A svelarlo uno studio firmato Cnr-Ibbc, pubblicato su Disease Models & Mechanisms. La mutazione patologica di Ccdc151 sarebbe una causa della discinesia ciliare primaria (DCP), seconda malattia congenita, per frequenza, dell’apparato respiratorio e causa di problematiche quali la sterilità maschile e l’idrocefalo nei nuovi nati
Roma, 16 ottobre 2019 – Chi ne soffre sviluppa spesso bronchite cronica con successive bronchiectasie, accompagnate talvolta da sinusite cronica, poliposi nasale e otite. Sono solo alcuni dei sintomi della discinesia ciliare primaria (DCP), per frequenza, la seconda malattia congenita dell’apparato respiratorio dopo la fibrosi cistica: in Italia ad esserne colpito sarebbe un abitante su 15.000. Si manifesta soprattutto nel periodo neonatale, con problemi respiratori e infezioni ricorrenti.
Una delle cause di questa malattia, su base genetica, è dovuta a mutazioni patologiche del gene Ccdc151. A scoprirlo, un team di ricercatori dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare (Cnr-Ibbc) e dell’Infrastruttura IMPC-Mouse Clinic (Progetto internazionale per la fenotipizzazione dei modelli murini) del Consiglio nazionale delle ricerche, grazie a una ricerca, Functional loss of Ccdc151 leads to hydrocephalus in a mouse model of primary ciliary dyskinesia, pubblicata anche in copertina su Disease Models & Mechanisms.
“Classificata come ciliopatia – spiega Olga Ermakova, del Cnr-Ibbc – la DCP è dovuta a difetti ciliari. Le cilia sono microscopici organelli cellulari, il cui continuo movimento serve a far circolare i liquidi fisiologici nell’organismo. Difetti nella motilità possono provocare alterazioni del trasporto mucociliare nell’apparato respiratorio, riduzioni del movimento del liquido cerebro-spinale del sistema nervoso, variazioni nell’orientamento di organi e anche diminuzioni della motilità degli spermatozoi, fino a sterilità. L’inattivazione del gene Ccdc151 nel topo ci ha confermato che sarebbe questa la sede della causa genetica delle variazioni nell’orientamento di organi, dell’infertilità maschile e dell’induzione di idrocefalia nei nuovi nati”.
In particolare, il modello murino ha consentito di studiare i meccanismi che portano all’idrocefalia e all’infertilità. “Questo modello è importante anche per lo studio del ruolo del gene Ccdc151 nel processo di invecchiamento di diversi organi e tessuti – affermano Francesco Chiani e Tiziana Orsini del Cnr-Ibbc – La sua mutazione patologica è stata ‘costruita’ dai ricercatori in modo tale da essere ‘accesa’ o ‘spenta’ in vari tessuti e in tempi ben precisi, così da verificare i possibili rapporti causa-effetto. Inoltre la disponibilità di un modello animale così similare alla patologia umana speriamo permetta di sviluppare in futuro nuovi approcci alle terapie per questa malattia genetica”.
Questo studio fa parte integrante del Progetto scientifico internazionale globale International Mouse Phenotyping Consortium (IMPC), istituito per condividere tra i ricercatori di tutto il mondo modelli modificati per singoli geni e informazioni che consentano di condurre studi sul coinvolgimento genetico nell’insorgenza di una malattia.
“La nuova infrastruttura internazionale Mouse Clinic di Monterotondo, creata e sviluppata dal Cnr, è parte integrante di quest’iniziativa scientifica mondiale con i modelli preservati nell’European Mouse Mutant Archive (EMMA) di Monterotondo”, concludono i ricercatori.