A cura del prof. Antonio Russo, Responsabile del Centro Cefalee della I Clinica Neurologica dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”
Roma, 14 dicembre 2022 – L’emicrania ha una prevalenza nella popolazione mondiale di circa 12% (circa 1 miliardo di individui) e solo in Italia ne soffrono 6 milioni di persone, con una predilezione netta per l’età giovanile-adulta ed il sesso femminile.
Oltre ad essere tra le malattie più frequenti essa costituisce anche una della malattie più disabilitanti rappresentando la seconda malattia più disabilitante del genere umano secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Ciò comporta gravi ripercussioni sulla vita personale, sociale, lavorativa ed affettiva dei pazienti che ne soffrono oltre che sui costi che i Paesi devono affrontare (dai 18 ai 27 miliardi di euro all’anno in Europa).
L’Italia ha recepito l’importanza dell’impatto di tale patologia sulla vita dei pazienti e 8 luglio 2020 l’emicrania, nella sua forma cronica, è stata riconosciuta Malattia Sociale muovendo un primo passo contro lo stigma che i pazienti emicranici.
Di fondamentale importanza nel percorso di sostegno e presa in carico dei pazienti affetti da emicrania sono i nuovi farmaci per la terapia di prevenzione finalizzate alla riduzione della frequenza e dell’intensità degli attacchi, ben diversi dai vecchi farmaci mutuati da altre indicazioni (come antidepressivi, antiepilettici, antipertensivi) con cui siamo stati abituati a trattare i pazienti emicranici spesso associati a eventi avversi che in una grande percentuali di pazienti (fino all’80%) sono causa di interruzione del trattamento.
Infatti, nell’armamentario terapeutico per la prevenzione dell’emicrania sono stati recentemente introdotti molecole come la tossina botulinica che, utilizzata con un protocollo specifico, si è dimostrata efficace nella prevenzione dell’emicrania cronica e gli anticorpi monoclonali diretti contro il CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina) attore protagonista del dolore emicranico. Questi ultimi sono molecole dirette contro il recettore del CGRP (Erenumab) o la molecola del CGRP (Fremanezumab e Galcanzeumab) a cui si aggiungerà tra poco un’altra molecola (Eptinezumab) a somministrazione endovenosa.
Il dato interessante è che tali trattamenti oltre ad essere efficaci (tali da indurre una riduzione di almeno la metà del numero di giorni con emicrania al mese in circa il 70% dei pazienti) sono altamente tollerabili e sicuri.
Nuovi farmaci sono in arrivo anche per il trattamento dell’attacco di emicrania come i ditani (lasmiditan) che agiscono sul recettore della serotonina, e i gepanti (atogepant, rimegepant ed ubrogepant) che hanno come bersaglio sempre la molecola del CGRP, alcuni dei quali che possono essere posizionati oltre che nella terapia dell’attacco anche come terapia di prevenzione.
Sicuramente, al di là della necessità di trattamenti farmacologici efficaci, tollerabili e sicuri, è necessario sviluppare una conoscenza dei meccanismi emicranici che sottendono quelle condizioni di particolare difficoltà nella pratica clinica. Tra questi, ad esempio, la trasformazione dell’emicrania episodica in emicrania cronica un fenomeno che rappresenta una criticità nella gestione pratica e le cui cause sono tutt’oggi poco conosciute sebbene uno dei fattori più costantemente segnalati è l’uso eccessivo di farmaci per l’attacco.
In tale scenario un recente studio del gruppo della prof.ssa Tassorelli dell’Istituto Mondino di Pavia ha prodotto dati molto significativi e stimolanti andando a valutare i livelli plasmatici del CGRP e l’espressione di alcuni pattern genetici (cosiddetto micro-RNA) provenienti da cellule del sangue periferico di pazienti emicranici. Ciò che è emerso è che i livelli di CGRP e l’espressione dei micro-RNA erano significativamente più alti nei soggetti con emicrania cronica con uso eccessivo di farmaci per l’attacco. Inoltre, la disassuefazione dai farmaci per l’attacco usati in maniera eccessiva ha comportato una riduzione significativa dei livelli di CGRP e l’espressione dei micro-RNA.
Questi dati, che al momento sono a un livello sperimentale, sono molto promettenti per identificare quei pazienti maggiormente a rischio di evolvere in una condizione di emicrania cronica con uso eccessivo di farmaci sintomatici e che pertanto meritano una maggiore attenzione al decorso clinico per un’azione preventiva precoce ed efficace.