Nel laboratorio Bioenergy & Biofuels al NOI Techpark, i ricercatori dell’Università di Bolzano hanno trovato il modo di valorizzare e trasformare gli imballaggi legnosi non più riutilizzabili in una possibile fonte di reddito per le imprese, riducendo le emissioni di CO2 e al contempo la dipendenza dal gas naturale. Dai rifiuti legnosi, attraverso un processo di gassificazione, si può ottenere sia gas per il riscaldamento di industrie e case, che char, un materiale attualmente smaltito come rifiuto industriale che rappresenta un costo per le aziende
Bolzano, 11 ottobre 2022 – Nel laboratorio Bioenergy & Biofuels della Libera Università di Bolzano al parco tecnologico NOI, l’attività di ricerca si concentra sui processi di produzione di energia e biocombustibili dalle biomasse, per mezzo di tecniche tradizionali come la combustione e processi alternativi come la pirolisi e la gassificazione.
I ricercatori del laboratorio diretto dal prof. Marco Baratieri – affiancato dal prof. Francesco Patuzzi e dalla ricercatrice Vittoria Benedetti – sono partner di un grande consorzio di ricerca e innovazione sull’economia circolare: il progetto FRONTSH1P (il video del progetto), finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma di Ricerca e Innovazione Horizon 2020, che coinvolge 34 istituzioni di diversi Paesi europei. UniBz vi apporta la sua esperienza nell’ambito della valorizzazione dei rifiuti da biomassa, in particolare dei rifiuti legnosi utilizzati per il packaging: pallet, imballaggi industriali e per prodotti alimentari, bobine, ecc.
Ottenere gas rinnovabile e char da materiale di scarto
Nel gassificatore utilizzato nel progetto FRONTSH1P (adattato dall’azienda partner tedesca Burkhardt), vengono bruciati rifiuti legnosi di vario genere derivanti da precedenti imballaggi. Da questo processo si estrae come primo prodotto un gas di sintesi che può rimpiazzare l’uso del gas naturale negli impianti industriali. Ciò rappresenta una grande opportunità in quanto si offre la possibilità di reperire risorse energetiche aggiuntive a costo zero, tanto più preziose in un momento come quello che stiamo vivendo, in cui l’economia dell’Europa rivela la sua dipendenza dagli equilibri geopolitici.
Il risultato della gassificazione di questi scarti, non conduce solo alla produzione di energia termica per uso domestico o industriale. Infatti, dalla massa iniziale di rifiuto legnoso rimane un 10% circa di char, materiale solido carbonioso, simile alla carbonella che, considerato un vero e proprio rifiuto industriale, deve essere smaltito in maniera appropriata secondo le normative vigenti.
“Nel nostro laboratorio, esploriamo le possibilità di utilizzare il char per abbassare i costi connessi al funzionamento dell’impianto di gassificazione e allo smaltimento dei rifiuti solidi che rimangono al termine del processo – spiega il prof. Baratieri – l’obiettivo è attenuare l’impatto ambientale globale dell’impianto e aumentarne la redditività nell’ottica dell’economia circolare”.
Le particolari caratteristiche del char lo rendono adatto a numerosi impieghi industriali e agricoli: su queste due direttrici si concentreranno le ricerche del laboratori di UniBz. “Durante le campagne sperimentali previste dal progetto, testeremo il char sia come pigmento che come materiale alternativo a fibra di carbonio, nerofumo, grafene e altri materiali ad alto costo e impatto ambientale, per le produzioni industriali di plastica”, chiarisce Baratieri.
“In campo agricolo, i ricercatori caratterizzeranno il char per il suo utilizzo come additivo nei processi di compostaggio – La sua aggiunta promette di accelerare il processo fertilizzante e ridurre le emissioni maleodoranti”, aggiunge il professore. A ciò si aggiunge una riduzione delle emissioni di gas serra e delle perdite di ammoniaca e un incremento della redditività dell’impianto di gassificazione.
Le criticità e gli sviluppi futuri
La sfida al centro del progetto è la creazione di una nuova catena di valore. “Le prospettive sono molto promettenti ma al momento esistono alcuni dubbi relativi alla fattibilità tecnica, soprattutto per quanto riguarda il materiale da processare – ammette Baratieri – questo, per essere gassificato nel nostro impianto ha bisogno di essere trasformato in pellet. Inoltre, i rifiuti legnosi potrebbero essere contaminati da sostanze chimiche o oggetti, come chiodi di metallo, dannosi per il gassificatore”.
Nonostante la presenza di tali criticità tecniche, il progetto, una volta coinvolti i partner fornitori produttori del rifiuto, potrebbe aprire nuove possibilità di guadagno e minimizzazione dei costi per le industrie consumatrici di ingenti quantità di imballaggi legnosi.