Roma, 17 marzo 2020 – Il decreto varato ieri – a giudizio della COSMED Confederazione dei Medici e Dirigenti Sanitari – non può che essere un primo limitato intervento in attesa di successivi provvedimenti. Ma non dobbiamo accontentarci: occorre investire nei servizi pubblici perché mentre sempre ieri la Francia, meno colpita almeno per ora, ha stanziato 45 miliardi, l’Italia ne ha stanziati 25.
Il Servizio sanitario nazionale era già al collasso prima del coronavirus, dopo decenni di tagli selvaggi, mancavano 10 miliardi anche secondo il governo ed era già programma un incremento per il 2021 di 1,5 miliardi. La corsa al taglio dei posti letti, gli incentivi a un concetto rigidamente privato della salute e del welfare oggi presentano il conto.
Tutti i servizi pubblici sono al collasso e con essi la disponibilità di diritti fondamentali (salute e diritto alle cure, assistenza sociale, accessibilità alle prestazioni previdenziali).
La programmazione è stata fatta solo sui tagli, l’innovazione rinviata, come dimostrano le difficoltà ad avviare il telelavoro.
È tempo di cambiare le priorità: i diritti fondamentali vengono prima, non si possono razionare. Razionalità non razionamento. Non aver investito nei servizi pubblici ha creato le premesse per una catastrofe economica globale. E adesso scopriamo che quelli che venivano chiamati “risparmi” hanno esposto l’intera società a danni ben peggiori che andiamo a contare non solo sul piano sociale, ma anche su quello economico.
È indispensabile quindi non ripetere gli errori del passato, sarebbe intollerabile. Occorre rispetto per i dipendenti pubblici non solo a parole ma con fatti concreti assicurando una adeguata protezione a chi lavora e rischia; ribadendo che chi contrae il virus lavorando ha subito un infortunio sul lavoro; prevedendo la detassazione degli incentivi e della produttività aggiuntiva. Il Paese deve ripartire dai servizi pubblici.
Deve essere chiaro che tutti gli straordinari devono essere retribuiti, compresi quelli dei dirigenti; che il 23 comma 2 del D.lgs. 75 deve essere abolito per tutte le categorie perché contiene penalizzazioni assurde su disagio, produttività e merito; che sono necessari più medici specialisti e più dirigenti, le cui competenze sono e saranno decisive; che devono essere sospese le penalizzazioni dei dipendenti pubblici in caso di malattia. I privati soprattutto se finanziati da fondi pubblici devono essere ricondotti a finalità pubbliche senza rendite di posizione.
Vanno perseguiti soprattutto in momenti di grave crisi atteggiamenti opportunistici e speculativi a cominciare dall’evasione fiscale la cui natura criminale deve trovare immediato e reale contrasto. Per questo le liturgie sulle alchimie economiche non possono bastare.
La normalità è finita, per riconquistarla occorre cambiare rapidamente registro, valori e priorità. Questi giorni ci insegnano che il welfare ha un costo, ma non averlo costa molto di più.