Napoli, 24 gennaio 2020 – La depressione, malattia riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come prima causa di disabilità a livello mondiale, riguarda circa 3 milioni di italiani, di cui circa 1 milione soffre della forma più grave, la depressione maggiore.
Considerando la sola Campania, dai dati Istat si stima che circa 164.000 campani soffrano di depressione maggiore, di cui circa 9 mila non rispondono ai trattamenti secondo la rielaborazione su base regionale dei dati dello studio epidemiologico italiano Dory, volto a identificare, attraverso un’analisi di database amministrativi, i pazienti affetti da depressione resistente.
“La depressione è una condizione a cui va incontro nel corso della propria vita circa il 15% delle persone, con vari livelli di gravità”, spiega Mario Maj, Professore ordinario di Psichiatria, Direttore Dipartimento di Psichiatria, Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli, Napoli.
“Essa può essere precipitata, non ‘causata’, da un evento sfavorevole, risultando allora sproporzionata a quell’evento per la sua intensità e durata, oppure insorgere in assenza di un evento scatenante. Affermando erroneamente che la depressione è un’ ‘esperienza universale’ si contribuisce a scoraggiare la richiesta di aiuto da parte delle persone veramente depresse. In effetti, oltre la metà delle persone che soffrono di depressione non accede alle cure adeguate. Molte persone depresse non sono consapevoli della natura patologica della loro condizione e/o dell’esistenza di cure efficaci, oppure hanno vergogna o paura di chiedere aiuto”, prosegue Mario Maj.
In tale contesto, Istituzioni e rappresentati locali a livello medico, assistenziale e sociale si sono incontrati a Napoli al Palazzo della Regione per confrontarsi su come affrontare più efficacemente la malattia, superare lo stigma associato alla depressione, facilitare l’accesso alla diagnosi e alle cure più appropriate. La tavola rotonda rientra nel percorso di sensibilizzazione “Uscire dall’ombra della depressione”, organizzata da Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, con il Patrocinio della Regione, delle società scientifiche SIP – Società Italiana di Psichiatria e SINPF – Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, di Cittadinanzattiva e Progetto Itaca.
“L’informazione sulla depressione come patologia curabile dovrebbe raggiungere l’intera popolazione. È essenziale la sensibilizzazione dei medici di medicina generale, per favorire la diagnosi e l’intervento precoce. Le psicoterapie per la depressione basate sulle evidenze dovrebbero essere disponibili in tutti i servizi pubblici di salute mentale. I programmi di prevenzione, in particolare quelli aventi come target le persone, le famiglie e gli ambienti a rischio, dovrebbero essere oggetto di ampi studi, anche volti a valutarne il rapporto di costo-efficacia”, continua Maj.
Questo disturbo psichiatrico, infatti, ha un forte impatto sulla qualità della vita e sui costi sanitari e sociali, che risultano molto elevati. Una persona con depressione maggiore costa in media al Servizio Sanitario Nazionale circa 5 mila euro l’anno – in termini di ricoveri ospedalieri, farmaci antidepressivi, specialistica ambulatoriale.
“I costi diretti non sono l’unico tassello da tenere in considerazione se si vuole cogliere appieno il peso economico e sociale di questa patologia. I costi indiretti (sociali e previdenziali) la fanno da padrone rappresentando il 70% del totale dei costi della malattia – dice Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Direttore del EEHTA del CEIS dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata Roma – Basti pensare ai costi previdenziali legati all’elevato numero di giorni di assenza dal lavoro causato dalla depressione maggiore, alla perdita di produttività legata al presenteismo”.