Dialoghi tra cellule, la chiave per individuare nuovi biomarcatori e bersagli terapeutici

La ricerca di Fondazione Policlinico Gemelli-IRCCS da oggi può contare sulla nuova facility Multiplex Spatial Imaging (MSI), la più avanzata in Italia al momento, per la dotazione di tecnologie di ultima generazione che consentono lo studio della proteomica e della trascrittomica, direttamente nel tessuto in esame; ricerche che potrebbero portare a individuare nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce e nuovi target terapeutici per tante malattie. Un nuovo tassello d’eccellenza che si aggiunge a GSTeP, il parco tecnologico del Gemelli, uno dei primi in Italia

Roma, 17 giugno 2024 – Studiare in dettaglio non solo la singola cellula, ma i suoi ‘rapporti di vicinato’, le sue ‘conversazioni’ con le cellule del sistema immunitario e con le altre cellule dell’organismo. Potrebbe essere questa la chiave per arrivare all’individuazione di nuovi biomarcatori di malattia per la diagnosi precoce, ma anche di nuovi bersagli terapeutici. Sono la speranza e la promessa della nuova facility dedicata alla profilazione spaziale multiomica (proteomica e trascrittomica) dei tessuti, appena inaugurata nel G-STeP, il parco biotecnologico di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS.

“Questo tipo di indagine – spiega il prof. Alessandro Sgambato, vicepresidente della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Responsabile della facility di Multiplex Spatial Imaging – ci consentirà di studiare l’organizzazione spaziale delle cellule e l’espressione dei geni (attraverso l’RNA) e le proteine, direttamente in situ, mentre finora per studiarle così in dettaglio dovevamo estrarle dal tessuto, perdendo i riferimenti spaziali della loro organizzazione. Questo approccio consente di capire meglio come funziona una cellula normale e quali sono le differenze di funzionamento rispetto a una cellula ‘malata’, come ad esempio una cellula tumorale”.

Nel corso degli anni si è capito, infatti, che il funzionamento di una cellula dipende molto anche dal contesto, cioè dai suoi rapporti con le cellule vicine. “Le metodiche utilizzate fino ad oggi – ricorda il prof. Sgambato – ci permettevano di caratterizzare, anche in maniera molto precisa, l’attività delle singole cellule, ma non ci davano il contesto spaziale, cioè la collocazione precisa di ciascuna cellula all’interno del tessuto e come questo influenza l’espressione di geni e proteine”.

Al centro il prof. Alessandro Sgambato

Un vuoto di conoscenza che può essere colmato dalla profilazione spaziale attraverso la facility di Multiplex Spatial Imaging che darà dunque un ulteriore impulso alla comprensione dei meccanismi che portano a diverse patologie, non solo in ambito oncologico, ma anche nelle malattie neurodegenerative o in quelle reumatologiche, autoimmuni e infiammatorie croniche intestinali, ad esempio. E che sarà di grande utilità anche per caratterizzare meglio lo sviluppo embrionale.

“Queste nuove tecnologie – prosegue il prof. Sgambato – aiutandoci a comprendere meglio i meccanismi responsabili dello sviluppo di una serie di patologie, ci consentiranno da un lato di identificare nuovi biomarcatori (utili sia per la diagnosi precoce, che per la stratificazione prognostica), dall’altro di individuare nuovi target, potenzialmente utili per lo sviluppo di nuovi farmaci”.

“La facility – svela la dott.ssa Donatella Lucchetti, co-responsabile della facility – è dotata di macchinari Akoya di ultima generazione, per lo studio della proteomica spaziale (Phenocycler Fusion 2.0, Phenoimager). Accanto a questi, abbiamo recentemente acquisito macchinari della ‘10 X Genomics’ per lo studio della trascrittomica spaziale (Visium-CytAssist e Xenium). Tutto questo ci consentirà di fare lo ‘zoom in’, per studiare in dettaglio l’ambiente interno della cellula e lo ‘zoom out’, per dettagliare quello che avviene intorno alle cellule, attraverso la valutazione di un numero elevatissimo di parametri, che ci consentirà di studiare cosa succede all’interno di un tessuto. Nel caso dei tumori, questo ci permetterà di studiare in dettaglio non solo il funzionamento della cellula tumorale, ma anche quello che avviene nel suo microambiente, che risulta fondamentale per lo sviluppo della maggioranza dei tumori, come quelli cerebrali”.

“Abbiamo compreso da tempo – aggiunge il prof. Sgambato – che la malattia non è mai della singola cellula, ma del cosiddetto ‘villaggio’, cioè di tutte le cellule di un determinato tessuto. Stiamo scoprendo infatti che anche le cellule ‘normali’ spesso danno un contributo non indifferente allo sviluppo dei tumori. E questa metodica di ricerca ci permetterà appunto di chiarire questi meccanismi. Una facility come questa in Italia non l’ha ancora nessuno; disponiamo di un insieme di strumenti che nessun altro ha in questo momento. Alcuni centri hanno quelli per lo studio della proteomica, altri quelli per la trascrittomica. Noi abbiamo messo insieme tutta la filiera. E questo ha un enorme valore aggiunto”.

“L’inaugurazione di una nuova facility – afferma il prof. Giovanni Scambia – rappresenta sempre un passaggio fondamentale all’interno del nostro IRCCS. Perché aggiunge un tassello ulteriore alla costruzione di G-STeP, il nostro parco tecnologico, che non ha nulla da invidiare a quelli più avanzati del Nord Italia. A questo si collega poi GelSI (Gemelli Life Science Incubator), un acceleratore di attività d’impresa che si propone di supportare il trasferimento tecnologico e la promozione di attività, nate dalla collaborazione tra ricercatori di ambito biomedico e soggetti terzi, interessati a promuovere iniziative ad alto contenuto scientifico e tecnologico”.

La multiomica spaziale è un nuovo approccio che permette di valutare l’espressione genica e proteica, con la possibilità di indagarli simultaneamente all’interno di un tessuto intatto. Oltre alle applicazioni nel campo della ricerca, questo tipo di valutazioni avranno a breve un impatto in ambito clinico, prognostico e serviranno a guidare le scelte terapeutiche.

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