4062 euro il costo medio annuo per paziente per il Servizio Sanitario Nazionale. 36 giornate di congedo da lavoro in caso di depressione in Europa.
Secondo le stime più recenti, nel 2020 sarà la causa maggiore di disabilità dopo le malattie cardiovascolari
Roma, 12 gennaio 2016 – In Italia il costo sociale della Depressione, inteso come ore lavorative perse, è pari a 4 miliardi di euro l’anno, e per l’intera economia europea è stato stimato un costo pari a 92 miliardi di euro, di cui 54, (pari al 59%), correlati a costi indiretti per assenza lavorativa.
Questo il quadro che riguarda il nostro Paese dove, secondo il Rapporto OsMed (Uso dei farmaci in Italia) 2013, presentato dall’AIFA, la depressione colpisce il 12,5% della popolazione assistibile, con solo il 34,3% dei pazienti che assume farmaci antidepressivi.
A questo si aggiungono i dati relativi all’impatto sociale sulla popolazione che, tenendo conto che, per ogni paziente, sono coinvolti almeno due-tre familiari, riguarda in Italia 4-5 milioni di persone coinvolte indirettamente dal disturbo depressivo.
L’impatto economico di questa malattia, infatti, deve essere valutato in termini di costi diretti e indiretti. I primi sono da ricondurre alla diagnosi, al trattamento – farmacologico e psico-terapeutico – alla riabilitazione, assistenza e prevenzione delle ricadute nel lungo termine, mentre i secondi si riferiscono alla perdita di produttività del paziente (non solo in fase acuta) e delle persone impegnate nella sua assistenza e alla morte prematura, considerato il rischio di suicidio.
Per quanto riguarda i costi diretti a carico del SSN, nel nostro Paese, i costi medi annuali (ricoveri ospedalieri, specialistica ambulatoriale, farmaci antidepressivi ecc.) per il trattamento di un paziente depresso ammontano a 4.062,40 euro.
Sono questi alcuni degli elementi alla base della discussione scientifica del Forum “Un Viaggio di 100 anni nelle neuroscienze” tenutosi recentemente a Roma e organizzato da The European House-Ambrosetti, in occasione dei 100 anni di Lundbeck. L’appuntamento è stato voluto come momento di confronto e dibattito sugli sviluppi scientifici delle neuroscienze e delle applicazioni in medicina.
Secondo la ricerca IDEA (Impact of Depression in the Workplace in Europe Audit), che ha coinvolto in tutta Europa oltre 7000 adulti di età compresa fra i 16 e i 64 anni, lavoratori e dirigenti, o che lo fossero stati negli ultimi 12 mesi, ben il 20% degli intervistati aveva avuto una diagnosi di depressione e il numero medio di giornate di congedo dal lavoro durante l’ultimo episodio di depressione era 36 giorni. Un manager su 3 tra quelli intervistati ha ammesso di non avere risorse economiche o strumenti formali per affrontare il problema.
E i problemi sul lavoro si correlano al rischio doppio di disoccupazione, pensionamento anticipato, alla maggiore disabilità e all’alto rischio di vivere in condizioni di emarginazione e povertà così come sottolineato con forza anche dall’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development).
A questo si aggiunge che, nonostante gli alti tassi di assenteismo a causa della depressione, una persona su quattro tra quelle affette da depressione ha dichiarato di non aver comunicato il proprio problema al datore di lavoro. Di queste, una su tre ha motivato tale scelta adducendo il timore di perdere il posto di lavoro.
È necessario dunque, anche dal punto di vista strettamente economico, oltre che di salute pubblica, maggiore attenzione ad un fenomeno sociale che ha assunto dimensioni rilevantissime e che, secondo le stime più recenti, nel 2020 sarà la causa maggiore di disabilità dopo le malattie cardiovascolari.
Chiara in questo contesto la posizione dell’OMS, secondo cui l’effetto del trattamento terapeutico di tutte le forme di depressione sui costi legati alla produttività del lavoratore fa ritenere che il risparmio generato da un minor assenteismo e da un maggiore rendimento lavorativo possa compensare le spese sostenute per il trattamento stesso.
fonte: ufficio stampa