Il decreto legislativo approvato dal Governo il 26 agosto non risparmia però norme pesanti e preoccupanti per le altre categorie di Dirigenti. La Cosmed ritiene indispensabili profonde modifiche per impedire la totale precarizzazione della Dirigenza
Roma, 30 agosto 2016 – Il decreto delegato della riforma della P.A. sulla dirigenza pubblica ha confermato che il provvedimento non riguarda la Dirigenza sanitaria del Ssn e la dirigenza scolastica (art.1 comma 2: Il presente decreto non si applica ai dirigenti scolastici, né ai dirigenti medici, veterinari e sanitari del Servizio sanitario nazionale, per i quali rimane ferma la vigente disciplina).
Visti i contenuti fortemente punitivi del decreto i dirigenti medici e sanitari del Ssn hanno buoni motivi per rallegrarsi del pericolo scampato, almeno per il momento.
Evidente lo scopo finanziario del provvedimento che mira esplicitamente alla “graduale riduzione del numero complessivo dei dirigenti”.
Si ipotizza di ‘risparmiare’ 1 miliardo di euro da questo provvedimento una cifra enorme se rapportata ad una consistenza della dirigenza interessata (5.000 dirigenti dello Stato e 20.000 dirigenti degli enti locali fra cui i dirigenti tecnico/amministrativi della Sanità). In realtà non si persegue alcun efficientamento della macchina pubblica e si avvia ad un inevitabile contenzioso di notevoli dimensioni.
Più che una riforma si tratta di una finanziaria supplementare con tanto di tagli aggiuntivi. Le nuove assunzioni sono sottoposte ad un macchinoso iter autorizzativo: determinazione del fabbisogno triennale, ricognizione e autorizzazione annuale da parte del Dipartimento della funzione pubblica.
Sono previsti corsi-concorsi anche in quei settori che non lo prevedevano (Regioni ed Enti locali e dirigenza PTA del SSN) andando ad ingrossare le fila di vincitori di concorso e di dirigenti potenziali precari o non utilizzati, mentre non viene fatto cenno del destino delle graduatorie esistenti che scadono il prossimo 31 dicembre.
Si assiste ad una sistematica precarizzazione di questa Dirigenza assunta con con-tratto a tempo determinato per quattro anni in attesa di stabilizzazione successiva. Non solo i nuovi assunti ma anche i dirigenti di ruolo vengono di fatto precarizzati perché devono guadagnarsi un incarico quadriennale. Pesanti penalizzazioni per i dirigenti senza incarico che dopo soltanto un anno perdono un terzo della retribuzione. Se si considera che dopo oltre venti anni dalla riforma Bassanini i dirigenti senza incarico sono ancora una percentuale molto elevata (perché di fatto, seppur fino ad oggi illegittimamente – da domani sarà invece legittimo – la politica ha usato l’incarico in funzione di spoils system) la dirigenza va incontro a inopinate decurtazioni stipendiali.
Lo scandalo dei dirigenti senza incarico evidente esempio di spreco di risorse umane, di professionalità e di denaro pubblico nonché di inefficienza delle Amministrazioni viene usato per fare cassetta. Anziché obbligare le Amministrazioni a conferire gli incarichi evitando incarichi vacanti o incarichi cumulati in capo alle medesime persone, e riservare la revoca degli incarichi esclusivamente alle valutazioni negative e alle ristrutturazioni (quelle però effettivamente necessarie e non fatte, come spesso accade, anch’esse per spoils system) si usa l’incarico dirigenziale per riduzioni stipendiali anticamera del licenziamento o della retrocessione a funzionario.
Assurda poi la norma della rotazione degli incarichi resa – indipendentemente da effettivi eventi corruttivi – obbligatoria ogni quattro anni che non tiene conto delle effettive dotazioni organiche degli uffici dirigenziali e quindi delle elevate competenze, delle necessarie specializzazioni e del valore dell’esperienza.
Da ultimo il dirigente pubblico è privato delle previsioni dell’art. 2103 del codice civile (garanzia di impiego nelle mansioni per cui è stato assunto e sul trasferimento per mobilità).
A fronte di tante penalizzazioni in caso di valutazione negativa, nessun incentivo è corrisposto in caso di valutazione positiva. Neppure la conferma senza rotazione nelle funzioni svolte.
Su valutazioni, programmazione e affidamento degli incarichi, opera una commissione nazionale fatta di autorità in maggioranza di nomina politica centrale (anche per regioni ed enti locali) che propone all’organo politico terne per la scelta degli incarichi di direzione generale decidendo per i rimanenti. Questo fatto costituisce un evidente pericolo per l’autonomia e l’indipendenza della pubblica amministrazione e facilita operazioni di spoils system.
Una dirigenza itinerante e precaria sempre sotto ricatto.
Pesanti ipoteche inoltre sono poste sul prossimo contratto di lavoro, la retribuzione variabile dovrà arrivare almeno al 50% e quella di risultato ad almeno il 30% (60 e 40% per gli incarichi di direzione generale) assorbendo tutti gli aumenti stipendiali futuri, fermo restando il mantenimento del trattamento fondamentale in godimento (anche perché le risorse sono estremamente scarse e quindi non si potrà di fatto raggiungere le percentuali di cui sopra per molti anni). Si svuota la contrattazione collettiva e si enfatizza quel salario variabile tagliato sistematica-mente nelle leggi di stabilità compresa quella per l’anno corrente. Davvero difficili saranno i rinnovi contrattuali con questi macigni messi a premessa.
È un decreto in evidente continuità con lo spirito, l’ideologia e le iniziative del precedente Ministro Brunetta.
Adesso il provvedimento passa all’esame del Consiglio di Stato, della Conferenza Stato Regioni e Stato città, nonché delle Commissioni parlamentari per essere varato definitivamente entro il 27 novembre 2016. In quelle sedi sarà necessario apportare significative modifiche auspicando che Regioni ed autonomie locali, totalmente espropriate di ogni funzione di governo del sistema, si adoperino per correggere le principali storture (art.2 comma 6: il Ruolo dei dirigenti regionali e il Ruolo dei dirigenti locali sono istituiti previa intesa, rispettivamente, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, e in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali).
Resta da definire il ruolo e le funzioni di oltre duemila dirigenti sanitari che operano alle dipendenza di Enti statali (Ministero della salute, Aifa, Inps e Inail e altri Enti) che devono essere equiparati ai dirigenti sanitari del SSN sia per quanto riguarda il reclutamento che per le modalità di conferimento degli incarichi, sviluppando le previsioni troppo vaghe del decreto stesso (art.2 comma 5: in ciascuno dei ruoli della dirigenza possono essere costituite sezioni speciali, per le categorie dirigenziali professionali e tecniche individuate dal Regolamento di cui all’articolo 28-sexies).
Questa riforma rischia di consegnarci una dirigenza intimidita e demotivata, alla quale nessuna delle riforme succedutesi negli ultimi 25 anni ha voluto effettivamente dare poteri autonomi di gestione di risorse umane e finanziarie ed usata invece come capro espiatorio della crisi del Paese. Inevitabili le ripercussioni negative sul servizio pubblico.
fonte: ufficio stampa