Romosozumab, una nuova terapia contro il rischio di frattura imminente. Livelli di vitamina D correlati a Long Covid. La supplementazione con vitamina D riduce gli eventi cardiovascolari nell’anziano. Dimagrire con i nuovi farmaci anti-obesità? Ora è possibile e sicuro
Torino, 5 luglio 2023 – Si apre oggi la 12ª edizione del Congresso CUEM – Clinical Update in Endocrinologia e Metabolismo – un appuntamento divenuto oramai punto di riferimento per la classe medica e preziosa occasione di aggiornamento sulle nuove opportunità diagnostico-terapeutiche in Endocrinologia e Metabolismo.
Come ogni anno, il programma della due giorni torinese sarà denso di numerose sessioni e metterà a disposizione dei partecipanti diversi percorsi di approfondimento e di formazione.
L’innovazione terapeutica contro il rischio di frattura ossea imminente, il profilo di sicurezza della nuova classe di farmaci antiobesità, i livelli di vitamina D correlati alla sindrome di “Long Covid” e la supplementazione di vitamina D legata alla riduzione degli eventi cardiovascolari sono soltanto alcuni dei temi che si avvicenderanno durante i lavori del CUEM 2023, al via da questa mattina.
“Sono davvero orgoglioso di essere giunti alla dodicesima edizione del CUEM – ha affermato il prof. Ezio Ghigo, Direttore Cattedra di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo dell’Università di Torino e co-presidente del congresso insieme al prof. Andrea Giustina, Direttore dell’Istituto di Scienze Endocrine e Metaboliche dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – un meeting scientifico che anno dopo anno è stato sempre di più capace di affermarsi come un appuntamento irrinunciabile nell’ambito endocrinologico e non solo, ed ha saputo radunare i massimi esperti nazionali e internazionali, con uno sguardo sempre aperto verso i giovani e gli astri nascenti del settore”.
ROMOSOZUMAB, una nuova terapia biologica contro il rischio di frattura imminente
Romosozumab è un anticorpo monoclonale umano che blocca gli effetti della proteina sclerostina e agisce principalmente accelerando la formazione dell’osso. Una dose di Romosozumab consiste in due iniezioni, una immediatamente successiva all’altra, somministrate una volta al mese da un operatore sanitario.
La sicurezza e l’efficacia del MAB sono state verificate in due studi clinici che hanno coinvolto un totale di oltre 11.000 donne con osteoporosi postmenopausale. Nel primo studio, dopo un solo anno di trattamento si è potuto osservare come il rischio di nuove fratture vertebrali sia stato risotto del 73% rispetto al placebo.
“Romosozumab è la prima terapia per l’osteoporosi con un vero doppio meccanismo d’azione – ha affermato il prof. Andrea Giustina – somministrato in un solo anno, principalmente a causa della rapidità della sua attività anabolica, fornisce guadagni di BMD (densità minerale ossea) maggiori rispetto a qualsiasi altro agente e riduzioni di fratture sia vertebrali che cliniche entro un anno”.
Livelli di vitamina D correlati a Long Covid
Il gruppo di ricerca dell’Istituto di Scienze Endocrine e Metaboliche del San Raffaele è stato già pioniere nell’identificare il cosiddetto fenotipo osteo-metabolico del Covid-19, descritto sulla rivista Nature Reviews Endocrinology. Oggi, un nuovo studio pubblicato sul prestigioso The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism e presentato a Istanbul durante il Congresso della Società Europea di Endocrinologia dello scorso maggio, si aggiunge all’importante attività scientifica e di ricerca del team milanese.
Il Long Covid è uno degli effetti più preoccupanti del contagio da coronavirus ed è definito come la condizione di quei pazienti i cui sintomi permangano oltre le 12 settimane dalla scomparsa del virus dall’organismo. I risultati della ricerca italiana suggeriscono proprio come bassi livelli di vitamina D possano rappresentare un fattore di rischio nello sviluppo di questa sindrome.
Nello studio sono stati esaminati 100 pazienti di età compresa tra 51 e 70 anni, con e senza Long Covid e sono stati misurati i livelli di vitamina D al momento del primo ricovero per Covid e sei mesi dopo la dimissione. Si è evidenziato come i livelli di vitamina D fossero più bassi nei pazienti con Long Covid rispetto a quelli senza. Il risultato è stato ancora più evidente in quei pazienti che dopo sei mesi abbiamo manifestato sintomi di ‘nebbia cerebrale’, come confusione, problemi di memoria e scarsa concentrazione.
I ricercatori hanno incluso pazienti senza patologie ossee e hanno abbinato i due gruppi, con e senza Long Covid, in termini di età, sesso, malattie croniche preesistenti e severità del Covid.
“Gli studi precedenti sul ruolo della vitamina D nel Long Covid non erano definitivi – ha osservato il prof. Andrea Giustina – e la natura altamente controllata del nostro studio ci aiuta a stabilire che esiste probabilmente un legame tra la carenza di vitamina D e il Long Covid. Il nostro studio dimostra che i pazienti che hanno contratto l’infezione da SARS-COV-2 e sviluppato Covid-19 con bassi livelli di vitamina D hanno maggiori probabilità di sviluppare il Long Covid”.
La supplementazione con vitamina D riduce gli eventi cardiovascolari nell’anziano
Vitamina D salvacuore: secondo un recente studio australiano pubblicato sul British Journal BMJ, infatti, l’assunzione di integratori di vitamina D ridurrebbe il rischio di infarto negli over 60. Per questa ricerca, che è stata condotta dal QIMR Berghofer Medical Research Institute su 21.315 australiani di età compresa tra i 60 e gli 84 anni tra il 2014 e il 2020, gli scienziati hanno somministrato in modo casuale vitamina D o un placebo ai volontari, all’inizio di ogni mese e per periodi ben definiti.
Alla fine dei test, i ricercatori hanno scoperto che il tasso di eventi cardiovascolari maggiori è stato inferiore del 9% nel gruppo vitamina D rispetto al gruppo placebo. Non solo, lo studio ha inoltre permesso di rilevare un ulteriore punto chiave, ovvero una riduzione del 20% del tasso di infarto del miocardio tra il gruppo vitamina D e quello placebo.
“Il CUEM 2023 rappresenta un’opportunità per discutere in maniera approfondita dei risultati di questo studio che getta una nuova luce sui cosiddetti effetti extra-scheletrici della vitamina D”, ha dichiarato il prof. Andrea Giustina.
Dimagrire con i nuovi farmaci anti-obesità? Ora è possibile e sicuro
L’obesità è una malattia cronica, progressiva e recidivante caratterizzata da un accumulo eccessivo di grasso. La chirurgia bariatrica per lungo tempo è stata l’unica alternativa terapeutica in grado di ottenere una perdita di peso superiore al 15% che fosse duratura. La comprensione dei percorsi molecolari alla base del gut-brain axis – l’asse intestino-cervello, una linea di comunicazione diretta, bidirezionale tra i due sistemi che collega i centri della sfera cognitiva ed emozionale, endocrina, immunologica, umorale – ha promosso la ricerca di farmacoterapie che avessero come target la regolazione ormonale endocrina dell’appetito e del food intake (assunzione di cibo).
È stato evidenziato come gli analoghi del GLP1 abbiano ottenuto una riduzione efficace del peso. Sono in corso di sviluppo sono i triplo-agonisti GLP1, GIP e glucagone, dimostratisi efficaci per il controllo della glicemia e per la perdita di peso negli studi sperimentali condotti su animali.
Il Congresso CUEM sarà inoltre occasione per la premiazione dei vincitori del “Premio G.I.O.S.E.G. per l’eccellenza in Osteometabolismo”,giunto quest’anno alla sua seconda edizione e che vedrà premiati i più brillanti ricercatori che si sono distinti per rilevanza, originalità e risultati nella ricerca di base e in quella clinica.