Disturbi del sonno e dell’umore, limitazioni del movimento e delle possibilità di svago sono le principali conseguenze della sofferenza per le pazienti che hanno subìto un intervento di mastectomia, ovariectomia e isterectomia. Fondamentale un corretto trattamento analgesico, in base all’intensità e alla tipologia del dolore, per garantire alle donne il diritto a non soffrire. Onda presenta i risultati di un’indagine condotta in 4 ospedali del capoluogo lombardo e realizza un opuscolo informativo sulle opzioni terapeutiche disponibili
Milano, 21 dicembre 2016 – Il 58% delle donne sottoposte a intervento chirurgico a seguito di una diagnosi di tumore mammario, ovarico o all’utero, lamenta nella fase postoperatoria un dolore bruciante, che provoca una sensazione di intorpidimento o simile a punture di spillo: una sofferenza che, per 1 paziente su 5, è di grado severo. Sul fronte della terapia analgesica, il paracetamolo è il farmaco più utilizzato per il trattamento del dolore di lieve entità, mentre per le manifestazioni algiche più intense è maggiore il ricorso agli oppioidi.
Questo il quadro che emerge da un’indagine dell’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda) su un campione di 74 donne, di età compresa tra i 30 e i 75 anni, che hanno subìto una mastectomia, ovariectomia e/o isterectomia presso 4 ospedali milanesi (Istituto Nazionale dei Tumori, Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Istituto Europeo di Oncologia e Istituto Clinico Humanitas).
Secondo la survey, nel periodo post chirurgico quasi la metà delle intervistate soffre di un dolore continuo (22%) o più volte al giorno (27%), perlopiù circoscritto alla zona dell’intervento. La sofferenza di grado più elevato si registra nelle donne sottoposte a ovariectomia (28%) e isterectomia (27%): sono queste a seguire più frequentemente una terapia analgesica (rispettivamente 75% e 81%, contro il 51% delle pazienti reduci da asportazione della mammella). Tra i farmaci impiegati, il paracetamolo viene prescritto dal chirurgo oncologo in oltre 9 donne su 10 a seguito di una mastectomia, mentre gli oppioidi trovano un più ampio utilizzo nel decorso postoperatorio dopo intervento alle ovaie (52%) e all’utero (57%).
“I dati della nostra indagine rivelano come il dolore post chirurgico da mastectomia, ovariectomia e isterectomia sia vissuto dalle pazienti diversamente in termini di intensità, con ripercussioni su molteplici aspetti della quotidianità, dalla qualità del sonno (29%), alle limitazioni delle attività di svago (21%) e del movimento (20%) e sull’umore (20%) – afferma Francesca Merzagora, Presidente di Onda – Indipendentemente dalla gravità della sofferenza, la sua gestione è un tema cruciale, su cui è fondamentale sensibilizzare sia la classe medica, per garantire a tutte le donne di affrontare l’intervento con maggiore serenità, sia le stesse pazienti: a tale proposito, Onda ha realizzato un opuscolo, che sarà distribuito negli ospedali coinvolti nella ricerca, per informare l’utenza femminile sulle diverse opzioni terapeutiche disponibili”.
“Il controllo del dolore postoperatorio assume un ruolo fondamentale nella gestione delle pazienti sottoposte a chirurgia sull’apparato genitale – commenta Nicoletta Colombo, Direttore Programma Ginecologia Oncologica presso l’Istituto Europeo di Oncologia – Con l’avvento di percorsi preoperatori accelerati e dimissioni precoci, è importante garantire alla donna tutto il supporto necessario per un rientro a domicilio senza sofferenza. L’utilizzo di oppioidi permette il miglior controllo del dolore post chirurgico in ginecologia e la ricerca dimostra come con il loro impiego si possa ottenere una gestione soddisfacente nella maggior parte delle pazienti. ‘Non soffrire’ dopo un intervento in ginecologia oncologica è un diritto di tutte le donne, al fine di migliorare il vissuto di una esperienza già traumatica per sé e consentire un rapido ed efficiente reinserimento nelle attività della vita quotidiana”.
“L’intervento di mastectomia e ricostruzione è più superficiale e non apre nessuna cavità, quali il torace o l’addome, causando pertanto meno dolore nella fase postoperatoria – aggiunge Mario Rietjens, Direttore di Struttura Complessa, Divisione di Chirurgia Plastica presso l’Istituto Europeo di Oncologia – Per questo motivo, la terapia analgesica viene fatta, nella maggioranza dei casi, con il paracetamolo. Qualora, però, si manifesti un dolore più intenso, è necessario aggiungere anche degli oppiacei. L’aspetto importante è che tutte le pazienti devono avere una terapia antidolorifica ad hoc per non avere disturbi nella loro routine quotidiana”.
“Un obiettivo indispensabile da porsi per tutti i nostri pazienti dovrebbe essere l’eliminazione del dolore nelle viarie fasi della malattia – precisa Armando Santoro, Direttore Cancer Center Oncologia medica presso l’Istituto Clinico Humanitas – Se in campo oncologico notevoli progressi sono stati fatti nell’ultimo decennio, con una sempre maggiore presa di coscienza del problema, forse l’ambito post-chirurgico resta ancora un campo in cui è possibile migliorare l’attuale gestione del dolore. Probabilmente vi è ancora da parte del medico, soprattutto per interventi considerati poco invasivi, come la tumorectomia mammaria con linfonodo sentinella, un’errata percezione dei sintomi che possono essere collegati all’atto chirurgico e che sono spesso amplificati dalla concomitante diagnosi di tumore con le ovvie ripercussioni psicologiche. L’indagine di Onda permette di evidenziare tali problematiche e ci costringe a una riflessione sulla gestione delle pazienti. Emerge chiaramente come, in particolare per le donne operate per forme mammarie, vi sia una sottovalutazione del dolore e come le prescrizioni di antidolorifici siano spesso non adeguate. Non ricorrere a tutte le procedure corrette per eliminare questa, come qualunque altro tipo di sofferenza, non è giustificato e probabilmente non è etico, soprattutto quando tale obiettivo è raggiungibile con interventi medici assolutamente banali. Mi auguro che i risultati di tale indagine consentano a tutti noi medici una più informata presa di coscienza e ci spingano ad una modifica del nostro atteggiamento nella gestione del dolore post-chirurgico”.
“Certamente l’intervento per neoplasie ovariche e/o uterine è gravato da un maggior dolore rispetto alla chirurgia mammaria. Un 20% di sofferenza ad alta intensità è un ‘campanello d’allarme’ e necessita in futuro di un più preciso controllo mediante una terapia prevalentemente con oppioidi o derivati, più adeguata e mirata”, sostiene Mauro Signorelli, medico dell’Unità di Oncologia Ginecologica dell’Istituto Nazionale dei Tumori.
“L’indagine di Onda sul dolore postoperatorio è esemplare perché chiaramente leggibile da ogni persona coinvolta, anche se non strettamente legata allo staff sanitario, ed è stata svolta valorizzando le percezioni reali della paziente in ospedale. Siamo lieti di questa costruttiva collaborazione con il Niguarda Cancer Center”, conclude Salvatore Siena, Direttore S.C. Oncologia Falck e Dipartimento di Ematologia e Oncologia, Niguarda Cancer Center, Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano.
fonte: ufficio stampa