Pediatri a confronto nella città scaligera per una tre giorni di riflessioni, incontri e dibattiti
Roma, 26 novembre 2014 – Si apre domani a Verona il XXVI Congresso nazionale della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS). Fino a sabato 29 novembre, nella splendida cornice del Roseo Hotel Leon D’Oro, si confronteranno oltre 100 relatori, tra pediatri ed esperti nel campo della diagnosi e terapia delle malattie infantili e dello sviluppo psicofisico dei bambini. Più di 500 i medici che giungeranno da tutta Italia nella città scaligera. “Lo slogan del Congresso – spiega il Presidente della SIPPS, Dott. Giuseppe Di Mauro – è “Seminare Salute” perché sappiamo bene che “Chi semina bene raccoglie buoni frutti”. Ed i semi, in questo caso, sono i nostri piccoli che, se adeguatamente accuditi, seguiti e osservati, diventeranno piante rigogliose e fruttifere, garantendoci un futuro migliore”.
Ad aprire i lavori della tre giorni saranno i “Per…corsi”, proposte di approfondimento su specifiche tematiche: dalla dermatite atopica alle infezioni cutanee, dai nevi ed angiomi ai segni cutanei di malattie sistemiche. Spazio anche alla fibroendoscopia del cavo orale fino ai problemi oculari e al mal di testa. L’inaugurazione vera e propria si terrà alle ore 17.00, con i saluti delle autorità, in particolare del Ministro della Salute, On. Beatrice Lorenzin, presente con un video messaggio, e di Giampietro Chiamenti, Presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP). “Colgo l’occasione per ringraziarvi tutti per l’impegno che dimostrate ogni giorno nello svolgimento del vostro lavoro – aggiunge il vice Presidente della SIPPS, Professor Gianni Bona – e vorrei “premiarvi” anticipandovi una bella notizia: l’anno prossimo il nostro Congresso si terra a Stresa, dal 15 al 18 ottobre, e avrà come tema dominante “L’aquilone, il vento e il suo filo”. Abbiamo deciso di adottare questa suggestiva metafora per descrivere i bambini, bellissimi aquiloni che devono e vogliono spiccare il volo, ma hanno bisogno di essere trattenuti e guidati per non perdersi: noi pediatri, insieme alle famiglie, vogliamo essere il filo che li tiene ancorati alla terra, permettendo loro, nel contempo, di librarsi e conquistare il cielo”.
TRA I GRANDI TEMI CHE SARANNO TRATTATI DOMANI GIOVEDI’ 27 NOVEMBRE
L’IPOTESI DI BARKER
Il medico ed epidemiologo inglese David Barker parti da una semplice osservazione: nelle regioni più povere di Inghilterra e Galles si registrava il tasso di mortalità più elevato per malattie cardiovascolari. Tale relazione era alquanto strana, perché era già noto che le malattie cardiovascolari fossero condizioni associate ad uno stile di vita sedentario con un’alimentazione abbondante e ricca di cibi molto calorici, esattamente il contrario di quanto si riscontra abitualmente in un ambiente povero. Barker notò poi una forte correlazione geografica tra il tasso di mortalità per infarto del miocardio tra il 1968 ed il 1978 e la mortalità infantile tra il 1921 ed il 1925, sostenendo quindi che ciò che influenzava lo sviluppo di tali malattie in età adulta era legato al tipo di alimentazione durante il periodo prenatale, nelle prime epoche di vita e nell’infanzia. Secondo Barker, in caso di scarsa alimentazione, il feto tende a deviare i nutrienti privilegiando il cervello e risparmiando su altri organi come il cuore. In questo modo ha inizio un “debito” che permane nel tempo e si manifesterà durante l’età adulta con un cuore indebolito, predisponendo il soggetto allo sviluppo di malattie cardiovascolari. In studi successivi, Barker confermò che il tasso di mortalità per patologia cardiovascolare in età adulta era tanto maggiore quanto più basso era il peso alla nascita. Viceversa, il tasso di mortalità scendeva progressivamente con l’aumentare del peso corporeo, della circonferenza cranica e dell’indice ponderale (peso/altezza). Questa relazione fu confermata anche per il diabete tipo 2 e l’insulino resistenza. In ogni caso, adulti non obesi ma con un elevato rischio di sviluppare malattie cardiovascolari erano nati con un basso peso alla nascita.
ALTERAZIONI DEI PROCESSI METABOLICI
- Ipertensione arteriosa: è uno dei principali fattori in grado di influenzare la programmazione nelle prime epoche della vita e durante la gravidanza è una delle cause principali di mortalità materna e perinatale.
- Arteriosclerosi e ipercolesterolemia
- Obesità: nei Paesi Occidentali la prevalenza dell’obesità è del 16%30 ma tale condizione viene spesso diagnosticata in maniera incorretta o tardivamente: a 6 mesi di vita solo 1/6 dei casi è diagnosticato ed entro i 24 mesi di vita la diagnosi sale a ¼ dei casi.
- Diabete
- Asma e patologie respiratorie: anche lo scarso accrescimento durante le fasi precoci della gravidanza aumenta del 10% le probabilità di sviluppare respiro sibilante non atopico, per la presenza di vie aeree che non hanno raggiunto le normali dimensioni. Il basso peso alla nascita aumenta anche il rischio d’asma e di riduzione della funzionalità polmonare durante l’età adulta.
- Immunodeficit: la malnutrizione prenatale e delle fasi precoci della vita hanno conseguenze anche a lungo termine con l’aumento del rischio di infezioni e di altre patologie che coinvolgono il sistema immunitario come asma, allergie, malattie autoimmuni e neoplasie. Inoltre, potrebbero risultare meno efficaci programmi vaccinali per adolescenti e adulti (vaccinazione antitetaniche e contro l’epatite B).
- Malattie mentali: bambini nati di basso peso o che crescono poco durante l’infanzia, hanno un rischio maggiore di avere funzioni cognitive alterate anche in età giovane- adulta. La scarsa nutrizione del feto predispone i feti maschi allo sviluppo di depressione in età adulta. Il basso peso alla nascita è stato associato anche con lo sviluppo di schizofrenia. Inoltre lo scarso accrescimento del feto e il basso peso alla nascita espongono il feto ad un rischio quasi triplicato per lo sviluppo di convulsioni febbrili e l’l’ittero neonatale espone il bambino ad oltre il 50% delle probabilità di alterazioni dello sviluppo psicologico e all’autismo infantile.
L’ipotesi di Barker ha dunque contribuito significativamente agli studi sullo sviluppo delle malattie croniche dell’adulto ed ha posto le basi per lo sviluppo di teorie che hanno dimostrato un legame tra il peso alla nascita e il rischio di sviluppare, durante l’età adulta, ipertensione, malattie renali, diabete e obesità. Successivamente sono stati dimostrati legami anche con lo sviluppo di patologie polmonari, scarse difese immunitarie e malattie mentali. Pertanto, l’alimentazione e lo stile di vita della madre durante la gravidanza assumono un ruolo centrale in quanto in grado di alterare lo sviluppo del feto sia da un punto di vista metabolico che non, determinando conseguenze in grado di manifestarsi anche nel lungo termine, quando il bambino sarà ormai adulto. E’ però importante sottolineare che esiste un periodo critico in cui il feto mostra una grande plasticità e rende possibili interventi dietetici e farmacologici che possono convertire funzioni metaboliche anomale e ridurre il rischio di malattia in età adulta.
CRESCERE DRITTI!
La scoliosi è una deviazione laterale permanente del rachide. E’ una deformità che si sviluppa nei tre piani dello spazio, con una torsione dei singoli metameri vertebrali e una rotazione nei loro rapporti reciproci. La qualifica di “permanente” permette di distinguere la vera malattia scoliosi dagli atteggiamenti, o posture, nei quali non è presente una deformità strutturata osteoarticolare del rachide, e che possono essere completamente corretti volontariamente dal paziente. A seconda dell’eziologia, si riconoscono diverse forme di scoliosi:
- Idiopatica, distinta a seconda dell’età di insorgenza in infantile (da 0 a 3 anni), giovanile (da 4 a 9 anni) e dell’adolescente (10 anni e oltre).
- Congenita: da difetto di formazione, da difetto di segmentazione (vertebrale) e forme miste. In questi casi sono sempre apprezzabili radiograficamente malformazioni che interessano una o più vertebre o coste.
- Neuromuscolare: da patologia neurologica del motoneurone superiore (paralisi cerebrale infantile), del motoneurone inferiore (poliomielite, SMA, spina bifida), da miopatia (distrofia muscolare, artrogriposi, etc).
- Neurofibromatosi.
- Scoliosi nell’ambito di displasie ossee, sindromi dismorfiche complesse o cromosomopatie.
Grazie all’esame clinico è possibile distinguere diversi tipi di curve, classificandole a seconda della sede:
- Cervicotoraciche
- Toraciche
- Toracolombari
- Lombari
- Doppia curva primaria (doppia toracica o toracica e lombare)
Il gibbo è l’elemento caratteristico che consente, durante la visita ortopedica, di distinguere la vera scoliosi dal frequente atteggiamento scoliotico. L’esame radiologico valuta la gravità e come evolvono le forme.
I cardini del trattamento della scoliosi, in particolare della forma idiopatica, sono:
- La semplice osservazione nelle forme lievi e non evolutive.
- Gli apparecchi gessati e i corsetti ortopedici nelle forme moderate.
- Gli interventi chirurgici di correzione e stabilizzazione (artrodesi o fusione vertebrale) in quelle più gravi.
Per forme lievi si intendono curve con entità angolare inferiore ai 15°; la frequenza di scoliosi cosiddette minori (angolo di Cobb di 5°-15°) è alta, poiché interessa circa l’1% degli adolescenti. Solo il 10% di questi svilupperà una reale scoliosi, caratterizzata dal peggioramento della curva associata a una torsione e quindi alla comparsa graduale di uno o più gibbi. Le forme moderate mostrano radiograficamente curve dai 20°ai 40°. Nelle forme di 15°-20° è indicato iniziare la terapia ortopedica (cioè non chirurgica) solo quando venga confermata la progressione della curva in due esami radiografici successivi, eseguiti di solito a distanza di 6 mesi. Nelle curve gravi, oltre i 40°-45°, può essere posta l’indicazione alla correzione chirurgica, dopo una valutazione accurata, clinica e radiografica, del paziente.
E’ importante sottolineare che, attualmente, non esistono evidenze scientifiche che la ginnastica medica svolga un’azione correttiva nei confronti delle curve scoliotiche. Nonostante gli interessi anche economici che spingono per modificare la percezione del medico di questa realtà, non bisogna creare false attese nei confronti di una terapia non adatta al trattamento della scoliosi e per non ritardare l’inizio di una terapia vera, con busti o corsetti, con maggiore validazione scientifica. La terapia riabilitativa può in realtà essere utile nella correzione degli atteggiamenti (o posture) e aiuta a mantenere un buon tono e trofismo muscolare nei pazienti in trattamento con corsetti. Esistono molti modelli di corsetti ortopedici, che vengono prescritti dal medico specialista ortopedico (o dallo specialista fisiatra) a seconda dell’eziologia e della sede della curva a seconda dell’età e della costituzione fisica del paziente. Il corsetto ortopedico viene fabbricato dal Tecnico Ortopedico secondo le regole e applicato al paziente sotto la diretta supervisione del Medico specialista.
Il trattamento chirurgico della scoliosi prevede l’artrodesi o fusione vertebrale: la curva viene corretta il più possibile, e quindi il tratto di rachide operato viene bloccato definitivamente. L’applicazione di strumentari metallici vertebrali (uncini, viti, barre) migliora la correzione e rende superflua l’applicazione di gessi o corsetti post-operatori. L’utilizzo di innesti ossei di banca o di altri materiali osteoconduttivi accelera e rende più certa la completa fusione delle vertebre operate.
Nel postoperatorio è possibile riprendere gradualmente la stazione eretta senza particolari precauzioni. Le scoliosi congenite hanno la caratteristica di non rispondere al trattamento con corsetti ortopedici. Le forme evolutive (emivertebra o emispondilo) possono richiedere un intervento chirurgico precoce (già ai 2 anni di età): l’asportazione della vertebra malformata garantisce in questi casi la guarigione dalla malattia.
La scoliosi infantile (Early Onset Scoliosis) è caratterizzata dall’insorgenza prima dei 5 anni e riconosce diverse eziologie: idiopatica, neuromuscolare, congenita, neurofibromatosica, sindromi complesse. Per il trattamento si può fare ricorso a busti gessati o corsetti ortopedici, ma spesso si tratta di una terapia problematica, per l’impossibile collaborazione del paziente, per la frequente ostilità dei genitori, per l’intolleranza cutanea in bambini piccoli e spesso distrofici e per l’insorgenza di malattie intercorrenti. Il trattamento incruento delle scoliosi infantili consente di rallentare la progressione e di stabilizzare alcune curve nelle forme a moderata evolutività, e consente di arrivare alla chirurgia con deformità meno gravi. Ma a causa della scarsa sensibilità delle curve a questo trattamento, nelle forme gravi i risultati sono spesso deludenti. In questi casi bisogna avviare il paziente alla terapia chirurgica precoce per evitare l’instaurarsi di deformità gravissime.
Nei prossimi giorni si affronteranno numerosi argomenti. Tra questi, le allergie, l’alimentazione, il fumo di sigaretta, la salute andrologica dal bambino all’adulto, i disturbi-gastrointestinali e le vaccinazioni; spazio anche a rinite allergica, infezioni respiratorie ricorrenti, dolore nel bambino, fluoroprofilassi, pediatria preventiva e sociale ed origini precoci delle malattie respiratorie croniche pediatriche.
Si allega di seguito il programma:
fonte: ufficio stampa