Eccezionale distacco di iceberg in Antartide

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La piattaforma di ghiaccio del Nansen dà vita a due grandi icebergs

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A sinistra una immagine dei due icebergs catturata dal sensore MODIS a bordo del satellite Terra. A destra una mappa della Terra Vittoria nel settore del Mare di Ross, Est Antartide, con indicazione di Baia Terra Nova e della localizzazione dell’immagine del satellite (quadrato rosso) – (fonte: Mark Drinkwater, ESA)

Roma, 13 aprile 2016 – In Antartide, dalla piattaforma di ghiaccio del Nansen, lo scorso 7 aprile una imponente massa di ghiaccio delle dimensioni di circa 150-160 km2 si è staccata dando vita a due grossi icebergs. Durante l’ultimo secolo, solo altre due volte simili masse di ghiaccio si sono staccate dalla stessa piattaforma: una prima volta in un momento non meglio precisato tra il 1913 e gli anni 50; la seconda volta tra il 1963 ed il 1972. In questo secondo caso si stima che la massa staccatasi avesse una estensione di 170 km2. La irregolarità nelle osservazioni è la ragione per cui nei due casi precedenti esiste una così grande incertezza circa il momento in cui il fenomeno è avvenuto.

La piattaforma del Nansen è una distesa di ghiaccio lunga circa 50 km e larga circa 25 km che si trova appena a sud della Stazione Italiana costiera Mario Zucchelli. Essa prende nome dal Monte Nansen, l’adiacente sommità prominente dell’area, ed è stata esplorata per la prima volta durante la sfortunata British Antarctic Expedition 1910-1913 guidata dal Capitano Robert Falcon Scott. Questa enorne estensione di ghiaccio galleggiante attaccato alla linea di costa della Terra Vittoria, è delimitata a nord dall’Isola Inexpressible, e a sud dalla lingua di ghiaccio galleggiante del Drygalski che si spinge in mare per una lunghezza di oltre 90 km. La piattaforma di Nansen finisce per formare una barriera che aiuta a frenare il flusso dei ghiacciai che la alimentano verso il mare e quindi la perdita di massa della calotta glaciale antartica.

“Negli ultimi anni in questa piattaforma si era formata una grande frattura, che nel tempo si era allarga ed estesa fino al punto di far presagire un distacco massivo di ghiaccio con la conseguente formazione di uno o più grandi icebergs – spiega Vito Vitale dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISAC-CNR) – La frattura è conseguenza dello stress causato dalle diverse velocità di flusso di ghiaccio proveniente dai due ghiacciai che alimentano la piattaforma: il Priestley situato a Nord della piattaforma stessa che si muove più lentamente, e il Reeves situato a ovest, sud-ovest, che si muove più velocemente, e del fatto che questi flussi sono costretti a curvare a causa della barriera a sud rappresentata dallìenorme lingua glaciale del Drygalski”.

Le piattaforme galleggianti che circondano le coste del continente Antartico sono soggette a un equilibrio molto più delicato e rispondono con maggiore sensibilità ai cambiamenti climatici rispetto al ghiaccio che si trova sulla terraferma. “E ciò a causa del fatto che esse sono soggette a fondersi da entrambi i lati: alla superficie in conseguenza dell’aumento di temperatura dell’aria; dal fondo in conseguenza dell’aumento di temperatura delle acque oceaniche. E che tali processi che indeboliscono la piattaforma si combinano con i naturali movimenti provocati dalle maree, dalle onde e dalle correnti marine”, prosegue Vitale.

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Dimensioni in termini di area della frattura generatasi nella piattaforma di Nansen, dal 2014 sino al 2016, così come valutate analizzando le informazioni satellitari (fonte: Flavio Parmiggiani, ISAC-CNR)

Come nel caso del Nansen, la maggior parte di queste piattaforme di ghiaccio sono alimentate dai ghiacciai interni, con le forze di deflusso e di trattenimento che si equilibrano. Senza l’azione di contenimento di queste piattaforme galleggianti, il flusso di ghiaccio dal continente verso il mare aumenterebbe. La rimozione, o forte diminuzione di una piattaforma di ghiaccio a causa del distacco di grosse masse di ghiaccio, spesso quindi destabilizza il sistema, con conseguente aumento della velocità del ghiacciaio. Grazie all’analisi delle immagini fornite dai satelliti italiani CoSMOSkyMED e dal satellite ESA Sentinel-1, è stato possibile ricostruire l’andamento del fenomeno a partire dal 2014, vale a dire da quando l’estensione in termini di area di tale frattura, i cui primi segni erano stati osservati durante attività di campagna nell’estate australe del 2013, è diventata significativa. I risultati di tali analisi sono riportati nella Figura 2. Come si può vedere la velocità di crescita della frattura è andata via via aumentando durante il 2014 e tutto 2015.

All’inizio di marzo 2016, vale a dire all’inizio per l’area di Baia Terra Nova del lungo inverno antartico (nel Mare di Ross la stagione invernale avanza più rapidamente che in altre aree costiere del continente come ad esempio la Penisola Antartica), le immagini satellitari fornite nelle bande dell’ottico dal satellite Sentinel-2 del Programma Europeo Copernicus, e una combinazione di immagini SAR (Sintetic Aperture Radar), acquisibili anche in caso di copertura nuvolosa, fornite sia dal satellite europeo Sentinel-1A che dai satelliti della missione Italiana che contribuisce al Programma Copernicus, Cosmo-Skymed, indicavano che il fronte di ghiaccio era oramai rimasto attaccato molto debolmente alla piattaforma galleggiante.

Prima che le condizioni di illuminazione solare diventassero sfavorevoli, Sentinel-2A ha catturato una serie spettacolare di immagini ottiche della piattaforma di ghiaccio Nansen dal dicembre 2015 al 1° aprile 2016 in cui si osserva la frattura estendersi ed aprirsi molto rapidamente. Il 1° aprile, la frattura ha raggiunto la sua lunghezza massima prima che il processo di distacco iniziasse. L’immagine radar catturata dal satellite Sentinel-1A il 6 Aprile, mostra che il giorno prima di recidere definitivamente il fronte di ghiaccio tra Isola Inexpressible (nel nord) e la lingua di ghiaccio Drygalski (a sud), la frattura aveva raggiunto la lunghezza di 40 km.

distacco avvenuto_i due iceberg“La zona di apertura era ancora trascurabile agli inizi del 2014 (30/1/14), ma tra aprile 2015 (10/4/15) e marzo 2016 (23/3/16) essa si e’ rapidamente espansa, passando da 11.68 km2 a 25.87 km2, oltre il doppio, segnalando come il distacco di grossi icebergs fosse oramai imminente”, sottolinea Flavio Parmiggiani, ricercatore dell’ISAC-CNR che negli ultimi decenni ha costantemente monitorato la regione Baia Terra Nova con lo scopo di studiare le interazioni tra atmosfera oceano e ghiaccio e che, utilizzando una combinazione di immagini CoSmo-SkyMed e Sentinel-1°, ha misurato le dimensioni della frattura. “Come già detto – prosegue Parmiggiani – alla fine il 7 di aprile la massa di ghiaccio si è definitivamente staccata dalla piattaforma galleggiante, formando due grossi icebergs che hanno iniziato a muoversi autonomamente. Le osservazioni effettuate con il sensore MODIS collocato sul satellite Terra della NASA ci permettono di collocare questo evento nell’intervallo tra le 03:45 e le 22:55 ore di quel giorno. Una conferma ulteriore dell’avvenuto distacco è fornita anche dall’immagine fornita dal satellite Sentinel-1A il 9 di aprile alle ore 11:02”.

La combinazione di immagini indica che la banchisa finalmente ha ceduto nel corso di un persistente evento di forte vento catabatico, iniziato il giorno prima. La frattura ha tagliato la piattaforma del Nansen lungo tutta la sua lunghezza, dando vita a due grandi icebergs aventi una lunghezza di 10 e 20 km e un diametro fino a 5. L’altezza di tali iceberg sul livello del mare potrebbe arrivare fino a 100 m. La separazione della massa di ghiaccio in due icebergs si è verificata lungo la giunzione dei due flussi di ghiaccio provenienti dai ghiacciai Priestley e Reeves che alimentano la piattaforma di Nansen. Tale frattura era ben visibile già nelle immagini pre-evento.

frattura ha raggiunto inexpressible_sentinel 1AGli icebergs sono attualmente alla deriva in direzione nord-est, soggetti al vento catabatico, alle maree, e alle correnti. Data l’attuale deriva, sembrerebbe attualmente che gli iceberg non costituiscano una minaccia immediata per le attività della stazione estiva italiana Mario Zucchelli e per la stazione permanente coreana Jan Bo Go, situate entrambe nella Baia di Terra Nova a una distanza di una decina di chilometri l’una dall’altra. Tuttavia gli iceberg potrebbero costituire una minaccia per i moorings che sono stati installati nel corso degli anni in quella zona di mare, siano quelli che fanno parte dell’osservatorio marino permanente del PNRA, messi a mare sin dagli anni 90, o quelli più recentemente installati da ricercatori marini neozelandesi.

Mark Drinkwater dell’Agenzia Spaziale Europea (e Chair dell’inter-agency Polar Space Task Group) sottolinea come “this event illustrates the complexity of the constantly evolving Antarctic icescape. Copernicus data already provide a critical source of sustained data for studying the impact of the climate on the polar cryosphere over the next decades”.

La combinazione unica di sensori ottici e sensori radar (SAR) in grado di acquisire immagini in ogni condizione di copertura nuvolosa, fornita dai satelliti Sentinel e Cosmo-skymed, hanno dimostrato di essere una preziosa fonte di dati pere lo studio di tali eventi, e permetterà ai gruppi di ricerca italiani di monitorare la risposta dinamica futura dei ghiacciai alla rimozione delle piattaforme di ghiaccio, permettendo di la modellazione di questi fenomeni e le nostre capacità predittive.

“Il distacco di iceberg dalle lingue e tavolati glaciali che si affacciano sulla costa del continente Antartico e un fenomeno che si ripete regolarmente, ma molto più raro è il distacco di masse di ghiaccio importanti come quelle cui abbiamo assistito nei giorni scorsi. Da quando l’Italia opera nella zona di Baia Terra Nova, cioè dal 1984, questa è la prima volta che si assiste a un evento di queste dimensioni, mentre un evento imponente accadde nel 2000 nel Mar di Ross – sottolinea Enrico Brugnoli, Direttore del Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente del CNR – È importante notare come oggi, grazie alla copertura spaziale e temporale offerta dai satelliti, sia possibile individuare questi fenomeni, monitorarne l’evoluzione e avere una certezza del giorno in cui il processo di distacco si è completato e la massa di ghiaccio ha iniziato a galleggiare liberamente in mare. I satelliti sono anche di primaria importanza per consentire il monitoraggio costante nei prossimi mesi del movimento e della posizione dei due iceberg formatisi, e quindi poter valutare il loro impatto sulle operazioni nella prossima spedizione Antartica australe del nostro Paese, prevista tra ottobre 2016 e febbraio 2017. Tra i satelliti utilizzati per questa analisi ricordo l’importanza della costellazione di sensori SAR in banda X COSMOskymed lanciata dall’Italia, e di cui è in fase di sviluppo la seconda generazione, una vera eccellenza tecnologica e scientifica nazionale. Grazie alla sinergia fra questi satelliti e i nuovi satelliti Copernicus, Sentinel 1 e Sentinel 2 lanciati recentemente da ESA, i ricercatori del CNR hanno potuto studiare il fenomeno sin dal suo inizio nel 2013/2014 e, grazie a speciali tecniche di analisi, valutare in termini quantitativi l’area della frattura e il suo lento crescere fino al momento del definitivo distacco”.

fonte: ufficio stampa

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