Una ricerca dell’Università di Bari in collaborazione con l’ospedale “San Giovanni di Dio” di Melfi conferma per la prima volta al mondo i benefici di una semplice tecnica perinatale per la salute dei lattanti. Lo studio verrà presentato al XXX congresso della Società Italiana di Gastroenterologia Pediatrica (SIGENP) che si terrà a Matera dal 28 al 30 settembre
Milano, 12 settembre 2023 – Subito dopo la nascita – se il parto è naturale e regolare – il neonato viene appoggiato sul corpo della madre e lasciato lì ininterrottamente per circa due ore, a contatto di pelle: è la tecnica dello skin to skin contact.
Ora, ricercatori italiani hanno scoperto che con questo metodo è possibile ridurre drasticamente i casi di disturbi gastrointestinali funzionali del bambino – peraltro molto frequenti – nei mesi seguenti. Lo studio ha preso in considerazione 82 neonati (di un gruppo di 160, tutti venuti alla luce con parto vaginale) che nei tre mesi successivi al parto hanno presentato almeno una volta questi disturbi.
Quelli che non avevano beneficiato dello skin to skin contacterano chiaramente in maggioranza: 62,9% contro il 39,2%. Si erano ammalati quasi il 50% in più rispetto a quelli che avevano avuto le due ore di contatto di pelle. Ma la differenza diventava macroscopica se si consideravano le “sole” coliche infantili: queste hanno riguardato il 22,2% dei “non skin to skin” contro appena il 7,6% di coloro che avevano avuto il contatto di pelle con la madre. Ancora più marcati i benefici contro la dischezia (difficoltà a defecare e meteorismo) che ha colpito il 13,6% dei primi e solo il 3,8% dei secondi. Insomma, risultati che lasciano pochi dubbi.
Si parlava di skin to skin contact in termini positivi, e in diversi punti nascita la tecnica era consigliata, già da qualche anno; ma i benefici non erano del tutto provati. Certamente c’erano vantaggi psicologici; era stato accertato che a questa tecnica era correlato un aumento di produzione dell’ossitocina da parte della madre (effetti: un aiuto al seno per la lattazione e prevenzione di emorragie); ma si ignorava che questo metodo potesse prevenire i disturbi gastroenterici del bambino, anche a distanza di mesi.
Adesso questa ricerca, condotta all’Ospedale San Giovanni di Dio di Melfi (dott.ssa Casolino e dott. Saverio Di Marca) in collaborazione col Dipartimento Interdisciplinare di Medicina – Sezione di Neonatologia dell’Università “Aldo Moro” di Bari, apre nuovi scenari.
“I benefici dello skin to skin contact sono chiari – dice Mariella Baldassarre, professore Associato di Pediatria presso l’Università di Bari – ma per capire meglio occorreranno studi più vasti, su gruppi di pazienti più numerosi. E poi vanno indagati e chiariti i meccanismi per i quali lo skin to skin può sortire simili benefici. I fattori eziopatogenetici delle coliche infantili che potrebbero essere influenzati includono l’asse microbiota-cervello-intestino, la funzione di barriera epiteliale intestinale, l’infiammazione intestinale, la motilità intestinale, l’iperalgesia viscerale. Ma anche l’epigenetica va considerata. E così i meccanismi ossitocinergici, il sistema oppioide endogeno. Abbiamo aperto una strada ma c’è molto da approfondire”.
Tutti i particolari di questa ricerca verranno comunicati dai suoi autori nel corso del Congresso Nazionale della SIGENP – Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica, che si terrà a Matera dal 27 al 30 settembre prossimo, Congresso del quale è Presidente la prof.ssa Baldassarre insieme al prof. Angelo Campanozzi dell’Università di Foggia.
“Aver scoperto quali benefici può offrire una tecnica semplice da applicare come lo skin to skin contact è sicuramente importante. Ma non è l’unica novità che emergerà da questo Congresso che sarà fitto di comunicazioni sui progressi della pediatria su molti fronti: celiachia, malattia infiammatoria intestinale, allergie alimentari, nutrizione e fegato e altre cose” dice il prof. Claudio Romano, Presidente SIGENP.
“In più, vorrei anticipare che oltre alle novità scientifiche propriamente dette, dedicherà tempo e attenzione al problema dell’interazione e dell’integrazione tra pediatri del territorio e specialisti. I cittadini dovrebbero poter usufruire di un servizio sanitario che non li obblighi a doversi rivolgere sempre all’ospedale, magari lontano e affollato, in prima battuta, anche quando il bambino ha un problema non grave. Oggi purtroppo non è così. Noi pediatri intendiamo strutturarci in modo da risolvere questa situazione, per quanto in nostro potere”, conclude il prof. Romano.