Roma, 17 dicembre 2024 – Antichi minerali, formatisi sei milioni di anni fa durante il prosciugamento del Mar Mediterraneo e conosciuti come “evaporiti”, potrebbero custodire preziose tracce dell’interazione con i raggi cosmici e rivelarci importanti informazioni sulla storia del nostro universo. È quanto emerge da uno studio pubblicato oggi, 17 dicembre, sulla rivista scientifica Physical Review D, da un gruppo di ricercatori dell’INFN, dell’Università degli Studi di Milano Statale, del consiglio nazionale delle ricerche francese CNRS e della Sapienza Università di Roma.
Secondo lo studio, dall’analisi degli evaporiti si potrebbe risalire a una stima del flusso di raggi cosmici che ha colpito la Terra tra 5,5 e 6 milioni di anni fa. In particolare, analizzando le lesioni causate dai raggi cosmici in questi minerali, si potrebbero trovare evidenze di un evento cataclismico, come un’esplosione di supernova, verificatosi in quel periodo, a una distanza relativamente vicina alla Terra, entro un centinaio di anni luce.
Infatti, secondo i modelli geologici più accreditati, circa sei milioni di anni fa, a causa di movimenti tettonici, lo Stretto di Gibilterra si chiuse, causando un’evaporazione parziale del Mar Mediterraneo e la formazione di rocce (evaporiti), principalmente gesso e Halite, ossia cristalli del comune sale che si utilizza in cucina. Questi minerali furono esposti all’aria o sotto un sottile strato di acqua fino a che lo stretto non si riaprì, dopo circa mezzo milione di anni, inondando velocemente il bacino. Durante questo periodo di siccità, i cristalli furono costantemente bombardati dai raggi cosmici, che potrebbero aver causato dei danni nei cristalli.
“Il nostro è il primo lavoro che propone di utilizzare minerali naturali per osservare le tracce di raggi cosmici ed è in controtendenza con quanto proposto finora da ricercatrici e ricercatori in fisica – racconta Lorenzo Caccianiga, ricercatore INFN e primo autore di questa ricerca – Negli ultimi anni, infatti, si è proposto di usare minerali naturali per cercare eventi rari, come quelli che potrebbero essere prodotti da materia oscura o neutrini, impiegando minerali estratti dal profondo della Terra proprio per evitare le esposizioni ai raggi cosmici, ma non era ancora stato ipotizzato di impiegare minerali esposti ai raggi cosmici per cercare di comprendere come il flusso di queste particelle sia cambiato nel corso del tempo”.
Questo studio apre, così, una nuova strada per indagare grandi eventi astrofisici che possono essere avvenuti nel passato e ha un forte interesse anche per la biologia e la paleontologia.
“Ora sarebbe interessante effettuare queste misure prelevando campioni di questi minerali nelle profondità del Mediterraneo. Ma non solo, analizzare nello stesso modo minerali esposti ai raggi cosmici durante le estinzioni di massa potrebbe aiutarci a testare alcune teorie che ne individuano la causa in eventi cataclismici come le esplosioni di supernova nelle vicinanze del nostro pianeta – conclude Caccianiga – Potrebbe emergere perfino che un elevato flusso di raggi cosmici abbia avuto un ruolo cruciale nelle estinzioni”.