Elettrochemioterapia endoscopica per tumore all’esofago non operabile. Intervento di successo, primo in Italia

L’elettroporazione reversibile, ossia l’aumento transitorio della permeabilità di membrana delle cellule tumorali indotto dal campo elettrico, amplifica di oltre 300 volte il trasporto delle molecole del farmaco chemioterapico che, somministrato per via endovenosa, si concentra all’interno del tumore ottenendo quindi l’apoptosi mirata del tessuto neoplastico

Dott. Francesco Decembrino

Bari, 22 marzo 2021 – È stato eseguito all’ospedale Miulli il primo caso in Italia di Elettrochemioterapia Endoscopica di un tumore dell’esofago in stadio avanzato, quindi non operabile per lo stadio di diffusione della malattia, su un paziente di 64 anni.

La procedura è stata eseguita dal dott. Francesco Decembrino, direttore della U.O.C. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, coadiuvato dalla sua equipe nonché del dott. Vito Delmonte, Direttore della U.O.C. di Anestesia e Rianimazione e dei colleghi della U.O.C. di Oncologia.

Da sin: Gianluca Selvaggi, Francesco Decembrino, Vito Delmonte, Giacomo Cecere, Maria Rosaria Palella, Antonio Spagnoletta

L’Elettrochemioterapia Endoscopica (EECHT) è una procedura innovativa, già testata in alcuni centri del Nord Europa (Danimarca ed Irlanda), che combina l’elettroporazione reversibile con la chemioterapia endovenosa, utilizzando uno specifico device che eroga impulsi elettrici e che, introdotto per via endoscopica, viene posto direttamente a contatto con il tumore.

Il fenomeno dell’elettroporazione reversibile, ossia l’aumento transitorio della permeabilità di membrana delle cellule tumorali indotto dal campo elettrico, amplifica di oltre 300 volte il trasporto delle molecole del farmaco chemioterapico che, somministrato per via endovenosa, si concentra all’interno del tumore ottenendo quindi l’apoptosi mirata del tessuto neoplastico.

“Questa procedura – spiega il dott. Francesco Decembrino – per quanto innovativa e quindi con limitata letteratura sull’efficacia a breve e medio termine, in un trial prospettico preliminare eseguito in Danimarca ha mostrato dei risultati interessanti sulla riduzione dimensionale della neoplasia, con possibile conseguente miglioramento di alcuni sintomi secondari alla patologia come ad esempio la disfagia ed il sanguinamento cronico. Tale aspetto appare interessante se consideriamo che per questo tipo di neoplasia, in pazienti non operabili, non ci sono alternative terapeutiche realmente efficaci che possano impattare significativamente sulla qualità della vita”.

“In aggiunta – conclude Decembrino – la procedura sembra sicura e facilmente riproducibile: a tal proposito, un ulteriore studio multicentrico nord-europeo, che ha coinvolto centri terziari danesi ed irlandesi, apre prospettive interessanti anche nel trattamento di altre neoplasie dell’apparato digerente, come ad esempio il tumore non operabile del colon-retto. Ovviamente, saranno necessari ulteriori e più ampi studi per validare tali trattamenti in queste categorie di pazienti”.

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