Arezzo, 14 agosto 2018 – Sono 55 i casi di arresto cardiaco da presunta morte cardiaca improvvisa registrati dal 118 aretino dall’inizio dell’anno. Nella metà dei casi, la rianimazione cardiopolmonare ha avuto esito positivo. Un quarto dei casi totali sono usciti dall’ospedale in buone condizioni. Da sottolineare, in questi frangenti, l’importanza e il ruolo dei defibrillatori posizionati nei luoghi pubblici.
La maggior parte delle persone defibrillate ha più possibilità di sopravvivere ed è per questo che il Dipartimento di Emergenza-Urgenza della Asl Toscana sud est continua a sensibilizzare la comunità aretina sull’installazione dei defibrillatori nei luoghi di aggregazione.
“In caso di arresto cardiaco nei luoghi pubblici – spiega Massimo Mandò, direttore Emergenza-Urgenza – è dimostrato che la sopravvivenza è più alta. Primo, perché la persona viene vista subito e vengono allertati i soccorsi; secondo perché abbiamo una rete di defibrillatori che consente interventi veloci, anche e soprattutto grazie ai cittadini. La centrale del 118 infatti guida la persona che chiama e la aiuta nelle manovre necessarie, in attesa che arrivi il personale sanitario sul posto. Per questo motivo, vedendo come è aumentata la possibilità di sopravvivenza, ci raccomandiamo affinché sempre più defibrillatori siano presenti nei luoghi pubblici. Ma non solo. Anche i condomini e i quartieri dovrebbero esserne provvisti perché sono lo strumento salvavita di cui non si può più fare a meno. Questo progetto, che stiamo portando avanti con la Fondazione Cesalpino, rappresenta un salto di qualità che vogliamo garantire ai nostri cittadini perché il 60% degli arresti cardiaci avviene in casa”.
Il Dipartimento di Emergenza Urgenza sta lavorando da tempo per garantire l’efficienza della rete dell’arresto cardiaco, che riesce a dare ottimi risultati, come rilevato in questi giorni, grazie alla competenza ed efficienza di un intero sistema. E il sistema funziona se tutte le parti sono consapevoli del proprio ruolo e di come collaborare: cittadini educati sul dare l’allarme al 118 e prestare le prime manovre di soccorso, guidati dalla centrale operativa 118; la centrale operativa che attiva e coordina prontamente tutte le risorse necessarie per il completamento di un percorso già ben delineato; i defibrillatori diffusi sul territorio in maniera capillare; il personale delle associazioni di volontariato, che sui mezzi di soccorso di base spesso per primi raggiungono il paziente e iniziano la rianimazione cardiopolmonare per la quale hanno seguito uno specifico percorso formativo; i sanitari del 118 (medico o infermiere che sia) che completano la stabilizzazione del paziente grazie a manovre e terapie per le quali sono stati adeguatamente formati, e in sinergia con la Centrale indirizzano il paziente verso l’ospedale più adeguato, che possa fornire le giuste chance terapeutiche a conclusione di un percorso ben definito; la collaborazione con le strutture ospedaliere, in particolare con i pronto soccorso, le Terapie Intensive e le Unità Coronariche, basata sulla condivisione di specifici percorsi diagnostico-terapeutici; infine l’implementazione continua di nuove tecnologie come i massaggiatori meccanici appunto, che consentono una miglior qualità della rianimazione cardiopolmonare ma soprattutto rendono possibile il trasporto del paziente in ospedale senza la sospensione della stessa”, conclude Mandò.