A cura del prof. Lorenzo Mantovani – Associate Professor of Public Health, University of Milan Bicocca
Storicamente l’emofilia è una malattia rara con risvolti drammatici sulla aspettativa di vita e sulla qualità della stessa dei pazienti. Basti ricordare come la speranza di vita alla nascita nella prima metà del secolo scorso fosse di 15-20 anni.
Da allora, la terapia dell’emofilia ha fatto progressi immensi: attualmente un bambino emofilico può confidare in una speranza (e una qualità) di vita quasi uguale a quella di un bambino non emofilico. Per giungere a questi risultati, cioè per rendere cronica e gestibile quella che è stata per secoli una malattia potenzialmente devastante e rapidamente fatale, le nostre società hanno investito e continuano ad investire ingenti risorse economiche.
Questi risultati eclatanti aprono nuove questioni. Come è meglio gestire questa condizione cronica? L’emofilia va ancora intesa come una malattia rara, devastante, fatale oppure come una condizione cronica che accompagna il paziente lungo il corso di una – lunga – vita?
I modelli assistenziali sviluppati quando l’emofilia era invalidante e fatale sono ancora adeguati oggi? Oppure essi vanno aggiornati, assimilando la gestione del paziente emofilico a quella di un individuo affetto da una malattia cronica? Quali reti assistenziali e quali percorsi all’interno del nostro sistema sanitario sono più adatti alla gestione di un individuo con emofilia?
Queste sono le domande da porre oggi, e a cui rispondere, alla luce delle nuove esigenze e dei nuovi bisogni, maturate pur con sofferenza, attraverso una straordinaria storia di successo della medicina.