Per la Giornata nazionale rivolta alla sensibilizzazione verso i Disturbi Alimentari – DA, l’Associazione di dietetica e nutrizione clinica prende in esame i recenti studi sul ruolo del microbiota nella insorgenza, nel mantenimento e nel trattamento dei disordini alimentari
Roma, 14 marzo 2019 – Non più solo malattie psichiatriche, ma vere e proprie patologie organiche che potrebbero trovare un sostegno terapeutico nei batteri che abitano l’intestino. È la speranza che arriva dalle ultime ricerche scientifiche sui disturbi del comportamento alimentare e la loro possibile correlazione con il microbiota intestinale e che potrebbero fornire nuovi spunti per migliorare i trattamenti attuali e allo stesso tempo sviluppare nuove possibilità di interventi terapeutici.
L’ADI – Associazione italiana di Dietetica e Nutrizione clinica prende in esame questi nuovi studi in occasione della Giornata nazionale dei Disturbi del Comportamento Alimentare, al fine di sensibilizzare la popolazione su questo genere di patologie trattate fino ad oggi spesso e soltanto come “malattie della mente”.
“I trattamenti clinici sviluppati negli ultimi anni si sono concentrati sulle componenti psicologiche e sociali dei disturbi alimentari – dichiara Massimo Vincenzi, vicesegretario ADI e coordinatore del gruppo sui DA – Una parte sempre più crescente di letteratura sta prendendo in esame, anche, il ruolo del microbiota intestinale nella progressione dei DA, dimostrando come i batteri dell’intestino possano agire sul cervello e modificare il controllo dell’appetito, delle modalità comportamentali, ecc. Nell’anoressia, per esempio, si è visto come questo tipo di disturbo possa cambiare la composizione del microbiota, contribuendo all’insorgere di ansia, depressione e ulteriore perdita di peso. Non si può ancora parlare di causa-effetto, ma indagare sugli organismi che abitano la nostra pancia resta un filone molto attivo nella ricerca con risvolti pratici che potrebbero sicuramente aiutarci nella cura dei DA”.
Il microbiota intestinale potrebbe rivelarsi quindi il collegamento tra fattori psicologici e fattori biologici nei disturbi alimentari, e contribuire a dimostrare come regimi alimentari scorretti, diete restrittive e improvvisate possano essere una delle cause scatenanti dell’insorgenza delle patologie collegate al cibo.
“Oltre il 90% dei casi di disturbi dell’alimentazione compare dopo aver effettuato una dieta. Quando si comincia una dieta ipocalorica, soprattutto se non bilanciata, l’organismo reagisce attivando l’utilizzazione di energie e risorse supplementari allo scopo di procurarsi altro cibo – aggiunge Massimo Vincenzi – Nella fase iniziale di perdita di peso la persona si sente bene, ma col passare del tempo le carenze nutrizionali finiscono con il determinare alterazioni dell’umore che inducono una restrizione sempre maggiore nell’intento di ritrovare lo stato di benessere iniziale ma anche una ulteriore perdita di peso, innescando meccanismi che possono far sì che si sfoci nell’anoressia oppure nella bulimia”.
“È importante seguire i consigli di professionisti accreditati e di specialisti quando si decide di seguire una dieta; non affidarsi a profili improvvisati o intercettati magari sui social network che prescrivendo diete incongrue provocano gravi danni sia a livello psicologico che fisico – sottolinea Giuseppe Malfi, presidente ADI – Per questo come associazione abbiamo espresso il nostro plauso alla proposta di legge della sen. Maria Rizzotti sui DA, sostenendo in particolare le disposizioni introdotte sull’utilizzo dell’immagine femminile per campagne pubblicitarie nonché le sanzioni a carico delle agenzie di moda e pubblicitarie che si avvalgono di modelle che non presentano certificato medico o il cui certificato medico attesta una condizione di grave magrezza o di forte sottopeso”.