Prof. Luca De Nicola, professore associato di nefrologia presso l’Università della Campania L. Vanvitelli: “Oggi con le nuove terapie i pazienti diabetici possono prevenire complicanze nefrologiche su cui finora non si era riusciti a intervenire. Riducono di oltre il 30% il rischio di progressione renale e di circa il 40% l’incidenza di scompenso cardiaco”
Roma, 7 maggio 2019 – Allarme diabete, sia in Italia che a livello globale. Preoccupano tanto i numeri attuali, dato che nel nostro Paese questa patologia colpisce circa il 6,34% della popolazione, pari a 3,84 milioni, a cui si aggiunge un altro 2% circa di sommerso, sia per il rapido incremento previsto nei prossimi decenni. Circa 58 milioni di persone in Europa vivono attualmente con il diabete mellito di tipo 2; saliranno a 67 milioni entro il 2045.
Le complicanze di questa malattia, sia a livello nefrologico che cardiovascolare, hanno prodotto una sempre maggiore attenzione nella ricerca scientifica. Dopo diversi anni di studi ed esperimenti, i più recenti progressi stanno portando nuove speranze a chi è affetto da questa patologia.
All’indomani del Congresso Mondiale di Nefrologia di Melbourne, vengono presentati a Roma il 7 maggio i dati dello studio di fase 3 CREDENCE (Canagliflozin and Renal Events in Diabetes with Established Nephropathy Clinical Evaluation) in un incontro scientifico alla presenza della stampa.
Si tratta dell’unica tappa italiana dei rappresentanti di questo approfondimento internazionale sugli effetti a livello renale e cardiovascolare dei farmaci oggi a disposizione in persone con diabete mellito di tipo 2.
La sperimentazione dello studio CREDENCE è stata condotta in più di 4.400 adulti con Diabete Mellito di tipo 2 ed associata malattia renale cronica diabetica, in 659 siti in 34 paesi in Nord America, America Latina, Europa, Sud Africa e Asia-Pacifico. Lo studio ha dimostrato che un nuovo farmaco riduce il rischio di progressione alla fase terminale della malattia renale (dialisi) e di eventi cardiovascolari con un ottimo profilo di sicurezza.
Diabete e complicanze nefrologiche
Se non adeguatamente trattati, i pazienti diabetici corrono un rischio maggiore di sviluppare gravi complicanze, fra le quali la malattia cardiovascolare e la nefropatia diabetica, che colpisce circa il 40% dei diabetici, percentuale che corrisponde a quasi 1,5 milioni di individui nel nostro Paese.
La nefropatia diabetica è la principale causa di progressione verso la malattia renale allo stadio terminale (ESRD), che rappresenta il 50% dei casi nel mondo sviluppato. È una complicanza temibile perché non soltanto può portare all’insufficienza renale terminale che richiede il ricorso alla dialisi o al trapianto renale, di cui il diabete è oggi la prima causa, ma anche perché moltiplica il già elevato rischio di malattia cardiovascolare (attacco cardiaco, insufficienza cardiaca e ictus) e amplifica anche il rischio di altre complicanze del diabete, come una ridotta qualità della vita, infezioni, affaticamento, depressione, e morte prematura.
Lo studio CREDENCE e le nuove terapie
La scarsa efficacia delle strategie terapeutiche nel contrastare la progressione del danno renale ha reso necessari nuovi farmaci che assicurino una adeguata protezione renale. A questo proposito, lo studio CREDENCE ha offerto nuove importanti opportunità.
“Dopo i deludenti risultati che hanno caratterizzato gli studi con potenziali nuovi farmaci nefroprotettivi condotti negli ultimi 15 anni, sono emersi dati molto promettenti con una classe di farmaci per il diabete, gli SGLT2 inibitori” dichiara il prof. Giuseppe Pugliese, Professore Ordinario di Endocrinologia all’Università La Sapienza di Roma. “Questi farmaci si sono dimostrati in grado di garantire una riduzione degli eventi sia cardiovascolari, in particolare la morte per cause cardiovascolari e l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco, che renali, con riduzione sia dell’albuminuria che del declino della funzione renale. Lo studio CREDENCE, appena pubblicato, è di particolare rilevanza in quanto è stato condotto su una popolazione con nefropatia diabetica ed ha dimostrato l’efficacia del nuovo farmaco nel preservare la funzione renale e al tempo stesso assicurare una protezione cardiovascolare, senza significativi eventi avversi. C’è da notare che, nei pazienti con funzione renale ridotta, gli SGLT2 inibitori non sono attualmente indicati in quanto poco efficaci sulla glicemia. Tuttavia, la dimostrazione che questi farmaci sono comunque efficaci in termini di protezione cardiorenale e al tempo stesso sicuri in soggetti ad alto rischio come quelli con nefropatia diabetica può portare ad una revisione delle indicazioni d’uso”, prosegue Pugliese.
“Oggi con questo farmaco i pazienti diabetici possono prevenire una complicanza su cui finora non si era riusciti a intervenire – ha sottolineato Luca De Nicola, professore associato di nefrologia presso l’Università della Campania L. Vanvitelli – Le terapie finora disponibili riducono del 20% la progressione del danno renale verso la dialisi, ma lasciano ad alto rischio ben il 40-50% dei pazienti trattati. Questo nuovo farmaco garantisce una protezione decisamente più efficace ai pazienti con nefropatia diabetica. La somministrazione di 1 compressa da 100 mg al giorno, in aggiunta ai farmaci nefroprotettivi di uso comune, riduce più del 30% il rischio di progressione renale (dati studio CREDENCE). Inoltre, questo farmaco è un cardioprotettivo con una riduzione di circa il 40% dell’incidenza di scompenso cardiaco, la complicanza cardiovascolare più importante nel paziente diabetico. La terapia è anche più facilmente tollerabile: ci sono minori effetti collaterali nel gruppo trattato con questo approccio terapeutico rispetto al gruppo sottoposto alla cura tradizionale”.