“Coppia Senza Barriere”. L’impegno dell’andrologo e del ginecologo per superare gli ostacoli del terzo millennio
Gallipoli, 31 ottobre 2015 – Secondo l’ultima relazione presentata al Parlamento dal Ministro della Salute il 26 giugno 2015, il numero complessivo di coppie trattate nei 369 centri italiani è in lieve diminuzione (73.570 nel 2011 contro 71.741 nel 2013), rispetto all’aumento costante registrato a partire dal 2005. “Si è rilevata in particolare una costante diminuzione degli accessi all’inseminazione intrauterina (20.012 nel 2011 e 17.218 nel 2013) – dice il prof. Lamberto Coppola, Direttore del Centro Tecnomed di Nardò e Presidente del terzo Congresso Nazionale degli Andrologi Italiani, in svolgimento in questi giorni a Gallipoli – e di conseguenza delle gravidanze ottenute con questa tecnica semplice. Si registra però, per i casi più gravi e non altrimenti risolvibili, un lieve aumento dell’applicazione della tecnica ICSI (Intra Cytoplasmatic Sperm Injection) che fa aumentare complessivamente il numero assoluto di nati vivi, (12.187 nel 2013 a fronte di 11.933 del 2011) ma che non è riuscito comunque a raggiungere il picco ottenuto nel 2010 (12.506)”.
Ma la diminuzione delle inseminazioni intrauterine hanno un significato molto preciso e sono salutate benevolmente dal presidente dell’Associazione Andrologi Italiani, prof. Aldo Franco De Rose, della Clinica Urologica di Genova. “Questa diminuzione vuol dire che nascono più bambini da fecondazioni e gravidanza naturali dopo un rapporto sessuale. Infatti, chi si avvicina alla inseminazione intrauterina ha spesso i parametri seminali modestamente alterati o normali. In questi casi il ruolo degli andrologi è determinante in quanto è l’unico in grado di migliorare e potenziare la capacità fecondante dello spermatozoo”.
“Questo – dice il prof. Aldo Franco De Rose – potrà avvenire con l’aiuto di terapie mediche, ma anche con tecniche chirurgiche e microchirurgiche operando il varicocele che, comunque, a oggi rappresenta la causa più infrequente di infertilità maschile, oppure provvedendo a ripristinare la via seminale degli spermatozoi, spesso interrotta a causa di infezioni a livello dell’epididimo, ma anche a livello del deferente (la continuazione del primo tubicino) o dei dotti eiaculatori, spesso ostruiti o fortemente infiammati a causa delle prostatiti. Non bisogna infatti dimenticare che le infiammazioni della ghiandola prostatica, quando non crea ostruzione della via seminale, bloccando il passaggio degli spermatozoi, altera enormemente la qualità degli stessi spermatozoi e quindi la loro capacità fecondante.
Nell’ultimo anno, su 124 coppie infertili osservate, ben 45 hanno abbandonato il percorso di fecondazione assistita, consigliato dal ginecologo della partner, e si sono rivolte all’andrologo per le cure del maschio. Per contro aumentano anche le coppie che iniziano la ricerca del primo figlio in età avanzata, da 40 anni in su, quando le possibilità di ottenere una gravidanza naturale sono più basse anche con l’aiuto di terapie mirate.
“L’aumento dell’età media della donna che si rivolge ai centri di PMA – dice il prof. Claudio Manna, Ginecologo e Direttore del Centro Genesis, Roma – rende la situazione clinica sempre più complessa perché le probabilità di gravidanza si riducono drasticamente e la personalizzazione estrema dei percorsi in questi casi per offrire risultati accettabili è molto costosa da numerosi punti di vista. Differenze molto elevate in percentuali di gravidanze tra vari centri di PMA negli stessi gruppi di età elevata rendono problematica la loro interpretazione”.
fonte: ufficio stampa