L’obiettivo dell’OMS dell’eliminazione dell’Epatite C entro il 2030 è possibile per l’Italia grazie alle nuove terapie, rapide, efficaci e senza effetti collaterali. Ma servono nuove politiche sanitarie, che si concentrino soprattutto su tossicodipendenti e pazienti sottoposti a tatuaggi o piercing. Prof. Francesco Saverio Mennini, Università di Roma Tor Vergata: “Per il periodo 2015-2018, per 1.000 pazienti trattati, si stima una riduzione a 20 anni di circa 800 eventi clinici infausti. Ciò consentirà una importante riduzione della spesa sanitaria di oltre 52 milioni di euro per 1.000 pazienti trattati”
Roma, 22 novembre 2019 – È partita la controffensiva contro l’Epatite C sulle strade e nelle piazze delle maggiori città d’Italia. L’ambulatorio mobile è pronto e sta scaldando il motore per partire per un lungo tour che toccherà città importanti, da Firenze a Palermo, con a bordo personale specializzato nell’effettuazione di esami clinici a bordo volti alla scoperta del sommerso per l’Hcv e anche Hiv.
Giovedì 21 novembre alle 11.00, in Piazza San Pietro, un equipaggio davvero speciale ha dato il via a questa missione attraverso decine di piazze nazionali e Mons. Rino Fisichella benedirà l’iniziativa ed il motorhome destinato al progetto.
A bordo dell’unità mobile appositamente allestita il Viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, il Prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico della Simit, Responsabile dell’Unità Operativa Complessa Malattie Infettive – Tor Vergata, e la Dott.ssa Loreta Kondili, Centro Nazionale Per la Salute Globale ISS, con diversi specialisti alla ricerca di pazienti con Epatite C, ignari spesso a migliaia ancora oggi del proprio stato di salute.
Ha aderito al progetto, promosso da Simit con il Patrocinio del Ministero della Salute, e il contributo non condizionato di Gilead, anche il Prof. Claudio Cricelli, Presidente SIMG (Società Italiana di Medicina Generale). L’iniziativa segue di poche ore la conclusione della III Giornata Mondiale dei Poveri voluta da Papa Francesco, con il bilancio delle attività del Presidio Sanitario Solidale allestito in piazza San Pietro dove i Medici di Medicina Generale e gli specialisti hanno prestato per vari giorni la loro opera caritatevole per assistere e curare le persone più povere e disagiate che molto spesso non riescono per diversi motivi ad accedere alle cure del SSN.
Durante la scorsa settimana il Presidio Sanitario Solidale, ha offerto tutte le prestazioni specialistiche a titolo completamente gratuito, sono state accolte oltre 1.000 persone, che vivono per lo più nel disagio più assoluto, sia italiani che stranieri, per le quali sono state erogate oltre 5.000 prestazioni sanitarie specialistiche e somministrati i vaccini antiinfluenzali, ove possibile, valutando per ciascuno la personale situazione clinica.
Di qui è stata chiara l’esigenza: portare il medico direttamente dove vi fosse più bisogno di erogare le prestazioni con la creazione di un percorso assistenziale per l’Italia. Il Prof. Andreoni, protagonista sin dalla prima edizione, e il Prof. Cricelli, forti di questa esperienza, hanno immaginato tale progetto con un ampio respiro nazionale.
“Queste recenti esperienze hanno mostrato che, nonostante la capillare presenza di strutture sanitarie pubbliche sull’intero territorio nazionale, questi pazienti che vivono nel disagio più totale hanno necessità di inclusione e di accoglienza – ha sottolineato il Prof. Andreoni – Talora, abbiamo visto, che quando incontrano anche un minimo diaframma tra le loro esigenze di salute e la visita occasionale per curarli, recedono subito dall’intento, rifugiandosi nella solitudine che scandisce le loro giornate”.
Il progetto “Alla ricerca del Virus” vanta il patrocinio del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e l’entusiastica adesione dell’Arcivescovo Monsignor Rino Fisichella che ha accolto con gioia questa iniziativa riconoscendone un carattere umanitario eccezionale. Il piccolo ambulatorio mobile raggiungerà le “piazze del disagio” in diverse città d’Italia per incontrare direttamente chi, più di ogni altro, è potenzialmente affetto dai virus quindi: in primis HCV e HIV e altre patologie infettive ricorrenti.
I risultati sin qui raggiunti nella lotta all’Epatite C sono straordinari. Ad oggi, sono stati affrontati con successo 196mila casi, con benefici sia sotto il profilo clinico che sotto quello socioeconomico, con benefici per tutto il Servizio Sanitario Nazionale. Le nuove terapie infatti sono in grado di eradicare il virus in poche settimane, sono efficaci nel 98% dei casi e senza effetti collaterali.
Tuttavia, i pazienti ancora da trattare sarebbero ancora diverse centinaia di migliaia, di cui molti ancora da diagnosticare. Nascono così nuove sfide. Per fronteggiare le nuove esigenze di questa fase, rappresentanti dei vari ambiti, dal mondo clinico, economico e istituzionale a quello sociale con l’Associazione dei pazienti si riuniscono per una tavola rotonda con il fine di produrre un documento tecnico con evidenze scientifiche utili per nuove politiche sanitarie.
La Tavola Rotonda di martedì 19 ottobre, dal titolo “Verso una politica nazionale di screening linkage-to-care per l’eliminazione dell’infezione da Epatite C in Italia”, anticipa di 48 ore a Roma, presso lo Spazio Canova, l’iniziativa in Vaticano. I temi esaminati saranno il ritorno di investimento per la terapia anti-HCV e le nuove strategie da implementare per aumentare la diagnosi e i trattamenti delle persone affette dal virus.
Grazie alle politiche sanitarie varate sin qui e ai nuovi farmaci ad azione antivirale diretta, l’Italia fa parte dei 12 paesi che si stanno incamminando verso il raggiungimento dei target fissati dall’OMS per eliminazione dell’HCV entro l’anno 2030, a patto di mantenere alto il numero dei trattamenti antivirali.
I dati che emergono dall’analisi economica effettuata in collaborazione dal CEIS EEHTA dell’Università di Roma Tor Vergata, dal Centro di Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità e dall’Agenzia Italiana del Farmaco sui pazienti trattati con i nuovi trattamenti antiretrovirali evidenziano risultati rilevanti.
“Per il periodo 2015-2018, per 1.000 pazienti trattati, è stimata una riduzione a 20 anni di circa 800 eventi clinici infausti tra cui cancro, scompenso della malattia severa del fegato, morte fegato correlata o trapianto di fegato – sottolinea il Prof. Francesco Saverio Mennini, Research Director, Centro EEHTA, CEIS, Università di Roma Tor Vergata – Questa riduzione di eventi clinici consentirà una conseguente e importante riduzione della spesa sanitaria a 20 anni di oltre 52 milioni di Euro per 1.000 pazienti trattati. Inoltre sempre da questa analisi emerge con forza che l’investimento iniziale sostenuto dal SSN per il trattamento di pazienti trattati dal 2015 al 2018 verrà recuperato interamente entro 5.2 anni. Da questo momento in poi si inizieranno a generare risparmi per il SSN. L’introduzione del trattamento universale indipendentemente dallo stadio di malattia ha consentito, quindi, un’accelerazione del ritorno del investimento riducendolo a 4.5 anni per i pazienti trattati in fase lieve di malattia rispetto a 7.5 anni per i pazienti trattati in fase di una malattia più grave”.
Alla luce di questi dati, far emergere il sommerso si rivela ancora di più un obiettivo fondamentale ai fini del raggiungimento dei target dell’OMS dell’eliminazione dell’infezione da HCV, che riporta a lungo termine un beneficio sia di salute sia economico per il sistema sanitario nazionale.
Il raggiungimento dei target fissati dall’OMS per eliminazione dell’HCV può essere mantenuto solo se verranno adottate adeguate strategie di screening per far emergere il sommerso. Tuttavia, i soddisfacenti risultati conseguiti finora non devono provocare facili illusioni sul futuro.
“Con le attuali politiche sanitarie, il numero dei trattamenti inizierà a scendere e si esaurirà tra gli anni 2023-2025, lasciando alto il numero degli individui infetti ma non diagnosticati – ammonisce la dott.ssa Loreta Kondili, Centro di Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità – Vi sono circa 300mila soggetti stimati ancora da diagnosticare, con un’età tra 30-60 anni, circa 10 anni in meno rispetto all’età media dei pazienti già diagnosticati e curati. I prevalenti fattori di rischio degli individui con infezione non diagnosticata sono la pregressa o attuale tossicodipendenza (stimati circa 150 mila persone) e tatuaggi o piercing (circa 80 mila) fatti prima della scoperta del virus nel 1989, rispetto alle precedenti trasfusioni di sangue e all’utilizzo di strumenti medici non monouso, prevalenti fattori di rischio nei pazienti già diagnosticati e curati per l’infezione da HCV”.
In virtù dei numerosi studi che attestano la convenienza economica, oltreché clinica, nell’eliminare l’Epatite C, gli specialisti sono dunque concordi nell’affermare che testare in modo sistematico le coorti di nascita tra gli anni 1948-1988, dove si collocano la maggior parte degli individui con infezione non nota in Italia, porterà a raggiungere gli obiettivi dell’eliminazione dell’HCV in Italia entro l’anno 2030 con costi nettamente inferiori da sostenere da parte del Sistema Sanitario Nazionale.