Il presidente ADI Antonio Caretto: “Necessario implementare i professionisti della nutrizione nelle strutture sanitarie pubbliche e nei centri di diabetologia per indurre i pazienti a cambiare lo stile di vita alimentare”
Roma, 14 novembre 2017 – L’ADI, Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica si unisce alle attività di prevenzione e sensibilizzazione promosse oggi in occasione della Giornata Mondiale del Diabete, sottolineando come la riduzione del sovrappeso/obesità, le modifiche qualitative e quantitative della dieta in associazione all’attività fisica siano in grado di ridurre di circa il 60% il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.
La Terapia Medica Nutrizionale, secondo gli esperti ADI, rappresenta uno strumento essenziale per ottenere e mantenere un compenso metabolico ottimale, per prevenire e trattare al meglio le complicanze croniche micro e macro-vascolari, per ridurre il rischio cardiovascolare, migliorare il profilo lipidico, la pressione arteriosa e il calo ponderale.
“Per prevenire e curare il diabete mellito di tipo 2 sono necessari maggiori interventi sullo stile di vita – dichiara Antonio Caretto, presidente ADI – Il modello di dieta mediterranea si è dimostrato in questo senso un ottimo approccio per la riduzione del peso e della glicemia. Diversi studi clinici hanno dimostrato, infatti, che la dieta mediterranea riduce l’emoglobina glicosilata, il fabbisogno di farmaci ipoglicemizzanti, oltre alla pressione arteriosa e al profilo lipidico”.
Le strutture sanitarie pubbliche e i vari centri diabetologici italiani non hanno però, secondo ADI, il necessario personale professionale dedicato (dietologi e dietisti) per implementare l’induzione del cambiamento dello stile di vita, soprattutto dietoterapico, nella persona diabetica, e poter attuare tutte le efficaci strategie dietetico-nutrizionali che sono la componente indispensabile in tutti gli approcci di terapia del diabete mellito.
“È indispensabile che vi sia in ogni Ospedale – ASL un’Unità Operativa di Dietetica e Nutrizione Clinica che assista i pazienti diabetici e supporti i centri diabetologici per fornire quell’ottimale livello assistenziale nel migliorare lo stato di salute riducendone le complicanze correlate alla malattia – commenta Antonio Caretto – L’OMS prevede che il diabete mellito possa essere nel 2030 al settimo posto tra le cause principali di mortalità, dato il progressivo aumento globale della malattia (642 milioni nel 2040). Per questo auspichiamo che il Ministero della Salute, il Governo Italiano e gli assessorati regionali alla sanità credano e investano nella risoluzione di queste criticità a favore di un miglioramento della salute pubblica”.