Roma, 24 settembre 2019 – In poco più di un anno l’epidemia di Ebola in Repubblica Democratica del Congo ha ucciso più di 2.000 persone e il tasso di mortalità è del 67%, paragonabile a quello dell’epidemia del 2014-2016 in Africa occidentale quando non erano disponibili trattamenti terapeutici né un vaccino altamente efficace. Per Medici Senza Frontiere (MSF) uno dei problemi principali è la lentezza delle attività di vaccinazione, anche a causa della mancata trasparenza sulle forniture da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. MSF chiede l’istituzione di un comitato indipendente per favorire una gestione più trasparente del programma di vaccinazione.
Almeno il 40% dei decessi è avvenuto in casa prima ancora che le persone fossero identificate come pazienti. Grazie agli sforzi del Ministero della Salute e dell’OMS, circa 225.000 persone sono state vaccinate con il rVSV-ZEBOV, un vaccino innovativo prodotto dalla Merck che ha dimostrato alti livelli di efficacia.
Questo numero resta però ampiamente insufficiente, come dimostra il fatto che l’epidemia continua a tornare in aree coperte dalla vaccinazione o rimaste per lunghi periodi senza nuovi casi. Solo una parte della popolazione eleggibile sta beneficiando del vaccino, mentre l’OMS continua a imporre limitazioni sul numero di dosi utilizzabili sul campo.
“Accelerare le vaccinazioni è necessario e fattibile: almeno 2.000-2.500 persone potrebbero essere vaccinate ogni giorno, invece delle 500-1.000 attuali. Abbiamo un vaccino sicuro ed efficace; abbiamo team pronti a intervenire; non abbiamo problemi con la catena del freddo; ci sono abbastanza dosi da coprire i bisogni attuali e oltre, come confermato dal produttore; e quando bene informata, gran parte della popolazione vuole essere vaccinata – dice la dott.ssa Isabelle Defourny, direttore delle operazioni MSF – Ma l’OMS sta limitando la disponibilità del vaccino sul campo e i criteri di eleggibilità per ragioni non chiare. Anche quando si tratta di operatori sanitari in prima linea, popolazione conosciuta e facilmente raggiungibile: in un hotspot dell’epidemia come Beni, quasi un terzo di loro ha dichiarato di non essere stato vaccinato”.
“La sfiducia e la resistenza delle comunità sono spesso indicate come il principale ostacolo nella lotta contro l’Ebola. In realtà, le persone cercherebbero le cure se avessimo detto loro in modo chiaro che possono ricevere trattamenti in grado di aumentare le loro probabilità di sopravvivere – spiega la dott.ssa Natalie Roberts, coordinatore MSF dell’Emergenza – Più persone verrebbero anche a farsi vaccinare se sapessero che possono essere protette dal virus grazie a un vaccino che si è dimostrato altamente efficace. Dobbiamo smettere di puntare il dito sulle comunità e garantire che più persone abbiano accesso a trattamenti e vaccini”.
Gli sforzi di MSF per aumentare l’accesso alla vaccinazione, in collaborazione con il Ministero della Salute e in linea con le raccomandazioni dello Strategic Advisory Group of Experts (SAGE) nel maggio 2019, sono state frustrate dagli stretti controlli sulle forniture e i criteri di eleggibilità imposti dall’OMS. Le équipe di vaccinazione di MSF in Nord Kivu sono spesso rimaste in attesa di ricevere una manciata di dosi riservate a persone incluse in una lista predefinita.
“Il tempo è un elemento essenziale in un’epidemia: le équipe mediche devono poter fornire tempestivamente trattamenti e vaccini – continua la dott.ssa Roberts – Se una madre si è presa cura di un figlio a cui è stata poi diagnosticata l’Ebola, non solo vogliamo trattare il figlio, ma anche fornire alla madre la profilassi post-esposizione e vaccinare tutta la comunità perché sia immune nel caso sviluppasse la malattia. Ma la nostra capacità di effettuare valutazioni in tempo reale e reagire di conseguenza è gravemente compromessa da rigidità del sistema difficili da capire. È come dare ai pompieri un secchio d’acqua per estinguere un incendio, permettendo loro di usarne solo un bicchiere al giorno. Vediamo continuamente contatti conosciuti di pazienti confermati che non hanno ricevuto il vaccino nonostante la loro eleggibilità”.
Queste restrizioni sembrano ingiustificate: il vaccino ha dimostrato di essere sicuro e di garantire un alto livello di protezione in un trial in Guinea nel 2015. In mancanza di un’approvazione normativa, il Ministero della Salute congolese e l’OMS hanno consentito l’utilizzo del vaccino grazie all’Expanded Access framework. La Merck ha recentemente affermato che oltre alle 245.000 dosi già consegnate all’OMS, è pronta a spedirne altre 190.000 se richieste e che ulteriori 650.000 dosi saranno disponibili nei prossimi 6-18 mesi.
“Per consentire il miglior uso di strumenti innovativi in un’epidemia, la trasparenza è chiave – conclude la dott.ssa Roberts – Come possiamo supportare le autorità congolesi nell’utilizzare questi strumenti, come possiamo aspettarci che le persone in Congo abbiano fiducia in un sistema che non è nemmeno trasparente con gli operatori in prima linea come MSF?”
MSF chiede la creazione urgente di un comitato internazionale e indipendente di coordinamento, basato sul modello del Gruppo di Coordinamento Internazionale creato nel 1997 e composto da MSF, Federazione Internazionale della Croce Rossa, Unicef e OMS, che è riuscito a gestire gravi epidemie di meningite, colera e febbre gialla con scorte limitate di vaccini. Il comitato riunirebbe i partner per migliorare il coordinamento sulla vaccinazione, aumentare la trasparenza nella gestione degli stock, condividere dati, facilitare un dialogo con i produttori e infine garantire che il vaccino venga fornito a tutte le persone a maggior rischio di esposizione al virus.
La diffusione del vaccino contro l’Ebola è una delle sfide attuali della Campagna per l’Accesso ai Farmaci di MSF, nata nel 1999 per promuovere l’accessibilità delle cure, stimolare ricerca e sviluppo di terapie innovative e abbattere le barriere politiche, economiche e legali che impediscono alle persone di ricevere i trattamenti di cui hanno bisogno.