Il Diabete Mellito (DM) comprende un gruppo di disturbi metabolici accomunati dal fatto di presentare una persistente instabilità del livello glicemico del sangue nel senso di persistenti condizioni di iperglicemia.
Con il termine iperglicemia si intende un aumento oltre i valori normali della glicemia, cioè della quantità di glucosio (zucchero) nel sangue. In condizioni normali il glucosio è il principale combustibile utilizzato dall’organismo per la produzione di energia e la sua utilizzazione avviene per opera di un ormone prodotto dal pancreas: l’insulina. (Fig. 1 e Fig. 2 tratte da “Libretto guida per il paziente diabetico” a cura del dott. C. Rinaldi e del dott. L. Pilla).
Il diabete mellito viene chiamato così dagli antichi greci per la presenza di urine dolci. Il termine diabete fu coniato nel I sec. D.C. (in greco antico la parola diabainein significa letteralmente sifone attraverso il quale passa l’acqua data l’eccessiva produzione di urina.
Nel Medioevo la parola fu latinizzata in diabètés. Il suffisso mellito (dal latino mel: miele, dolce) è stato aggiunto per il fatto che il sangue e le urine dei pazienti diabetici avevano un sapore dolce, caratteristica peraltro conosciuta da lungo tempo dai Greci, Cinesi, Egiziani e Indiani. Nel 1776 fu confermato che il sapore dolce era dovuto a un eccesso di qualche tipo di zucchero nelle urine e nel sangue delle persone affette da DM.
La sua reale patogenesi è rimasta completamente oscura fino al XX secolo.
La scoperta del ruolo del pancreas nel DM è da ascriversi a ricercatori europei che nel 1889 osservarono che nel cane privato sperimentalmente del pancreas prima della morte insorgevano i segni e i sintomi del DM. Nel 1921 fu fatto un ulteriore passo avanti da parte di due studiosi (Banting e Best) rispetto agli studi precedenti, cambiando la storia della medicina e salvando la vita a milioni di persone: fu scoperto che la condizione di DM nel cane privato del pancreas poteva essere risolta somministrando insulina estratta dalle isole di Langerhans (presenti nel pancreas) di un cane sano.
Il primo paziente fu trattato da loro e dal loro staff nel 1921 e nel 1923 Banting e Best ricevettero il Premio Nobel per la Medicina.
Nel 1999 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha proposto, in un report, la definizione del Diabete mellito: “Il diabete mellito è una sindrome cronica dovuta a carenza assoluta o relativa di insulina, associata a gradi variabili di resistenza all’azione dell’insulina stessa da parte dei tessuti periferici, e caratterizzata da alterazioni del metabolismo glucidico, lipidico e proteico” ed ha proposto la classificazione seguente: DM di tipo 1 e di tipo 2.
- Diabete Mellito di tipo 1 ha patogenesi immunitaria: fattori genetici sono correlati, ma l’insorgenza ha una variazione stagionale e può seguire, tra l’altro, il morbillo, l’epatite o le infezioni da coxackie virus.
- Diabete Mellito di tipo 2 ha patogenesi non immunitaria. È correlato alla presenza di geni in prossimità del sito HLA sul cromosoma 6. È detto anche non chetosico. Ha basi genetiche più salde del tipo 1.
- Diabete Mellito secondario ad altre patologie: endocrinopatie; indotto da farmaci; patologie genetiche; infezioni.
- Diabete Mellito Gestazionale (DMG): nel 2-5% delle gravidanze capita che la madre sviluppi una condizione di DM, tale evento risulta essere del tutto transitorio e facilmente trattabile, tuttavia può causare dei problemi per il neonato e per la madre.
L’incidenza e la prevalenza del DM sono in progressivo aumento in tutto il mondo: l’OMS ritiene che nel 2025 ci saranno circa 300 milioni di pazienti diabetici, con una crescita che riguarderà soprattutto i paesi in via di sviluppo.
L’Italia non fa eccezione. Il numero dei pazienti diabetici nel nostro Paese nei prossimi 20 anni è destinato ad aumentare di circa il 50%: circa 1,5 milioni nel 1995, circa 2 milioni nel 2000 e circa 3 milioni nel 2025.
Prevalenza del Diabete Mellito nelle varie regioni italiane
Gli elevati valori di prevalenza ed incidenza del DM nella popolazione italiana e mondiale riportati in tabella ci obbligano a parlare di vera e propria epidemia diabetica.
Criteri diagnostici del Diabete Mellito
Per fare diagnosi di DM sono necessari i seguenti criteri (Diabetes Care 2005, 28: S37-S42):
- Sintomi classici [poliuria (aumento della quantità di urine), polidipsia (aumento della sete), stanchezza e facile affaticabilità, riduzione del peso corporeo…] + un occasionale valore di glicemia ≥ di 200 mg/dl
oppure
- Glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl* (da confermare in una successiva occasione)
oppure
- Glicemia alla 2a ora del test orale di tolleranza al glucosio effettuato con 75 gr di glucosio (OGTT) ≥ 200 mg/dl*
*valori su plasma venoso
Si intende per OGTT (Oral Glucose Tolerance Test) o curva da carico orale di glucosio un test clinico che viene utilizzato per controllare se nel paziente il metabolismo del glucosio è normale.
Criteri diagnostici per il Diabete Gestazionale (Diabetes Care 2005, 28: S37-S42)
- Sintomi classici (poliuria, polidipsia, astenia, calo ponderale…) + un occasionale valore di glicemia > di 200 mg/dl
oppure
- Glicemia a digiuno > 126 mg/dl*
oppure
- Presenza di due o più delle seguenti alterazioni al test orale di tolleranza glucidica (OGTT) effettuato con 100 g di glucosio*:
◦ Glicemia basale ≥ 95 mg/dl
◦ Glicemia alla 1a ora ≥ 180 mg/dl
◦ Glicemia alla 2a ora ≥ 155 mg/dl
◦ Glicemia alla 3a ora ≥ 140 mg/dl
*valori su plasma venoso
Esistono anche condizioni in cui le glicemie non sono diagnostiche per la presenza di diabete, ma neanche possono essere considerate normali.
In base alla glicemia a digiuno e/o ai risultati dell’OGTT si possono individuare i pazienti con alterata glicemia a digiuno o con ridotta tolleranza glucidica, rispettivamente:
- Glicemia a digiuno
- < 110 mg/dl valore normale
- ≥ 110 e < 126 mg/dl alterata glicemia a digiuno
- ≥ 126 mg/dl diabete
- Glicemia alla 2a ora dell’OGTT
- < 140 mg/dl valore normale
- ≥ 140 e < 200 mg/dl alterata tolleranza glucidica
- ≥ 200 mg/dl diabete