Roma, 19 febbraio 2024 – ENEA e l’azienda italiana SEKO hanno sviluppato un innovativo sistema di pompaggio ad alta pressione per impianti di dissalazione dell’acqua a osmosi inversa con recupero energetico integrato.
Il prototipo, realizzato grazie a un finanziamento POC, ha costi contenuti, è di facile sviluppo industriale ed è pensato per piccole comunità, isole e PMI. La tecnologia fin qui realizzata sarà ulteriormente messa a punto e testata presso lo stabilimento di Rieti dell’azienda partner e, grazie alla sua facile scalabilità, potrà essere offerta nelle diverse dimensioni richieste dal mercato.
“Attualmente il nostro sistema è allineato a quelli che sono gli standard di mercato con un consumo energetico per metro cubo di acqua depurata che varia da 2,5 a 4,5 kWh/mc. Siamo convinti che in una futura implementazione potremmo ottimizzarlo per abbassare ulteriormente il consumo energetico. Ma il grande vantaggio che offre la nostra tecnologia consiste nell’utilizzare componentistica di ampia diffusione, a basso costo e integrabile anche in impianti di piccola e media taglia (50-600 litri/ora) a differenza degli impianti disponibili sul mercato che sono solo con dimensioni medio-grandi (superiori a 2.000 litri/h) e soprattutto molto costosi”, spiega il team di ricerca composto da Daniele Pizzichini, Claudio Russo e Gian Paolo Leone del Laboratorio ENEA di Bioprodotti e bioprocessi, Divisione Biotecnologie e agroindustria, in collaborazione con Giuseppe Corallo e Aldo Franchi che sono gli inventori del brevetto su cui si basa l’innovativo sistema.
Il processo di osmosi inversa rappresenta attualmente l’approccio più diffuso a livello globale per la potabilizzazione dell’acqua di mare e consente di rimuovere le principali componenti ioniche presenti, applicando una pressione sulla soluzione da trattare e spingendola su un filtro semipermeabile costituito dalla membrana. In questo modo, tali elementi vengono trattenuti sul lato pressurizzato della membrana e si concentrano in una frazione liquida (chiamata retentato), mentre l’acqua privata di sali e impurezze può passare all’altro lato della membrana.
Questo processo richiede molta energia e viene realizzato tramite pompe che forzano la soluzione attraverso una membrana. “Il 90% del dispendio energetico totale di tali processi è imputabile proprio ai sistemi di pompaggio e la maggior parte dell’energia fornita al fluido (in termini di pressione e portata) rimane proprio nel retentato, ossia nello scarto del processo. Da qui la necessità di integrare gli impianti di dissalazione a osmosi inversa con dispositivi come quello di ENEA-SEKO, in grado di recuperare l’energia dal retentato, per riutilizzarla nello stesso processo con conseguenti risparmi sui costi energetici”, sottolineano i ricercatori del team di progetto.
“L’insieme di costi contenuti, efficienza, facile scalabilità e durata in esercizio permetterà di soddisfare la domanda di nuovi utenti, in un’ottica di sostenibilità ambientale e di uso efficiente delle risorse energetiche e idriche”, concludono.
L’acqua dolce rappresenta circa il 2,5% del totale, la maggior parte inglobata in ghiacciai, calotte polari e acque sotterranee, di cui solo lo 0,008% è accessibile. La crescita della popolazione, l’agricoltura e l’industrializzazione hanno aggravato il problema della penuria d’acqua: un terzo della popolazione mondiale è attualmente sottoposto a uno stress idrico grave, con previsioni di percentuale in aumento.
Una delle soluzioni più promettenti per superare la carenza idrica è rappresentata proprio dagli impianti di dissalazione: sono quasi 16 mila nel mondo – per lo più in Medio Oriente e nel Nord Africa – e producono circa 95 milioni di metri cubi di acqua desalinizzata al giorno per uso umano. Tra le tecnologie più diffuse c’è proprio l’osmosi inversa con cui si producono oltre 65 milioni di metri cubi di acqua potabile al giorno, pari a circa il 70% del volume di acqua desalinizzata complessiva.