrementare gli sforzi sinora compiuti.
Nonostante le terapie di ultima generazione siano disponibili già da tempo per tutti i pazienti, l’eliminazione dell’infezione resta un problema, soprattutto per convogliare i pazienti con diagnosi nota – stanti in specifici bacini – verso le strutture autorizzate alla cura, ma anche ad effettuare gli screening necessari per fare emergere un “sommerso” fisiologico e che deve essere meglio quantificato.
Obiettivo del Convegno è stato dunque agevolare il dibattito tra tutti gli attori di sistema, con specifico riferimento a tipologia e numero di pazienti ancora da trattare, dove sono, le risorse necessarie, aspetti amministrativi, best practices locali e percorsi gestionali virtuosi, al fine di valutare congiuntamente i prossimi passaggi, fondamentali per intraprendere insieme “l’ultimo miglio” dell’ambizioso piano di eliminazione del virus.
“C’è ottimismo per il futuro per quanto riguarda l’HCV, eppure l’emergenza è ancora attuale – dichiara Salvatore Petta, segretario AISF – Oggi dobbiamo considerare la lotta all’epatite C non ancora vinta del tutto. Abbiamo a disposizione dei farmaci antivirali estremamente validi sia per efficacia che per sicurezza; tuttavia, dobbiamo curare ancora tanti pazienti. È necessario quindi che istituzioni, clinici e pazienti convergano in una sinergia per individuare i soggetti ancora non raggiunti dal trattamento. Una particolare attenzione va dedicata ai soggetti a rischio, come coloro che frequentano i Servizi per le dipendenze (SerD) o la popolazione carceraria, per i quali bisogna istituire dei programmi specifici di screening e di terapia”.
“Sono stati fatti molti investimenti sui farmaci, ma nulla sull’emersione del sommerso né sul potenziamento dei centri affinché possano avere maggior capacità di cura, accogliere più pazienti e essere raggiunti anche da coloro che non sanno a chi rivolgersi – dichiara Massimo Galli, Presidente SIMIT – Nelle presenti condizioni, non credo che nel triennio 2017-2019 si possa conseguire l’obiettivo prestabilito di 240mila pazienti trattati. I dati a metà ottobre attestano 155mila pazienti trattati dal 2015, un risultato di eccezionale portata, ma ancora troppo lontano dall’obbiettivo. Per l’eradicazione dell’epatite C non esiste un vero Piano Nazionale e neppure un’azione coordinata a livello regionale, anche se alcune regioni più virtuose, come la Toscana, il Veneto, la Sicilia, hanno già preso importanti iniziative nella giusta direzione. La speranza è che anche le altre regioni seguano questa via”.
“Siamo molto preoccupati per il futuro perché sembra che l’eliminazione dell’epatite C non sia più tra le priorità del Servizio sanitario nazionale – dichiara Ivan Gardini, presidente dell’associazione dei pazienti EpaC – Non c’è ancora un piano nazionale che indichi come rintracciare tutti i pazienti con diagnosi nota e non nota, nonostante una persona su tre arrivi già gravemente ammalata alle strutture autorizzate per la cura; nella manovra finanziaria non sono previsti fondi specifici (oltre alle risorse per i farmaci) per conseguire l’obiettivo prefissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità di eradicare l’epatite C entro il 2030 e, inoltre, esiste la concreta ipotesi che possa essere saccheggiato il fondo per i farmaci innovativi con lo spostamento delle risorse avanzate dal fondo innovativi su altri capitolo di spesa sanitaria”.
“Restando così le cose, chiederemo aiuto all’OMS ma anche cercheremo di capire – conclude Gardini – se esistono responsabilità penali e a quale livello, per i decessi evitabili di pazienti con complicanze da epatite C che potevano essere curati da ormai tre anni e non lo sono stati, poiché non ci sono scuse: abbiamo farmaci, risorse, medici e strutture di tutto rispetto e un cost saving che risulta tanto maggiore quanto più rapidamente si elimina l’infezione in tutti i pazienti: fare diversamente è un danno economico per il SSN e un danno alla salute dei pazienti ancora da curare. Sarebbe saggio, da parte delle Regioni, vincolare almeno il 10% delle risorse restituite dal fondo farmaci innovativi, destinandole a veri e propri piani di eliminazione dell’infezione HCV, poiché rischiamo il sottoutilizzo del fondo per mancanza di pazienti, che esistono, ma vanno identificati in bacini esterni e inviati alla struttura ospedaliera per essere curati. Tutto ciò ha un costo, ma comunque ampiamente ripagato dai risparmi conseguiti curando i pazienti. Alcune strutture di Gastroenterologia ed infettivologia sono allo stremo dopo avere curato migliaia di pazienti, la metà dei quali resta in carico per il follow up. Chiediamo solo di investire su ciò che produce un innegabile risparmio, dovrebbe essere un MUST per ogni amministratore della salute pubblica investire su qualsiasi cosa che produce risparmi e salute nel medio e lungo periodo”.
L’epatite C in Italia
L’epatite cronica da virus C, o più semplicemente Epatite C o HCV, è una infezione che, in virtù della sua cronicità, provoca un processo infiammatorio evolutivo in malattia il cui stadio finale è rappresentato dalla cirrosi, e in alcuni casi dal tumore del fegato.
Le stime sull’entità numerica delle persone con epatite C in Italia sono assai dibattute. Qualche anno fa si parlava di circa 350.000 pazienti diagnosticati con Epatite C (HCV) – da cui oggi andrebbero sottratti i 155mila trattati – ma si stima che viva in Italia anche un numero imprecisato, di circa 100-150mila persone che sono inconsapevoli di aver contratto l’infezione.
Proprio per questo è necessario che l’epatite C resti una delle priorità nell’agenda sanitaria, con stanziamenti adeguati non solo per acquistare farmaci ma anche e soprattutto finanziare tutte quelle attività utili per accelerare l’individuazione e la presa in carico di tutti i pazienti con e senza diagnosi, anche per onorare la strategia dell’OMS di eliminazione globale dell’epatite C – alla quale aderiamo – “Global Health Sector Strategy on Viral Hepatitis 2016–2021”