Roma, 8 ottobre 2021 – ‘In principio era la psoriasi’… potrebbe iniziare così la storia che lega cute e articolazioni. Succede infatti che le malattie autoimmuni e infiammatorie spesso non vengono da sole, ma, accomunate da pattern genetici e meccanismi patogenetici analoghi possono manifestarsi insieme, come una vera e propria sindrome.
La scoperta di sindromi che associano alle artriti manifestazioni cutanee è attribuita al prof. Vincenzo Bruzzese che al Congresso Nazionale della SIGR al via oggi, giunto alla sua ottava edizione, ne presenta le peculiarità.
Si chiamano PAPA (la forma infantile su base genetica che associa all’artrite il pioderma gangrenoso e l’acne), PASS syndrome dell’adulto, descritta per la prima volta nel 2012, PAPASH a cui alle manifestazioni cutanee (pioderma gangrenoso, idradenite suppurativa e acne) si associa l’artrite periferica e la PASH in cui sono presenti le manifestazioni cutanee ma non l’artrite.
“Ciò che le accomuna è una verosimile predisposizione genetica determinata da mutazioni specifiche. Su questa base, uno stimolo ambientale infettivo proveniente da lesioni cutanee, determina l’attivazione di quello che viene chiamato ‘inflammosoma’ ossia il complesso proteico che regola l’immunità innata. Questo scatena il rilascio di citochine infiammatorie come interleuchina-1 e TNF-alfa che a loro volta innescano l’artrite” spiega il prof. Bruzzese che all’argomento ha dedicato una relazione.
La psoriasi quindi può essere l’innesco (trigger) per l’insorgenza di una spondiloartrite. Ed è verosimile che la contemporanea presenza di queste patologie sia espressione di una stessa, estremamente complessa, patologia infiammatoria. Inoltre il 60-70% dei pazienti affetti da spondiloartrite mostra segni subclinici di infiammazione intestinale rilevata dalla biopsia, ma solo il 7% di questi pazienti alla fine svilupperà una malattia intestinale clinicamente conclamata nel tempo.
In disturbi di questa complessità anche l’approccio terapeutico non è semplice: “nei casi di spondiloartriti e artrite periferica, l’associazione di corticosteroidi, metotressato e anti TFN (come infliximab e adalimumab) è la terapia di prima linea ma stiamo anche studiando come colpire l’interleuchina-23 (con anti IL-17 o anti IL-23 o inibitori delle Jak-chinasi come seconda linea). IL-23 è infatti il direttore d’orchestra nella patogenesi dei disordini autoimmuni” spiega il prof. Bruzzese “e abbiamo ormai chiaro che l’infiammazione ‘viaggia’ su un asse preciso che lega in maniera indissolubile pelle e articolazioni. Più di recente si guarda però anche al ruolo del microbiota e al suo ruolo di moderatore dell’infiammazione sistemica. Speriamo che possa essere un target indiretto per ‘spegnere’ l’incendio dell’organismo”.