Distonia, le mutazioni genetiche svelano diverse forme della malattia. Nuove prospettive di cura

Pubblicato uno studio congiunto della Scuola Sant’Anna di Pisa, dell’Istituto Besta di Milano e di altri partner internazionali che collega le mutazioni genetiche alle disfunzioni nel cervello nella distonia

Pisa, 12 febbraio 2025 – Qual è il ruolo della genetica in malattie neurologiche come la distonia? Uno studio pubblicato sulla rivista Annals of Neurology, coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dalla Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, ha collegato le mutazioni genetiche alle disfunzioni del cervello nella distonia, individuando due famiglie genetiche che portano a forme neurali diverse della malattia e che potrebbero avere bisogno di due cure distinte.

Che cos’è la distonia

La Distonia è un disordine neurologico caratterizzato da contrazioni muscolari involontarie che producono movimenti o posture anomale, spesso associati a dolore. Colpisce migliaia di persone in Italia. Le cause, la gravità e le manifestazioni della distonia sono molteplici, tanto che è corretto parlare di sindromi distoniche.

Finora sono stati individuati molti geni associati alle sindromi distoniche. Ma come fanno geni differenti a produrre sintomi motori simili? “Abbiamo analizzato i dati neurali di trentuno pazienti distonici con nove profili genetici distinti, e abbiamo scoperto che geni diversi possono portare a effetti molto simili a livello di attività dei neuroni” spiega il dott. Ahmet Kaymak, Dottorando di biorobotica alla Scuola Sant’Anna di Pisa e primo autore dello studio.

Le attuali cure funzionano solo su alcune tipologie di geni

La presenza di diverse tipologie genetiche può portare quindi alla stessa patologia e agli stessi disordini del movimento. Ma lo studio Sant’Anna-Besta mostra anche altre evidenze scientifiche: di questi corredi genetici infatti, solo quelli con determinate caratteristiche possono essere curati con le attuali terapie di neurostimolazione.

“Abbiamo osservato che circa la metà dei geni causa un’attività dei neuroni molto regolare, e l’altra metà un’attività molto irregolare. Ci siamo poi resi conto che i geni per cui funzionano le terapie di neurostimolazione appartengono tutti al secondo gruppo. Questo ci suggerisce che la regolarità dell’attività neuronale sia una delle chiavi per l’efficacia della cura”, aggiunge il prof. Alberto Mazzoni del Sant’Anna di Pisa.

“L’importanza clinica di questo studio risiede nella possibilità di usare questo metodo di analisi delle caratteristiche individuali dell’attività cerebrale per le terapie di stimolazione cerebrale adattativa, sempre più orientate alla cura personalizzata per i pazienti con disordini del movimento, quali distonia e malattia di Parkinson” spiega il dott. Luigi Romito, Neurologo presso il Dipartimento di Neuroscienze Cliniche diretto dal prof. Roberto Eleopra dell’Istituto Neurologico Carlo Besta.

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