Roma, 28 dicembre 2020 – Il cuore è uno dei bersagli ‘preferiti’ del diabete. Per chi è affetto da questa condizione dovrebbe fare ancor più attenzione, oltre che ad uno stretto controllo della glicemia, anche a tenere a bada gli altri principali fattori di rischio per malattie cardiovascolari (ipertensione, dislipidemia).
Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte in tutti i Paesi occidentali, compresa l’Italia, e il diabete raddoppia il rischio di incorrere in una patologia coronarica, nell’ictus ischemico e di morte per cause cardio-vascolari.
Un rischio che si concretizza molto precocemente, visto che la malattia macrovascolare inizia ben prima della prima diagnosi di diabete di tipo 2 (ecco perché le malattie cardiovascolari nelle persone con diabete insorgono in età più precoce rispetto al resto della popolazione). Particolarmente a rischio sono le donne. Diabetologo e cardiologo lavoreranno dunque sempre più fianco a fianco e stanno cominciando a condividere una serie di farmaci. Alcune molecole nate per il trattamento del diabete (gliflozine o inibitori di SGLT2), si sono rivelate ad esempio molto efficaci anche nel trattamento dello scompenso cardiaco e nel ridurre il rischio di morte cardiovascolare o di ricovero per scompenso cardiaco. Nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare, anche gli agonisti recettoriali di GLP-1 si sono rivelati efficaci nel conferire una protezione contro queste patologie.
È il motivo per cui le ultime linee guida europee della Società Europea di Cardiologia (ESC) e dell’Associazione Euroepa per lo Studio del Diabete (EASD) hanno messo al primo posto tra i farmaci da utilizzare per il trattamento di una persona con diabete e malattie cardiovascolari gli inibitori di SGLT2 e gli agonisti recettoriali di GLP1, ‘spodestando’ dalla prima scelta (ma solo per questa categoria di pazienti) la metformina.
“Oggi più che mai – afferma il prof. Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia – è assolutamente necessario che diabetologi e cardiologi lavorino insieme, su protocolli diagnostici e terapeutici condivisi, organizzando ad esempio ambulatori gestiti in comune o forme di teleconsulto, in cui confrontarsi e prendere decisioni condivise. Per queste le Società scientifiche hanno intensificato la collaborazione, con questo documento e con incontri che prevedono la partecipazione di diabetologi e cardiologi della stessa sede”.
“Le nuove strategie terapeutiche in Cardiologia negli ultimi anni sia farmacologiche che interventistiche – spiega il prof. Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di Cardiologia – hanno ridotto significativamente la mortalità e morbilità cardiovascolare. Tuttavia, il controllo dei fattori di rischio per i soggetti che non hanno avuto eventi e, ancora di più per i pazienti colpiti da infarto o ictus, rimane ancora una grande necessità clinica. il diabete rappresenta ancora uno dei maggiori fattori rischio per le malattie cardiovascolari. I soggetti diabetici hanno spesso una patologia coronarica più severa e diffusa. I cardiologi e i diabetologi, insieme per la prima volta, hanno stabilito come gestire il rischio cardiovascolare nel paziente diabetico in questo nuovo documento scritto sulla base delle ultime evidenze scientifiche disponibili”.
“Circa il 30% delle persone con diabete – ricorda il prof. Agostino Consoli, presidente eletto SID – ha già avuto un evento cardiovascolare o cerebrovascolare e/o presenta i segni di una insufficienza cardiaca. Questi sono diabetici già cardiopatici che hanno bisogno delle cure di entrambi gli specialisti. Inoltre è stato recentemente dimostrato che farmaci sviluppati per la terapia del diabete offrono anche, specialmente nei soggetti già cardiopatici, protezione verso gli eventi cardiovascolari e verso le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. È fondamentale quindi che in questi soggetti detti farmaci vengano adoperati: di qui la necessità di una stretta ‘alleanza’ culturale e clinica tra diabetologi e cardiologi”.