Un software che lavora sulla combinazione di dati clinici e di neuroimaging, messo a punto dal progetto europeo PRONIA, che ha coinvolto la Statale di Milano, ha previsto con percentuali di successo molto alte i disagi di integrazione sociale in pazienti a rischio. Lo studio, pubblicato su JAMA PSYCHIATRY pone le basi per la creazione di un modello prognostico generalizzabile in grado di prevenire l’insorgere di disabilità e di sviluppare nuove terapie cognitivo/bio-comportamentali
Milano, 19 dicembre 2018 – La depressione risulta essere la prima causa mondiale di problemi di salute mentale. I disturbi incipienti di disabilità si manifestano principalmente nella fase di giovinezza e nella “emerging adulthood”, e circa il 75% di questi prima dei 25 anni.
Episodi di psicosi come schizofrenia e disordini bipolari sono i primi sintomi del rischio di disabilità che si traduce in difficoltà e deterioramento nelle relazioni sociali e occupazionali (social and occupational impairments).
Uno dei problemi principali, all’interno della ricerca e della cura della salute mentale, consiste nella scarsità di strumenti computazionali di previsione dei deficit comportanti un impatto importante nelle relazioni sociali e nella possibilità di realizzazione professionale.
Questi strumenti prognostici potrebbero essere in grado di prevenire l’insorgere di disabilità e di sviluppare nuove terapie cognitivo/bio-comportamentali per lo sviluppo di tecniche personalizzate per la prevenzione secondaria e terziaria.
Tuttora non esistono strumenti di stratificazione del rischio che permettano una strategia preventiva e personalizzata e che abbia come obiettivo quello di prevenire le disabilità funzionali nei soggetti a rischio e nella fase incipiente della malattia.
L’ambizioso obiettivo del Progetto Europeo Pronia (Personalized Prognostic Tools for Early Psychosis Management) condotto dal prof. Koutsouleris e, presso l’Università di Milano, dal prof. Paolo Brambilla ed il suo team al Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti dell’Università Statale di Milano è quello di sviluppare un accurato modello di predizione per identificare possibili deficit relazionali e occupazionali nella loro fase iniziale in due diversi gruppi di pazienti: pazienti ad alto rischio clinico di psicosi (Clinical High-Risk, CHR) e pazienti con recente insorgenza di depressione (Recent-Onset Depression, ROD) o psicosi (Recent-Onset Psychosis, ROP).
Questo progetto rappresenta dunque il primo sforzo internazionale di creare un modello prognostico generalizzabile attraverso la raccolta di dati clinici e di neuroimaging per lo sviluppo di modelli predittivi multimodali machine learning-based.
Lo studio, pubblicato su JAMA PSYCHIATRY, è stato condotto su un campione di 116 pazienti in stato CHR e 120 pazienti con ROD di età compresa tra i 15 e i 40 anni, con un campione di controllo di 176 controlli sani.
I soggetti sono stati reclutati in 7 siti accademici di diagnosi precoce in 5 diversi paesi europei, da febbraio 2014 a maggio 2016. Ogni paziente è stato testato per un periodo di 18 mesi con una valutazione clinica ogni 3 mesi.
Il software di machine-learning utilizzato, Neuro Miner ha analizzato 3 diversi modelli per poter ottenere i risultati funzionali finali.
Nel primo modello sono stati utilizzati 8 punteggi di riferimento globale sul funzionamento sociale e di ruolo di ciascun paziente; nel secondo sono state analizzate le immagini del volume della materia grigia mentre nel terzo sono stati combinati i primi due outcomes e convertiti in un unico risultato finale. Questo modello di machine learning con convalida incrociata di dati multimodali ha dimostrato che i disagi di integrazione sociale (social functioning) possono essere correttamente predetti nell’83% dei pazienti in CHR e nel 70% dei pazienti con ROD ed è risultato essere migliore delle prognosi cliniche di esperti, che tendono a sovrastimare le capacità di social functioning dei pazienti.
Per quanto riguarda il role functioning il modello non è riuscito a predirlo correttamente in nessuno dei due gruppi. Con questo progetto si è potuto osservare quindi che i predittori di social functioning sono più efficaci di quelli di role functioning, che potrebbero essere meglio determinati con l’integrazione di fattori ambientali e clinici.
Commenta Paolo Brambilla, Professore di Psichiatria al Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti dell’Università Statale di Milano: “I risultati ottenuti con questo studio sono significativi poiché forniscono una prima base empirica del miglioramento prognostico dato dalle valutazioni sequenziali multimodali e multisito del rischio di psicosi e depressione ottenuto attraverso tecniche di machine learning. È un importante punto di partenza per la creazione di nuovi modelli prognostici generalizzabili attraverso diverse combinazioni di dati in grado di consentire una vera strategia preventiva e personalizzata in psichiatria”.