Dopo il mese delle intolleranze al glutine ADI traccia un primo bilancio della campagna e introduce nuovi spunti di riflessione anche alla luce dell’ultima Digestive Disease Week (DDW) di Washington
Sono 310 le farmacie che hanno aderito lo scorso mese alla campagna di sensibilizzazione sulle intolleranze al glutine in tutto il territorio italiano, ospitando gli incontri tra gli esperti ADI e la popolazione per consulti nutrizionali e informativi. Inoltre, più di 100 tra nutrizionisti (ADI) e gastroenterologi (AIGO) hanno risposto telefonicamente ai dubbi e alle curiosità della gente interessata.
A pochi giorni dalla fine del mese delle intolleranze al glutine, l’ADI – Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica, traccia un primo bilancio dell’iniziativa promossa in collaborazione con Schär e introduce nuovi spunti di riflessione sui trattamenti terapeutici dall’ultimo DDW (Digestive Disease Week), il più grande congresso di gastroenterologia e nutrizione americano, a cui alcuni esperti ADI hanno preso parte.
“Le domande più frequenti rivolte agli specialisti medici e dietisti, impegnati nella campagna hanno dimostrato quanto fondamentale siano la corretta informazione e il counseling dietetico, operati da un medico specializzato o da un Dietista esperto sulla malattia, sia verso i pazienti interessati che verso i genitori dei bambini celiaci – commenta Antonio Caretto, presidente ADI – La maggior parte dei partecipanti, ha infatti, sollevato dubbi su come arrivare alla diagnosi, sugli esami da effettuare, sulle figure mediche da consultare e soprattutto sulla possibilità di concedersi ogni tanto qualche strappo nella dieta”.
ADI, sottolinea pertanto come le incertezze correlate a questo genere di disturbi siano aumentate in sintonia a un reale incremento della sensibilità al glutine (NCGS) e della malattia celiaca (fino a 5 volte soprattutto nei bambini). Le cause sono probabilmente legate a un aumento del consumo di grano, a una modificazione della qualità del frumento e del glutine presenti nei prodotti, nonché all’aumentato impiego del glutine da parte della food industry come additivo o come riempitivo e in ultimo da un notevole miglioramento delle tecniche diagnostiche che hanno permesso di fare chiarezza nel disordine generale.
“È importante essere al corrente che grazie ad apposti test clinico-strumentali e adeguati algoritmi oggi è, infatti, possibile diagnosticare con maggiore facilità e precisione la malattia celiaca, porre una diagnosi di sensibilità (NCGS), oppure mediante breath test diagnosticare intolleranze al lattosio, al sorbitolo, al fruttosio o stabilire la presenza o meno di un crescita abnorme e patologica dei batteri intestinali – dichiara Massimo Vincenzi, medico gastroenterologo e membro di ADI – Altri metodi come il Vega test, il Cytotest sono stati proposti per saggiare presunte intolleranze alimentari soprattutto nel tentativo di poter suggerire un’opzione terapeutica nel campo del sovrappeso-obesità, ma non hanno mai raggiunto un livello di evidenza scientifica per cui non hanno ricevuto l’imprimatur della scienza ufficiale.
Considerata la somiglianza di alcuni sintomi che legano la celiachia a disturbi come la sindrome dell’intestino irritabile, molte persone tendono a fare confusione e ricorrono ad autodiagnosi affrettate e scorrette. ADI, pertanto, ricorda come sia fondamentale rivolgersi a personale sanitario competente e soprattutto non lasciarsi tentare dalle false e pericolose mode delle diete gluten free, con la convinzione che l’eliminazione del glutine dalla dieta possa migliorare lo stato di salute e favorire la perdita di peso.
“La terapia da applicare nel campo delle patologie glutine-correlate correttamente accertate resta essenzialmente quella dietetica – sottolinea Vincenzi, che di recente ha partecipato all’ultimo DDW di Washington – I ricercatori statunitensi sono comunque sempre più interessati a sviluppare terapie non dietetiche come ad esempio l’impiego del larazotide acetato, un peptide che modula le tight junction intestinali; confrontato in uno studio randomizzato e controllato con il placebo sembra poter ridurre i sintomi intestinali e non nei pazienti celiaci.
fonte: ufficio stampa