Recenti studi scientifici svolti in collaborazione da UPMC- Centro Medico dell’Università di Pittsburgh (Stati Uniti) e UPMC Italy hanno dimostrato che la regolare pratica fisica di tipo aerobico e di media intensità, ha un’azione anti-aging e riabilitativa. Programmi di attività fisica, studiati su misura del paziente, potrebbero decelerare l’insorgenza o gli esiti di malattie metaboliche e croniche, tipiche dell’invecchiamento. Sensibili miglioramenti derivanti dall’esercizio fisico sono stati osservati su patologie osteoarticolari, come l’artrosi, o sistemiche come il fegato grasso
Chianciano Terme, 3 maggio 2018 – L’efficienza fisica e mentale è questione anche di proteine. Nuove ricerche scientifiche, di cui alcune condotte da ricercatori di UPMC- Centro Medico dell’Università di Pittsburgh, Stati Uniti, e UPMC Italy attestano che esistono alcune proteine ‘atletiche’, almeno due, in grado di rallentare l’invecchiamento cellulare, e dunque anche biologico, offrendo all’organismo più quantità e qualità di vita.
La prima proteina si chiama klotho, è un ormone appartenente alla famiglia di proteine transmembrane, e ha un ruolo chiave nell’aumentare la sensibilità delle cellule all’insulina, ma anche nella regolazione del metabolismo e dei processi di invecchiamento, con benefici tanto migliori se la sua attività è stimolata dall’esercizio fisico.
La seconda è la miochina, una sostanza prodotta e rilasciata dalle fibre muscolari quando vengono sottoposte a contrazione, come accade in ogni azione che prevede movimento, e che esercita i suoi ‘vitali’ effetti sull’intero organismo.
Klotho e miochina sarebbero in grado di rallentare gli esiti dell’invecchiamento, specie in pazienti senior, contrastando la perdita di forza e massa muscolare, potenziando invece la funzionalità cardiovascolare, la resistenza delle cellule allo stress e la migliore preservazione delle facoltà cognitive.
Le conclusioni di questi studi affascinanti saranno presentate oggi a Chianciano Terme, in occasione del workshop Internazionale “Esercizio fisico come strumento di prevenzione e cura: oltre il concetto di riabilitazione”, insieme a diverse altre scoperte riguardanti la comprensione dei meccanismi alla base dei benefici per la salute dell’organismo indotti dall’esercizio fisico.
“Le nostre ultime ricerche – spiega la dottoressa Fabrisia Ambrosio, Associate Professor del Dipartimento di Medicina fisica e Riabilitazione dell’Università di Pittsburgh e Direttore della Riabilitazione per UPMC International – hanno dimostrato che l’attività contrattile muscolare indotta dall’esercizio fisico e dalla stimolazione elettrica neuromuscolare è in grado di fare aumentare i livelli di Klotho e il potenziale rigenerativo dei muscoli nei pazienti anziani, con sensibili vantaggi sulla ridotta progressione delle patologie neurodegenerative. I promettenti risultati ottenuti fanno ritenere che l’esercizio fisico, introdotto in programmi di riabilitazione personalizzati in base alle condizioni fisiche del paziente, possa contribuire a contrastare il declino di tessuti e fibre muscolari così come delle facoltà cognitive, preservando in particolare la memoria”.
È invece in corso uno studio condotto da UPMC e ISMETT e finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico italiano, per valutare la potenzialità della stimolazione elettrica neuromuscolare nel prevenire declini cognitivi anche in pazienti lungodegenti in terapia intensiva.
I benefici esercitati dall’attività fisica sono evidenti anche in caso di patologie ortopediche, come l’artrosi, una malattia cronica degenerativa prevalentemente a carico degli arti inferiori tra cui anche, ginocchia e segmento tibio-tarsica, ma anche del rachide lombare e cervicale.
L’artrosi interessa all’incirca un terzo della popolazione italiana sopra i 65 anni, con un sensibile impatto sulla qualità della vita a causa del dolore, la scarsa mobilità e la perdita di autonomia.
“L’attività fisica – dichiara il dottor Marco Chillemi, specialista in Ortopedia e Traumatologia all’Università di Perugia e collaboratore alla Terme di Chianciano – inserita in un programma di prevenzione primaria, con esercizi di rinforzo muscolare e fitness aerobico, specie nel paziente anziano artrosico, contribuisce all’attenuazione del dolore, ripristinando la funzione articolare, il generale miglioramento dello stato di salute e della qualità della vita”.
Buone notizie anche riguardo al fegato grasso, una patologia che causa l’accumulo di grassi a livello epatico con effetti infiammatori, che in Italia ha una prevalenza di circa il 25-30%, e interessa più di frequente pazienti con disturbi cardiovascolari, sindrome metabolica, patologie neurodegenerative o neoplastiche: “Esistono evidenze scientifiche – conclude il professor Ferruccio Bonino, di UPMC Institute for Health e Università di Pisa – che l’esercizio fisico di tipo aerobico, indipendentemente dalla frequenza e intensità, introdotto in programmi terapeutici riabilitativi dedicati, è in grado di migliorare la sintomatologia e le condizioni di pazienti affetti da fegato grasso, anche in condizione di sovrappeso e/o obesità”.