La “medicina traslazionale” avvicina il laboratorio al letto del paziente garantendo un rapido trasferimento delle nuove conoscenze alle situazioni reali. Al 13° congresso SIARED si discute dei vari ambiti di questa nuova disciplina e delle ricadute positive che può avere sul paziente
Roma, 26 maggio 2017 – Per il percorso di diagnosi e cura del paziente è ogni giorno più importante riuscire a trasferire in modo efficace le conoscenze teoriche alle situazioni reali. Ed è proprio del passaggio “dal laboratorio al letto del paziente” che si occupa la medicina traslazionale di cui si è parlato al 13° Congresso SIARED in corso a Roma.
La medicina traslazionale garantisce un rapido trasferimento delle nuove conoscenze alle situazioni reali perseguendo un approccio multidisciplinare ed intersettoriale che consente di offrire nuovi strumenti di indagine e applicazioni terapeutiche per migliorare la salute del paziente.
Come per tutti gli approcci nuovi, pur avendo come obiettivo principale quello di eliminare le barriere che troppo spesso si creano tra il laboratorio e la clinica, la medicina traslazionale ancora incontra ostacoli per tradurre, in modo efficace, i risultati sperimentali nella pratica clinica di routine, a causa della persistenza negli ambienti sanitari di limiti formativi, tecnologici ed organizzativi. Ma questo atteggiamento è destinato a modificarsi.
L’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, infatti, sta rapidamente modificando i percorsi di cura nei diversi contesti clinici e, in un prossimo futuro, il flusso delle informazioni della ricerca di base e l’applicazione clinica dovrà essere sempre più bidirezionale, avvicinando i due poli per offrire le migliori cure al paziente. È arrivato il tempo che le nuove frontiere della ricerca diventino espressione dello sviluppo tecnologico e clinico al fine di offrire al paziente cure sempre più appropriate.
“Il Congresso – spiega Adriana Paolicchi, Presidente SIARED – ha voluto aprirsi a questo nuovo approccio dedicando ampie discussioni nei diversi ambiti della disciplina: dall’anestesia generale tailored sul paziente (ritagliare il dosaggio dei farmaci di anestesia generale sulle esigenze del singolo paziente per evitare sia sovradosaggio che sottodosaggio), alle proposte innovative nelle tecniche loco regionali, alla gestione dei fluidi e degli emocomponenti. Nella terapia intensiva ne derivano nuovi impulsi per la gestione quotidiana dei pazienti critici: nelle scelte dell’antibioticoterapia evidence based, nella programmazione degli esami di laboratorio e nella gestione del delirio (la cui prevenzione è multidimensionale e deve prevedere tra l’altro un trattamento adeguato del dolore, l’uso limitato della sedazione profonda, la mobilizzazione precoce, la promozione del sonno, la rimozione precoce di mezzi di contenimento)”.
Il gap tra ricerca e applicazione clinica è stato presentato dai relatori nei diversi contesti di anestesia e rianimazione, con particolare attenzione all’anestesia nel paziente anziano e al delirio nel paziente critico.
La sessione si è chiusa una tavola rotonda su un problema attuale sia per i risvolti economici che organizzativi, ossia la scelta degli esami di laboratorio nei diversi setting.
fonte: ufficio stampa