Roma, 24 febbraio 2020 – L’Anaao Assomed esprime la propria sincera vicinanza ai cittadini colpiti da sindrome simil-influenzale da Coronavirus (cosiddetta Covid-19), ai familiari di quelli deceduti e a tutti i colleghi particolarmente esposti nello svolgimento del proprio dovere.
Il nostro pensiero va, soprattutto, a coloro che operano nelle strutture direttamente coinvolte nel contenimento dell’epidemia, i quali con grande senso di responsabilità e attaccamento al servizio, in alcuni casi con atti di vero eroismo, sopperiscono a inevitabili problemi organizzativi e perfino ad ingiustificabili ritardi, ed omissioni, da parte delle amministrazioni interessate.
Tutti gli operatori stanno, con abnegazione, dando il massimo in una situazione che era già prossima al collasso, a causa delle disastrose politiche di risparmio adottate negli ultimi 10 anni, che hanno comportato una gravissima carenza di personale e di posti letto, il cui impatto oggi rischia di indebolire la risposta ai casi più gravi della sindrome Covid-19 che richiedono un supporto ventilatorio.
Regioni e Aziende non pensino, però, di scaricare sulle spalle dei soli medici ospedalieri il peso di una organizzazione emergenziale alla quale devono partecipare tutti i settori della medicina pubblica. E comincino con l’assicurare una comunicazione tempestiva e puntuale, anche sul cronoprogramma organizzativo, a tutti i soggetti coinvolti, i quali non possono essere lasciati senza indicazioni ufficiali, anche sulla quarantena fiduciaria, o segregati senza generi di prima necessità.
Non è ammissibile, in particolare, la mancanza di idonei DPI, adducendo un esaurimento scorte da industria manufatturiera, o di una strutturazione di triage pre-ospedaliero, con ambulanze dedicate e spazi idonei “distinti e separati” dai PS, che contrasti il fenomeno di accesso ‘spontaneo’ da parte di pazienti con sintomi respiratori per prevenire l’ovvio pericolo di diffusione del contagio in ambienti sovraffollati. Un solo malato ha fatto chiudere un ospedale e ha contagiato cinque tra medici e infermieri.
Ma servono anche risorse aggiuntive di personale, sia perché il tempo richiesto a trattare un caso sospetto potrebbe andare a scapito della gestione ordinaria, con code e criticità pericolose, sia perché è utile ridurre la attesa per l’esito dei tamponi.
L’evento epidemico dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che solo un Servizio Sanitario Nazionale può essere la risposta valida alla tutela della Salute dell’intera popolazione. In questi casi non c’è sanità privata che tenga. Tantomeno, la frammentazione legata all’esasperazione delle autonomie regionali, perché non esiste una risposta lombarda, veneta, piemontese o emiliano-romagnola alle criticità sanitarie che coinvolgono intere nazioni se non continenti. Solo un forte coordinamento nazionale in capo al Ministero della Salute, garante di indirizzi univoci evidence based, forniti dagli studiosi e dalle organizzazioni competenti, nazionali e internazionali, potrà permettere di superare con il minor danno possibile eventi del genere.
Soprattutto, questa esperienza insegni che gli ospedali non possono essere gestiti con logiche economicistiche e neo fordiste, ma avendo come riferimento la tutela della salute dei cittadini e la sicurezza di chi vi opera. Non bisogna aspettare, bisogna intervenire subito e pensare oggi a cosa fare nell’eventualità di un ulteriore aumento dei casi o del numero di quelli gravi.
Una naturale preoccupazione non giustifica allarmismi o peggio isterismi, laddove è necessario seguire con disciplina e responsabilità le indicazioni che le autorità sanitarie stanno fornendo.
Sia chiaro, però, che, per quanto ci riguarda, intendiamo assicurare ogni sostegno ai medici e dirigenti sanitari in questo frangente, specie se la mancata applicazione di norme e circolari a loro tutela si traducesse in eventuali danni a loro carico.