È quanto afferma in un’intervista Annamaria Colao, tra i migliori cento Scienziati italiani nel mondo, nonché Docente di Endocrinologia e Oncologia molecolare e clinica dell’Università Federico II di Napoli
Taormina, 29 maggio 2015
Professoressa, quanto è complesso lo studio dell’endocrinologia di genere?
Ci si è progressivamente resi conto che molte patologie, comprese le endocrinopatie, sono segnate da importantissime differenze biologiche e cliniche. È evidente che molte endocrinopatie, come le patologie ipofisarie, i disordini metabolici e le tireopatie, prevalentemente quelle autoimmunitarie, colpiscono di più la donna, oppure si manifestano e hanno un decorso diverso rispetto alle stesse malattie nell’uomo. Quindi, innanzitutto è importante scoprire le cause e le differenze nei meccanismi patogenetici, e quindi lavorare sull’appropriatezza delle cure, cioè sul disegno di protocolli diagnostici e terapeutici personalizzati in funzione del genere. Un classico esempio è quello delle malattie cardiovascolari, che si presentano più tardivamente nella donna rispetto all’uomo (anche grazie all’effetto protettivo degli estrogeni), ma la mortalità nelle donne è spropositatamente maggiore.
Nell’ambito delle patologie ipofisarie, quali rappresentano esempi di endocrinopatie con differenza di genere?
Certamente quelle che coinvolgono l’asse GH-IGF-I. Il genere è, infatti, un fattore rilevante nella secrezione di GH ed IGF-I. Nella popolazione generale la secrezione spontanea di GH è più alta nelle donne rispetto agli uomini, e d’altra parte le donne affette da ipopituitarismo che praticano terapia sostitutiva con gli estrogeni necessitano di dosaggi di GH più elevati rispetto agli uomini per raggiungere e mantenere normali livelli di IGF-I. Inoltre, le differenze di genere nella secrezione e nei livelli circolanti di GH si manifestano contestualmente alle differenze di genere nell’accrescimento, ed è noto che gli androgeni aumentano i livelli sierici di IGF-I indirettamente attraverso l’aumento dei livelli di GH. Inoltre, i livelli di GH sono più alti e secreti in maniera più irregolare nelle donne sane rispetto agli uomini. Di contro, le donne affette da acromegalia presentano livelli di IGF-I più bassi rispetto agli uomini.
Le differenze nei livelli di IGF-I tra i due generi si traducono in differenze nel quadro clinico?
Sicuramente sono note differenze di genere in termini di complicanze sistemiche dell’acromegalia. Le donne affette da acromegalia mostrano una maggiore prevalenza di sindrome metabolica, nonché livelli di insulinemia a digiuno, di HOMA-IR e di visceral adiposity index più alti e di conseguenza valori di insulin sensitivity index (ISI) più bassi rispetto agli uomini, senza significative differenze nei valori di glicemia a digiuno, HbA1c e dell’indice insulinogenico tra i due sessi. Il fenomeno è ancor più evidente nelle donne in età postmenopausale, che presentano una maggiore prevalenza di sindrome metabolica, obesità e diabete mellito conclamato rispetto alle donne in età pre-menopausale. Al contrario, l’ipertensione arteriosa interessa entrambi i sessi in uguale misura, e il rate di mortalità nella popolazione italiana di pazienti con acromegalia non mostra significative differenze tra i due sessi.
fonte: ufficio stampa