Depressione, ansia, psicosi. Il ruolo della serotonina

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Prof.ssa Donatella Marazziti

Lucca, 6 marzo 2017 – Che ruolo ha la serotonina nella vita di un essere umano? Si tratta di una domanda appartenente secondaria, che ha dei risvolti più che pratici sull’esistenza di tutti noi come spiega nell’articolo “Understanding the role of serotonin in psychiatric diseases” – appena stato pubblicato su F1000Research – Open for Science – la prof.ssa Donatella Marazziti, Responsabile Ricerche della Fondazione BRF Onlus.

L’articolo della prof.ssa Donatella Marazziti rappresenta una revisione critica della letteratura sulla serotonina, insieme a riflessioni personali dell’autrice su quello che può essere il ruolo di questa sostanza nel sistema nervoso centrale alla luce delle conoscenze attuali. La prof.ssa Marazziti riflette anche su quali potrebbero essere gli sviluppi degli studi futuri in questo ambito. L’opinione più condivisa è infatti che la serotonina sia collegata a dimensioni psicologiche comuni alla normalità e alla patologia, che possono andare in un senso o nell’altro, in base a fattori individuali, genetici, ambientali o secondari, a eventi vitali.

“La serotonina – spiega la prof.ssa Marazziti – è un neurotrasmettitore davvero affascinante. Scoperta circa un secolo fa in Italia da Vittorio Erspamer, che non prese il Nobel per la Medicina, per quanto più volte candidato, continua a rappresentare uno degli argomenti di punta della ricerca neuroscientifica e non solo, tanto che, come dice un ricercatore americano, resta sempre una chicca di moda. La ricerca costante e crescente su di essa ha permesso di evidenziare che regola una miriade di attività e funzioni, quali appetito, sessualità, ritmi circadiani, sonno, umore, ansia,impulsività, aggressività, vasocostrizione, peristalsi intestinale, e molte altre, attraverso l’interazione con recettori specifici diffusi un po’ ovunque. Non sorprende più di tanto che molte, se non tutte le patologie psichiatriche, sono collegate più o meno ad alterazioni della serotonina, in particolare la depressione, i disturbi d’ansia e le psicosi, e che molti farmaci che agiscono in questi disturbi interagiscono con questo neurotrasmettitore. Senza dubbio la ricerca futura consentirà di chiarire quello che ancora oggi viene ritenuto uno dei misteri più intriganti del cervello umano”.

fonte: ufficio stampa

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